“E ti meravigli di queste realtà?”, potrebbe dirmi qualcuno. Sì, lo so, tutto questo ha un nome: ingiustizia. E le ingiustizie sono sempre esistite e, forse, sempre esisteranno. Alcune le ignoriamo perché non ci coinvolgono in prima persona, ma altre agghiaccianti, crude e terribili, si presentano davanti ai nostri occhi e allora non possiamo fare a meno di inorridire.
A me è successo di inorridire poco tempo fa (e tuttora, mentre scrivo) quando ho ricevuto un video via email che ha avviato una raccolta di firme per denunciare i maltrattamenti diretti agli animali che hanno la sfortuna di nascere in Cina.
Immagini orrifiche di animali picchiati, bastonati e poi scuoiati. La cosa più agghiacciante? Queste belve dalle sembianze umane non aspettano neanche la morte dell’animale prima di effettuare lo scuoiamento: a volpi, conigli, cani e gatti la pelliccia viene strappata quando sono ancora vivi, lì agonizzanti ad esalare gli ultimi respiri della loro vita. Una vita di prigionia, trascorsa in gabbie anguste in cui ogni movimento è reso impossibile dalle ristrettissime dimensioni delle loro celle. Celle spoglie, senza tetto, senza nulla da rosicchiare in cui i piccoli prigionieri non possono far altro se non morire o impazzire.
Perché avviene tutto questo? Dove? Dopo aver visto il video (non integralmente perché non sono stata in grado di sopportare tanto orrore) mi sono posta molte domande e ho cercato, tramite Internet, di ottenere le risposte. Giustificazioni no: per simili barbarie non sono ammesse scuse.
La prassi di scuoiare gli animali da vivi è molto diffusa in Cina e poco nota in Occidente. Noi occidentali non conoscevamo queste spaventose pratiche, ma le pellicce sì, considerato che l’abbigliamento prodotto in Cina è venduto ad Europa, Usa, Giappone, Corea e Russia.
La LAV, Lega Anti Vivisezione, chiede ora al governo italiano di non essere complice di queste torture bloccando l’importazione del made in China e imponendo l’obbligo di etichettatura di tutti i capi (inclusi peluche e gadget) contenenti spoglie di animali sottoposte a concia o altri trattamenti che mantengano inalterata la struttura delle fibre, con l’indicazione della specie utilizzata, dei metodi di allevamento e di uccisione, l’azienda di confezionamento e il Paese di provenienza.
In realtà nel nostro paese ed in altri sono già stati raggiunti importanti risultati. Innanzitutto, negli ultimi anni, il gradimento del pubblico verso le pellicce è notevolmente diminuito, grazie anche alle molteplici campagne di sensibilizzazione. Inoltre diversi Stati dell’Unione Europea hanno emanato normative che vietano l’allevamento degli animali da pelliccia e in Italia è già stata bandita l’importazione e la vendita di pelli derivanti da animali domestici e, in virtù del Decreto Legislativo n.146 del 2001, questo allevamento non è più praticabile.
Tuttavia, nonostante queste leggi e malgrado se ne registri una riduzione nelle vendite, accessori provenienti dalla Cina e inserti di visoni, volpi e procioni adornano lussuosi abiti alla moda che non sono chiaramente etichettati e quindi ingannano il consumatore.
In Cina non esistono leggi a tutela del benessere dell’animale. Ci si chiede se queste siano davvero necessarie per impedire ad un “uomo” di bastonare e scuoiare un cane: non bastono gli occhi, il cuore, la coscienza a fermarlo?
Un'investigazione, condotta da Swiss Animal Protection e EAST International, ha reso note le terrificanti condizioni di “vita” a cui sono costretti i poveri animali che, rinchiusi in misere e piccolissime gabbie, presentano gravi patologie comportamentali quali azioni ripetute ossessivamente (ad esempio andare avanti e indietro o muovere la testa di continuo), mancanza di sensibilità, passività, automutilazioni e problemi di riproduzione.
E queste torture sono solo il preludio del momento più atroce: l’uccisione dell’animale. In condizioni terribili le povere vittime vengono condotte sul luogo dell’esecuzione e qui vengono prima stordite con colpi di bastoni e di aste metalliche, poi, immobili ma con il cuore che ancora batte, vengono scuoiati. Vivi.
Un gatto ucciso per abbellire un cappotto: ma non se ne può fare a meno?
Volpi, procioni, cani e gatti non sono le uniche vittime di queste indicibili violenze e la Cina non è l’unico scenario di morte. In Canada e Norvegia a “morire per la pelle”, sono i cuccioli di foca, che lì, indifesi aspettano le bastonate…
7 Febbraio 2008 - Scrivi un commento