Le regioni, inizialmente, erano 11: Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise e Piemonte. Quest'ultima però, si era ritirata dopo l'elezione della giunta di centrodestra guidata dal leghista Roberto Cota.
Il ricorso contestava al governo di non aver stabilito nessun tipo di intesa con le regioni il cui suolo è interessato dalla scelta dei siti per le centrali; si ritenevano costituzionalmente illegittime alcune disposizioni contenute nella legge delega del 2009.
I giudici della Consulta però, dopo aver ascoltato in udienza gli avvocati delle Regioni e l'avvocato generale dello Stato per conto del governo, hanno rigettato i ricorsi delle regioni dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili.
Legambiente, tramite il suo responsabile scientifico, Stefano Ciafani, commenta che “questa sentenza non cambia la sostanza: la quasi totalità delle Regioni italiane, governate dal centro destra e dal centro sinistra, e la maggior parte dei cittadini non vogliono sentir parlare di ritorno al nucleare”.
In rivolta anche parte del mondo politico. “Come volevasi dimostrare – ha commentato Antonio Di Pietro, leader dell'Idv – il referendum è l'unica arma per bloccare la costruzione delle centrali nucleari. Al di là della sentenza della Consulta, questo progetto del governo rimane un obbrobrio. Il nucleare di terza generazione, ossia quello proposto dal governo, danneggia irreversibilmente la salute dei cittadini e il territorio. L'Italia ha ancora il problema di come smaltire le scorie radioattive e non può continuare su una strada che si è già rivelata pericolosa e che arricchisce solo le lobby del settore.”
Il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli ha attaccato il governo, che “non ha ancora avuto il coraggio di dire agli italiani i siti dove intende costruire le centrali atomiche, centrali che non riuscirà a fare perché sarà travolto dalla mobilitazione popolare, il vero piano su cui sarà vinta la battaglia sull'atomo.”In ogni caso, adesso la palla è in mano al Governo. E il primo passo sarà proprio quello di scegliere i siti adatti alla costruzione delle centrali, che secondo i criteri di scelta già evidenziati saranno zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d'acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, in lontananza da zone densamente popolate.
Si fanno i nomi di Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi nella Pianura Padana, con basso rischio sismico ed alta disponibilità di acqua di fiume. Il terzo impianto potrebbe sorgere a Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell'acqua di mare, ed il quarto a Termoli, in provincia di Campobasso. Altri nomi fatti con frequenza sono Monfalcone (in provincia di Gorizia) Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia), Porto Tolle (Rovigo).
E se anche quel ricorso dovesse essere respinto, chissà, magari saranno proprio i cittadini a decidere di mobilitarsi e di impedire la costruzione delle centrali. A quel punto nessun governo potrà imporla.
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