Alcuni dati lo dimostrano:
L’Italia ha una potenza elettrica installata di ormai quasi 100.000 megawatt, mentre il picco di consumi oggi non supera i 55.000 megawatt. Le recenti dichiarazioni di autosufficienza energetica dei Presidenti di alcune regioni italiane valgono anche per il resto del Paese. Non abbiamo dunque bisogno di nuova energia ma di energia rinnovabile in sostituzione di quella fossile.
Il nucleare costa troppo, in nessun paese al mondo si costruiscono centrali senza finanziamenti pubblici e garanzie statali, che ricadono poi sulle tasse e le bollette pagate dai cittadini. In Italia si distoglierebbero risorse importanti dalla ricerca per l’innovazione tecnologica e dalla diffusione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.
A fronte però dell’impiego di così ingenti risorse pubbliche, la risposta alla crisi economica e occupazionale non è significativa, soprattutto se equiparata al rapporto tra occupazione e investimento nei settori dell’efficienza energetica e delle rinnovabili. Secondo uno studio dell’Unione Europea del 2009 investire oggi per raggiungere nel 2020 il 20% di rinnovabili creerà 2,8 milioni di posti di lavoro con oltre 2000 imprese coinvolte.
Il nucleare continua a essere rischioso: anche per i reattori di terza generazione EPR in costruzione sono emersi gravi problemi di sicurezza, come hanno denunciato a novembre 2009, con una nota congiunta, le Agenzie di Sicurezza di Francia, Regno Unito e Finlandia. Inoltre, è utile ricordare che nel mondo non è stato ancora risolto il problema di dove depositare in modo sicuro e definitivo le scorie.
Il nucleare non ridurrebbe la dipendenza energetica dall’estero perché importeremmo l’uranio e, secondo il recente accordo sottoscritto con la Francia, importeremmo tecnologia e brevetti esteri per tutto il ciclo di vita fino alla messa in sicurezza delle scorie.
Quanto al presunto “rinascimento” del nucleare nel mondo, i Paesi che lo hanno scelto negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, sono costretti a prolungare l’attività delle loro centrali per evitare gli ingenti costi di smantellamento degli impianti a fine vita, come in Germania, o a progettarne di nuove, per evitare la crisi di un costosissimo comparto industriale, come in Francia.
Infine il nucleare non darà nessun contributo a rispettare i vincoli posti dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020, perché le prime centrali non saranno operative prima del 2026-2030, e perché il complesso ciclo di approvvigionamento della materia prima, di costruzione e smantellamento produce non poca CO2.
Per tutte queste ragioni, s’invitano tutti a superare dispute ideologiche di parte e compiere scelte razionali e convenienti per il Paese, per contrastare i cambiamenti climatici e rispettare gli obiettivi posti dall’Unione Europea del 20-20-20. L’auspicio e l’impegno delle associazioni promotrici e di tutti gli aderenti è che si crei un grande schieramento unitario e trasversale, al di là delle diverse appartenenze e collocazioni politiche.
Vogliamo costruire insieme al mondo della cultura e della politica, della scienza e del lavoro, della società civile e delle imprese, strategie unitarie e comuni che possano ridare al Paese la prospettiva di un modello energetico sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale.
A firmare l'appello sono state le associazioni: Accademia Kronos, Associazione Ambiente e Lavoro, Associazione Mediterranea per la Natura, Fare Verde, Forum Ambientalista, Greenpeace, Italia Nostra, Jane Goodal Italia, Lav, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness, Pro Natura, Vas, Wwf.
"Il ritorno del nucleare in Italia è un impegno estremamente importante in termini economici e ambientali - afferma Massimo De Maio, presidente di Fare Verde - e non si può affrontare per slogan, con toni da campagna elettorale, come è stato fatto finora o, peggio, in un clima di contrapposizione tra destra e sinistra. Sappiamo che ci sono anche esponenti del centrodestra che sono critici rispetto al programma nucleare del Governo. Li invitiamo a partecipare ad un confronto serio e non ideologico. L'accelerazione del Governo italiano su questo tema, in assenza di un approfondito dibattito nel Paese, è estremamente preoccupante".
"Tornare fuori tempo massimo al nucleare - continua De Maio - significa fare scelte che coinvolgeranno molte generazioni di Italiani. Per questo, insieme alle altre associazioni che hanno firmato l'appello "Fermiamo il nucleare, non serve all'Italia", ci appelliamo alla coscienza dei Parlamentari italiani e chiediamo loro di impegnarsi, a prescindere dalla propria collocazione politica, per fare in modo che il Governo riveda la politica energetica dell'Italia. Se la battaglia antinucleare diventa la battaglia di una sola parte politica, abbiamo perso tutti".
"Quella antinucleare - afferma De Maio - non può essere neanche solo la battaglia dei cittadini che vivono nei territori interessati dalla realizzazione di nuove centrali atomiche. Auspichiamo che tutti gli Italiani siano coinvolti in una scelta così importante per il futuro energetico del nostro Paese".
"In una fase di profonda crisi economica - conclude De Maio - non possiamo sprecare tempo e risorse in tecnologie obsolete come il nucleare francese. Occorre concentrarsi sulla razionalizzazione dei consumi energetici e sulla diffusione delle energie rinnovabili, anche per gli effetti immediati che queste politiche hanno sia nella lotta al riscaldamento del pianeta che nella creazione di nuovi posti di lavoro".
Greenpeace ricorda poi oggi il ventiquattresimo anniversario del disastro di Chernobyl. Questa mattina dieci attivisti di Greenpeace, di cui alcuni con tute bianche e maschere antigas, portano una mostra fotografica davanti alla Camera dei Deputati a Montecitorio, per sottolineare le conseguenze dell'incidente di Chernobyl, esponendo uno striscione con la scritta “Stop follia nucleare”.
Il 26 aprile 1986 a Chernobyl si verificò il più grave incidente nucleare della storia, con una violenta esplosione che rilasciò in atmosfera cento volte la radioattività sprigionata dalle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. La nube radioattiva arrivò fino in Europa Centrale e in Italia.
"A ventiquattro anni da Chernobyl, la propaganda filo-nucleare continua a sottostimare gli effetti della tragedia di Chernobyl e il numero dei morti causati dall’incidente - spiega Andrea Lepore, responsabile campagna nucleare di Greenpeace - Purtroppo la stima dei morti causati dall’incidente è di oltre duecentomila e nessuno di loro deve essere dimenticato".
La propaganda filo-nucleare parla infatti di soli 65 morti, riferendosi a malapena al numero dei lavoratori e soccorritori morti in seguito all’esplosione. Ma l’Accademia Russa delle Scienze dimostra che anche le stime del Chernobyl Forum, che indicavano novemila morti, erano state troppo caute e che i morti dovuti all’incidente di Chernobyl sono oltre duecentomila.
Nel 1987, l’anno dopo Chernobyl, oltrel’80% dei cittadini italiani ha votato contro il nucleare. In seguito all’esito dei tre referendum proposti, tutte le centrali nucleari in Italia furono chiuse.
"Il governo intende imporre all’Italia il nucleare e si prepara a una campagna di disinformazione sui rischi e i costi di questa pericolosa tecnologia. Così, non solo dimostra di non curarsi della volontà espressa dai cittadini, ma anche di non avere imparato nulla dagli errori passati" conclude Lepore.
Le centrali francesi EPR che il governo vorrebbe far costruire in Italia sono state dichiarate carenti nel sistema di controllo dalle autorità di sicurezza francese, britannica e finlandese. Inoltre, secondo i documenti resi noti dall’associazione francese “Sortir du nucleaire”, potrebbero essere pericolose quanto quella di Cernobyl, perché sottoposte al rischio di analoghi incidenti.
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Qual è il timore?
Che con una tecnologia meno dispendiosa e semplice da realizzare sfumino per sempre le ricche tangenti appaltatrici che ruotano intorno ai mastodontici reattori e ai loro esosi procedimenti di fusione nucleare. I metodi standard, in realtà, necessitano di temperature elevatissime e pressioni inimmaginabili per metterla in pratica. 4 miliardi di dollari spesi sia in Europa sia negli U. S. A. nel 2006 ed ancora nessun risultato.
Con la tecnologia ultrasonica a risonanza covibratoria, invece, potremo produrre energia pulita per tutti, in ogni parte più sperduta del mondo, a prezzi irrisori.
Ce lo lasceranno fare?
Dipenderà soltanto da noi. Non ci sono alibi!
Siamo 6 miliardi di persone contro poche migliaia, bene armate sì, ma che hanno comunque bisogno della nostra partecipazione per realizzare i loro crimini.
Quale sarà l’evoluzione degli eventi? Quale il futuro che ci attende?
Essi saranno determinati dall’immane paura ancestrale che ci domina e ci irretisce, rendendoci schiavi dei Nuovi Dittatori del Mondo. Ma se non saremo in grado di superarla, dovremo essere d’accordo con il teorico delle supercorde Edward Witten, ovvero che due cose sono infinite nel nostro spazio-tempo: l’Universo e la stupidità umana!