Ciononostante sono in pochi a parlarne, almeno in Italia, forse per un eccesso di zelo dei giornalisti nei confronti di quei pochi ambientalisti che ancora si illudono che i summit internazionali possano cambiare qualcosa.
Si tratta, nella fattispecie, di due eventi distinti, organizzati entrambi dall'Unep, il Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite. Il primo, che si è concluso ieri, è il cosiddetto supersummit sulle sostanze pericolose, che riunisce le tre Convenzioni che si occupano della gestione delle sostanze chimiche e dei rifiuti: la Convenzione di Basilea (22 marzo 1989, sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione), quella di Rotterdam (10 settembre 1998, su prodotti chimici e antiparassitari pericolosi nel commercio internazionale) e quella di Stoccolma (22-23 maggio 2001, sugli inquinanti organici persistenti). Il secondo è il Forum ministeriale mondiale sull'ambiente, che invece si protrarrà fino a domani 26 febbraio.
Di cosa hanno parlato? Probabilmente la parte più interessante del convegno è rappresentata dai rapporti che le varie organizzazioni e associazioni ambientaliste hanno presentato davanti al congresso. Ve ne proponiamo due particolarmente significativi.
A leggerlo pare di sentire la solita vecchia storia. Le case produttrici della ricca Europa producono pesticidi ipertossici, che ormai, ahiloro, non possono più smerciare nel mercato interno alla UE, dalle norme troppo restrittive in materia di sostanza nocive.
Allora, piuttosto che togliere dal commercio i prodotti più pericolosi, li reindirizzano verso altri mercati, meno attenti o semplicemente più poveri. È il caso della Syngenta, con sede in Svizzera che produce il Paraquat – vietato in Europa – per venderlo sulla piazza asiatica, ritenendo forse ingenuamente che per un vietnamita o un filippino sia meno nocivo che per un francese o un italiano.
L'esposizione a questi pesticidi rappresenta un serio rischio per la salute di intere comunità, che, a detta della coordinatrice del progetto ed autrice del rapporto Bella Whittle “possono sviluppare gravi problemi di salute cronici, quali alterazioni del sistema endocrinologo” anche a basse dosi di esposizione.
“È particolarmente doloroso – continua la Whittle – che la popolazione più vulnerabile, come le donne e i bambini, i malati e i malnutriti e gli anziani siano colpite in misura sproporzionata e che non possano sfuggire alle fonti di esposizione”.
Il secondo rapporto che vi proponiamo è curato dalla stessa Unep, e riguarda i rifiuti elettronici. Qui, se possibile, i toni sono ancora più allarmanti. Si parla infatti di una vera e propria esplosione della vendita di prodotti elettronici in paesi come la Cina e l'India, in Africa e in America latina, nei prossimi dieci anni, con ripercussioni ambientali disastrose.
Lo studio si basa sui dati forniti da 11 Paesi in via di sviluppo e analizza la produzione di rifiuti attuale, prevedendo i futuri trend di crescita di rifiuti elettronici come computer, stampanti, telefonini, fotocamere digitali, frigoriferi, videogiochi e televisioni. In questi paesi, a fronte di una crescita spesso esponenziale delle vendite, non esistono ancora delle reti di raccolta e smaltimento adeguate per tali prodotti.
Qui la mancanza di una rete globale pubblica di raccolta e la concorrenza a basso costo del settore informale, fanno sì la maggior parte dei rifiuti elettronici continuino ad andare incontro a procedure inadeguate che comportano un importante inquinamento tossico.
Questa mole incredibile di rottami digitali continua insomma ad aumentare a ritmi vertiginosi e, non trovando sbocchi nel riciclo, ad accumularsi. Si parla di 40 milioni di tonnellate in più ogni anno.
Ciononostante il rettore dell'università delle Nazioni Unite Konrad Osterwalder ci tiene a chiudere il rapporto con un messaggio positivo. A detta sua, “gestiti correttamente, i rifiuti elettronici possono rappresentare una grande opportunità economica”.
Sarà un riflesso incondizionato, ma le parole “grande opportunità economica” riferite ai rifiuti suonano sempre vagamente ambigue. E ad immaginarli, così, questa montagna di vecchi computer, frigoriferi e cellulari, impilati l'uno sopra l'altro, più che una grande opportunità economica sembrano l'enorme scheletro nell'armadio reale della nostra società virtuale.
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