Nel lungo periodo è prevista la realizzazione di ulteriori corridoi della mobilità, il completamento dell’Anello Stradale Olimpico, un nuovo ponte sul Tevere fra Ostiense e Fermi, la riunificazione di Villa Pamphili. Sistema stradale intermedio: completamento delle bretelle Ovest (Trionfale-Newton, Nuovo Ponte dei Congressi) ed Est (viadotto della Magliana-Togliatti-Saxa Rubra). Lungotevere: realizzazione dei Sottopassi di Ripetta e Castel S.Angelo.
Tutto ciò – parole dello stesso sindaco – “per portare Roma al livello delle grandi capitali europee”.
Ma come si sono mosse le città d'Europa? Un rapido sguardo ci dice che le soluzioni maggiormente condivise sono state la creazione di corsie riservate ai soli autobus (soprattutto a Parigi), l'introduzione di pedaggi per accedere al centro della città (a Londra e Milano), il bike sharing (a Parigi e Barcellona).
Ma torniamo a noi, a Roma, e cerchiamo di analizzare alla luce di quanto detto i punti del piano Alemanno. Partiamo dai corridoi della mobilità. Si tratta nella fattispecie della realizzazione di tre corridoi nel breve periodo (nei tratti Eur-Tor Pagnotta-Trigoria, Tiburtino, Jonio-Bufalotta più la) e della riorganizzazione di un quarto, quello sulla Palmiro Togliatti. Questi saranno integrati nel lungo periodo da altri due corridoi nelle tratte Infernetto-Lido-Fiumicino Aeroporto e Romanina-Ciampino.
L'idea del corridoio della mobilità è molto simile alle corsie per soli autobus, con l'aggiunta che i primi dovrebbero situarsi in tratti strategici che colleghino fra loro più fermate della metropolitana. Una soluzione del genere – soprattutto se associata ad un aumento dei mezzi elettrici – ha molti aspetti positivi ed è in linea con quelle introdotte da molte altre città.
Ha comunque dei rischi. Ad esempio c'è bisogno di molti corridoi e di un'alta frequenza di passaggio, se si vogliono veramente cambiare i flussi del traffico. Inoltre è logico che tali corridoi, avendo l'obiettivo di diminuire il traffico privato, prendano il posto di corsie per le macchine. Cosa che forse non è del tutto chiara ad Alemanno, che, se da una parte incentiva il bike sharing, dall'altra propone di spostare il corridoio di viale Palmiro Togliatti e metterlo al posto della pista ciclabile, che, parola del sindaco, “tanto non usa nessuno”.
A proposito della linea 8, ad esempio, il noto architetto Renato Nicolini ha dichiarato che per il modo in cui è stata progettata appare “più un monumento all'idea di tram che un funzionale tram veloce”. Una linea, continua Nicolini, pesante nella struttura quanto approssimativa nei dettagli, “basta guardare la foresta dei semafori davanti al ministero della Pubblica Istruzione”. Inoltre, per le caratteristiche descritte sopra e ricordate da Brown e Renzo Piano, il tram potrebbe avere un ruolo ben più rilevante e strategico all'interno del piano di quello che gli viene riservato.
Bike sharing, car sharing e car pooling sono soluzioni intelligenti, ampiamente condivise. Tutto sta nel come si mettono in pratica. Quindi finché non sarà chiaro quante nuove piste ciclabili si faranno e dove, con che mezzi si cercherà di incentivare le persone a condividere la propria auto ecc. è praticamente impossibile dare un giudizio sull'iniziativa. Certo l'idea di togliere una pista ciclabile per far spazio ad una corsia per autobus non sembra un buon inizio.
Discorso diverso vale per la costruzione dei parcheggi. Infatti, anche quando siano pensati come nodi di scambi fra trasporti privati e pubblici o, nel caso del Galoppatio, servano a liberare dal traffico il Triangolo soprastante, sembrano soluzioni costose e poco lungimirante – soprattutto a lungo termine – nell'ottica di una futura diminuzione dell'utilizzo dell'automobile. Ancora Renzo Piano, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera nel giugno 2006, spiega come nella sua idea “le città del futuro debbano liberarsi da giganteschi parcheggi [...] e sforzarsi di puntare sul trasporto pubblico”.
In ogni caso, è giusto tener presente che quelle presentate in Campidoglio sono delle linee guida, che andranno discusse con i Municipi, la Provincia, la Regione, il Ministero delle Infrastrutture e infine messe in pratica. Solo in una fase più avanzata, studiando la distribuzione dei finanziamenti fra i vari progetti, si capirà quali di questi andranno in porto e quali saranno accantonati, e si vedranno le reali potenzialità del piano.
Per adesso ci basti ricordare, per citare ancora Brown, “che i paesi che hanno sistemi di trasporto urbano ben sviluppati e infrastrutture consolidate di piste ciclabili sono molto meglio preparati ad affrontare le tensioni provocate dal ribasso mondiale della produzione di petrolio, rispetto ai paesi nei quali l’unico mezzo di trasporto è l’automobile”.
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