Mille treni su un binario morto

Ponte sullo Stretto, Alta Velocità, autostrade: queste le priorità del governo. Perché si investe sulle grandi opere quando sui treni pendolari due milioni di passeggeri non possono neanche fare pipì?

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di Alessandra Profilio


Inghilterra, Germania, Francia, Spagna: in fatto di mobilità ci battono tutti.

Muoversi in Italia è davvero un’ardua impresa. Basta uscire dalle proprie case per assaporare un clima di esasperazione generale.

Gli automobilisti, quasi perennemente imbottigliati nel traffico, hanno dipinta sul volto la disperazione; le persone alle fermate degli autobus controllano impazientemente l’orologio e lamentano la lunga attesa; a Roma, sulla metropolitana, ci si chiede perché esistano soltanto due linee in una città tanto estesa e popolata.

E poi ci sono i perenni ritardatari, i treni, e gli eterni stressati, i pendolari. Questi ultimi sono certamente i più demoralizzati dal momento che quotidianamente hanno a che fare con un sistema di trasporti che avvilisce, scoraggia e causa, già all’alba, una totale perdita di energie.

Testimonianza dei livelli di insoddisfazione dei pendolari è la continua crescita del numero di associazioni e comitati che si battono per difendere il diritto dei cittadini ad avere a propria disposizione mezzi pubblici, se non perfetti, perlomeno dignitosi. In Italia, infatti, non mancano gli optional ma l’essenziale: pulizia e puntualità sono le principali carenze del trasporto ferroviario pendolare.

Un servizio ferroviario efficiente è però indispensabile per garantire alla gente una mobilità degna di un paese moderno, per spostare una parte dei flussi dall’automobile al treno, per limitare le emissioni di CO2 e, più in generale, per avvicinarci agli obiettivi del nuovo pacchetto Energia e Clima dell’UE.


Ma allora, perché spostarsi in treno continua ad essere così difficile?

Il motivo sostanziale è che, mentre la domanda pendolare cresce, gli investimenti sono fermi. I cittadini chiedono più treni ed un servizio migliore ma governo e regioni preferiscono investire i fondi disponibili su strade, autostrade e grandi opere. Eppure l’80% delle persone si muove in un raggio di 25km e nel trasporto ferroviario la quota di passeggeri trasportati sulla media e lunga distanza rispetto a quelli regionali e metropolitani è di 1 a 9.

Proprio perché sono tantissimi i lavoratori e gli studenti che ogni giorno devono spostarsi per raggiungere l’ufficio o l’università, il lancio del progetto 1000 treni per i pendolari, annunciato lo scorso anno, aveva suscitato l’entusiasmo generale.

Un' ottima iniziativa, non c’è dubbio, se non fosse che dalle parole non si è mai passati ai fatti: nella Legge Finanziaria non è previsto nessun finanziamento per l’acquisto di nuovi treni.

La cifra che lo Stato deve corrispondere a Trenitalia per il trasporto regionale è determinata da una quota fissa stabilita per legge e da una quota aggiuntiva che viene individuata ogni anno dalla Legge Finanziaria. La prima del governo Berlusconi e l’ultima del governo Prodi sono accomunate dalla “dimenticanza” di questa partita di bilancio.

Dal 2007 al 2008 i contributi statali a Trenitalia per il trasporto regionale sono scesi da 1.612 a 1.498 milioni di euro.

Tutta colpa del governo, quindi? Non proprio.

Se è vero che lo Stato sottovaluta l’urgenza della questione, è pur vero che anche le Regioni spendono troppo poco per la mobilità su ferro.

Secondo i dati riportati da Legambiente, in nessuna regione infatti l’ammontare degli stanziamenti per il servizio e per l’acquisto di nuovi mezzi raggiunge lo 0,4% del bilancio regionale.


La Toscana è la regione che nel 2008 ha speso di più (0,38% ) ed è quella che negli ultimi anni ha investito con più continuità per il miglioramento del servizio ferroviario pendolare. Ridicolmente bassa o addirittura assente la quota investita da altre regioni: il Lazio ha stanziato lo 0,02% mentre Calabria, Molise e Sardegna non hanno assegnato al trasporto pendolare neanche un euro.

Dove vanno a finire i soldi che non vengono destinati al servizio ferroviario?

Il 70% dei fondi stanziati dai governi precedenti sono stati investiti nel traffico gommato, nell’ottica di quella che appare una precisa strategia della mobilità: far crescere ulteriormente il traffico su gomma. Quando bisogna investire su ferro si preferisce farlo sulle tratte nazionali commercialmente più vantaggiose, come ha dimostrato Trenitalia inaugurando l’Alta Velocità, un servizio che non solleva però i pendolari dai loro disagi. L’Alta Velocità costituisce anche una delle priorità del Governo Berlusconi, insieme al Ponte sullo Stretto di Messina (6 miliardi di euro di spesa previsti, proprio quanto costerebbe il progetto 1000 treni per i pendolari) e alle autostrade.


Viene spontaneo domandarsi: come è possibile pianificare la costruzione di un’opera colossale come il Ponte sullo Stretto quando mancano servizi primari come la decenza dei convogli ferroviari? Allo stesso modo, perché si pensa a lanciare l’Alta Velocità quando non si riesce a garantire nemmeno l’efficienza dei treni normali?

Forse il governo ritiene che la realizzazione di tali futuristici progetti possa far fare all’Italia bella figura agli occhi del mondo e riscattarci dal nostro essere il solito fanalino di coda nella classifiche europee. Sarebbe però come nascondere la polvere sotto il tappeto o come truccare un’anziana donna per farla apparire più giovane: la donna rimane comunque vecchia. Vecchia come l’Italia e decadente come i trasporti, quelli veri con cui la gente combatte ogni giorno.

23 Novembre 2008 - Scrivi un commento
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