Pietro Interdonato è un ginecologo di Messina che da oltre 20 anni lavora in un ospedale nella provincia di Reggio Calabria. Giorno dopo giorno, i continui spostamenti da una regione all’altra lo hanno condotto ad una estrema esasperazione che, tuttavia, non si è tradotta in un rassegnato silenzio ma, al contrario, in un profondo impegno per far valere i diritti di chi si trova, letteralmente, sulla sua stessa barca.
Ecco, quindi, che nel 2006 Pietro Interdonato ha deciso di costituire il Comitato dei Pendolari dello Stretto, di cui è tuttora presidente. Lo abbiamo intervistato per saperne di più circa i problemi di mobilità e le esigenze di chi, volente o nolente, attraversa lo Stretto.
Pietro Interdonato, qual è la situazione dei trasporti nello Stretto di Messina e come nasce il Comitato di cui sei presidente?
Nel 2006 la città di Messina è stata liberata dalla schiavitù dei tir che da allora vengono dirottati a Tremestieri, frazione messinese a circa 8 km a Sud del centro cittadino. Nello stesso anno, quindi, vengono dimezzate le corse delle navi mentre i prezzi dei biglietti subiscono un aumento (sia quelli per i pendolari che per l’attraversamento con l’autoveicolo). Si è arrivati dunque ad una nave ogni 40 minuti: una situazione che non rispetta le esigenze di mobilità dei tantissimi pendolari che, a centinaia, stanno lì ad aspettare inferociti.
In seguito ad una petizione popolare e ad una raccolta firme, è nato dunque il Comitato dei Pendolari dello Stretto di Messina, con lo scopo di difendere il diritto ad una mobilità sostenibile per tutti coloro che, per motivi di studio o di lavoro, sono costretti ad usare la nave.
Chi gestisce i trasporti dello Stretto di Messina?
Le società che gestiscono i trasporti dello Stretto sono varie ma soltanto due predominano: una statale ed un’altra privata. Quest’ultima trasporta circa il 90% del gommato pesante e circa l’87% di quello leggero. I numeri parlano da soli: c’è un monopolio di fatto, dal momento che lo Stato controlla una fetta di mercato molto limitata.
Da tantissimi anni ormai si parla di Ponte sullo Stretto. Ritieni che questa grande opera possa costituire una soluzione per i problemi dei pendolari?
No, a mio avviso, il ponte non si adatta alle caratteristiche fisiche dello Stretto, che è una zona sismica. Inoltre credo che il ponte potrebbe divenire un bersaglio terroristico nonché un pozzo senza fondo per la mafia e la’ndrangheta. Ciò che occorre è un servizio efficiente di navi, basterebbe che lo Stato sapesse fare imprenditoria.
Quali sono principalmente le richieste dei pendolari?
Il diritto alla mobilità. La distanza che separa Messina dalla Calabria (precisamente da Villa San Giovanni) è di tre chilometri, una distanza pari a quella da un quartiere all’altro della città. Tre chilometri possono essere percorsi a piedi, in bici, in auto… noi non abbiamo scelta. Noi siamo costretti ad utilizzare le navi e chiediamo che lo Stato garantisca un servizio efficiente piuttosto che abdicare al ruolo egemone che dovrebbe competergli. Ogni individuo ha diritto alla libera mobilità, noi, però, non abbiamo diritto alla “continuità territoriale”.
In quali iniziative si è concretizzato l’impegno del Comitato dei pendolari?
Ormai da tre anni facciamo sentire la nostra voce e denunciamo questa insostenibile situazione. Appena dieci giorni fa siamo stati ricevuti dalla commissione trasporti della Camera, il cui presidente, l’onorevole Valducci ha garantito che il problema verrà risolto.
Ci credi?
Deve per forza essere risolto! Altrimenti qui scoppierà un’48!
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