Obiettivo dei ricorrenti: l’annullamento, previa sospensione, del decreto ministeriale che – in alternativa al deposito nazionale “ultra-sicuro”, non scorie-nucleari-1ancora individuato – autorizza a Bosco Marengo la costituzione, «già di per sé rischiosa per lavoratori e territorio, di un insicuro deposito di scorie nucleari». Uno stoccaggio che Lino Balza di “Medicina Democratica” ritiene “contro legge” e “pericoloso” (attentati, terremoto, falde acquifere), della durata variabile: almeno fino al 2020, secondo la Regione, oppure per un periodo indeterminato, secondo la Sogin, titolare dell’ex Fabbricazioni Nucleari (Enea).
«Senza ipocrisie: sarebbe un deposito definitivo», afferma Balza. Per di più, «in un sito assolutamente inidoneo, neppure per uno stoccaggio temporaneo: sia per le condizioni antropiche (densità della popolazione), sia per le caratteristiche geomorfologiche del terreno (sismico, con falde)», come dimostrerebbero agevolmente, aggiunge Balza, adeguate indagini geotecniche (non svolte) e il mancato assoggettamento alla valutazione di impatto ambientale.
«La pronuncia del Tar diventerà un precedente con enorme valenza per tutto il territorio nazionale», osserva Balza. «Se a noi favorevole, ad essa si potranno appellare tutti i siti italiani che hanno ereditato i rifiuti nucleari delle centrali dismesse». Soprattutto, sottolinea “Medicina Democratica”, la sentenza del Tar – in una vertenza tenuta in vita da Beppe Grillo attraverso una sottoscrizione per le spese legali del ricorso – metterà in discussione l’intera strategia nucleare del governo.
Il ricorso al Tar del Piemonte era stato presentato ad aprile tramite l’avvocato Mattia Crucioli, da parte di Medicina Democratica, comitati alessandrini, Legambiente, Pro Natura e tre consiglieri regionali (Deambrogio, Comella, Moriconi), poi sostenuto da una entusiasmante sottoscrizione popolare, con l’aiuto decisivo di Grillo, senza alcuna partecipazione dei Comuni e anzi, nucleare-1«avendo apertamente contro il Comune di Bosco Marengo, la Provincia di Alessandria e la Regione Piemonte».
Addirittura, ricorda Lino Balza, il governo ha mandato in campo l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, “avvertendo” che, «se venisse accolto il nostro ricorso, gli utenti dovrebbero sopportare maggiori costi». Contro il ricorso, la Sogin (cioè il governo) si era opposta con una infinità di cavilli in tutte le sedi, subendo però ben due sentenze del Tar e una del Consiglio di Stato, ad essa contrarie.
Malgrado le ipotesi di reato formulate nell’esposto di Medicina Democratica alla Procura della Repubblica di Alessandria, la Sogin ha tuttavia avviato i lavori di smantellamento dell’impianto nucleare di Bosco Marengo, «con gravissimo pericolo per l’ambiente e la salute», secondo gli ecologisti di Alessandria, che denunciano «lavori illegali, senza valutazione di impatto ambientale e addirittura privi delle prescritte approvazioni Ispra, iniziati perfino tramite un contratto di appalto precedente la contestata autorizzazione ministeriale». Dunque, per gli ambientalisti, «lavori carenti in sicurezza nucleare e protezione sanitaria: chiediamo che siano immediatamente sospesi».
In definitiva, mentre il Parlamento approvava il rilancio governativo del nucleare in Italia, l’obiettivo nazionale degli ecologisti alessandrini, tanto del ricorso al Tar che dell’esposto alla Procura, era triplice: affermare in nome di tutti gli ex siti nucleari l’illegalità dello smantellamento degli impianti per trasformarli sottobanco in depositi definiti “temporanei” ma in realtà definitivi, nonché rivendicare la realizzazione – prevista dalla legge – di un deposito nazionale “ultrasicuro per millenni”. «Il nostro impegno – conclude Balza – vuole inoltre affermare, inequivocabilmente, l’assurdità di proporre nuove centrali nucleari, senza aver neppure risolto l’eredità delle vecchie».
Articolo tratto da Libre Idee
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