“Si tratta di una importante vittoria”, annuncia Lino Balza di “Medicina democratica”, portavoce del ricorso contro la dismissione dell’impianto di Bosco Marengo che autorizzerebbe la prima discarica italiana per rifiuti radioattivi, aprendo così la strada al ritorno del nucleare in Italia.
Tutto nasce dalla solitaria opposizione degli ambientalisti al decreto di smantellamento della Sogin, ex Fabbricazioni Nucleari (Enea) di Bosco Marengo, alle porte di Alessandria, dove sono custoditi 550 fusti di combustibile radioattivo. Con la dismissione dello stabilimento, i fusti verrebbero sepolti nel cemento. “Niente di male”, hanno detto Comune, Provincia e Regione, “perché in tal modo non aumenterebbe certo la pericolosità di un deposito di fatto già esistente”.
Al contrario, gli ambienstalisti (Medicina democratica, Legambiente, Pro Natura, Movimento per la Decrescita Felice) temono che l’interramento “temporaneo” di Bosco Marengo - in attesa del Deposito nazionale unico per i rifiuti atomici, previsto dalla legge ma non ancora creato - sarebbe un precedente pericoloso: “Se passasse questo espediente ad Alessandria, potrebbero trasformarsi in discariche radioattive “temporanee” anche gli altri siti nucleari italiani, dove materiali atomici sono custoditi in aree non idonee”. Discariche improprie, provvisorie, che potrebbero diventare permanenti, mentre l’Italia ripensa al nucleare, in attesa di ricevere, nel 2020, le scorie radioattive stoccate in Francia quando le centrali italiane erano attive.
Il primo round se lo sono aggiudicato gli ecologisti alessandrini: accogliendo il loro ricorso, il Tar del Piemonte ha giudicato illegittima la dismissione di Bosco Marengo, perché trasformerebbe in “discarica” un deposito collocato in un sito privo dei requisiti di sicurezza stabiliti, per le scorie nucleari, da una legge del 2003. La Sogin ha reagito facendo appello al Consiglio di Stato e mettendo in allarme gli ambientalisti, che in poche settimane avevano raccolto i 4.000 euro necessari per il ricorso al Tar e si sono visti costretti a raccoglierne altri 20.000 per sostenere la loro causa di fronte al Consiglio di Stato.
In attesa dell’udienza del 30 giugno, nella quale il Consiglio di Stato dovrà comunque pronunciarsi, è proprio il Tar del Piemonte che torna a farsi sentire, ribadendo la propria esclusiva competenza in materia. “La I sezione del Tar Piemonte, con la sentenza 1736, ha rigettato il dubbio di competenza opposto dalla Sogin”, spiega Balza. “Dopo il nostro ricorso - aggiunge - l’azienda di era costituita al Tar il 13 maggio e ha discusso la causa il 21 maggio, senza mai sollevare eccezioni di competenza territoriale: l’ha fatto dopo, quando il Tar le ha dato torto, sperando di sottrarre a Torino il giudizio sul caso, spostandolo a Roma”.
Chiedendo lo spostamento al Tar del Lazio, la Sogin ha ipotizzato che l’impatto ambientale delle operazioni di dismissione, già avviate, non avesse solo conseguenze locali, ma anche nazionali. “L’impatto ambientale, dopo esser stato strenuamente negato dalla Sogin - dice Lino Balza - veniva strumentalizzato per sostenere “l’evidente carattere di pericolosittà nazionale”. Ancora una volta, però, il Tar piemontese le ha dato torto: un eventuale incidente (sversamenti, attentati, terremoto, disastro aereo) avrebbe un impatto limitato al territorio piemontese. L’istanza di trasferimento del giudizio a Roma è stata quindi dichiarata inammissibile, perché infondata.
Una via d’uscita? Sospendere i lavori di smantellamento e mantenere l’impianto in “regime di custodia passiva”, come avvenuto finora, in attesa che l’Italia individui il Deposito atomico nazionale dove custodire in sicurezza, e per sempre, le scorie radioattive. Nel silenzio assordante della politica, la battaglia continua in sede legale: l’appuntamento è all’udienza romana del 30 giugno, al Consiglio di Stato.
“Non ci resta che tentare di ripresentarci - conclude Balza - raccogliendo il denaro necessario, mediante sottoscrizione”. Indicando la causale “nucleare Alessandria”, è possibile effettuare versamenti sul conto corrente bancario 10039 di “Medicina democratica Scrl” (Abi 05584, Cab 01708, Cin W, codice Iban IT50W0558401708000000010039) o sul conto corrente postale 22362107 intestato a Pro Natura Torino, via Pastrengo 13, 10128 Torino (info: www.medicinademocratica.org).
Articolo tratto da www.libreidee.org
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