Il 6 luglio scorso la Camera ha bocciato una proposta dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) nella quale si chiedeva che i Comuni e le Regioni avessero maggior voce in capitolo sulla scelta dei siti per le nuove centrali. Essi non potranno quindi esprimere alcun parere vincolante rispetto alla decisione di costruire impianti nucleari nel territorio di propria pertinenza. In pratica, il Governo stabilirà in autonomia i siti e qualcuno si sveglierà una mattina al rumore delle escavatrici, scoprendo di risiedere in una delle zone fortunate vincitrici di una centrale.
D’altro canto, il 9 luglio il nostro Ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola, in una conferenza stampa ha dichiarato che “molti Comuni italiani hanno già manifestato la loro disponibilità ad accogliere le nuove centrali nucleari”. Fantastico! Allora che bisogno c’era di esautorare i governi locali dall’autorità di accettare o meno la localizzazione di un impianto nucleare nel proprio territorio, se ci sono così tanti Comuni che non vedono l’ora di accoglierli?
L’impressione è che il Governo sappia benissimo che sarà osteggiato in tutti i modi, in primis dalle associazioni ambientaliste, ma anche da tanti “semplici cittadini” preoccupati della propria salute e della qualità della vita nel territorio in cui risiedono. La faccenda della scelta dei siti è tutt’altro che semplice e richiede un esame attento e approfondito, nonché una consulta con le autorità locali. Cose che non avvennero nella ben nota vicenda di Scanzano Jonico.
Da allora la questione non ha trovato ancora una soluzione. Fondamentalmente perché fino ad oggi non è ancora stata definita scientificamente una procedura capace di assicurare uno stoccaggio ed una messa in sicurezza dei rifiuti nucleari veramente affidabile. Ne consegue che nessuno abbia voglia di accettare il rischio di qualcosa di non ben noto, soprattutto dato che gli interessi economico-politici che vi ruotano intorno lasciano adito al dubbio che nozioni importanti vengano taciute alla popolazione.
Negli Stati Uniti l’identificazione di un sito geologico per stoccare le scorie nucleari (che portò all’individuazione del deposito di Yucca Mountain, scelta comunque poi abbandonata) richiese un’istruttoria condotta per ben 20 anni. Nel caso di Scanzano Jonico, invece, due mesi senza alcuna consulta formale, né indagine scientifica indipendente: l’unica presentata fu infatti quella condotta della Sogin, SOcietà Gestione Impianti Nucleari, la stessa azienda che si sarebbe occupata della messa in opera del sito e già responsabile dello smantellamento delle centrali dismesse.
Se dopo anni non si è ancora giunti ad un accordo per la definizione del luogo in cui deporre tutte le scorie e i materiali radioattivi, conservati attualmente in depositi temporanei, come si pensa di arrivare in tempi utili all’individuazione dei siti per nuove centrali nucleari? Evidentemente l’unica strada possibile è quella dell’imposizione da parte del governo centrale in barba all’opinione popolare.
Per altro anche chi si dichiara oggi favorevole al ritorno del nucleare in Italia, spesso non è altrettanto entusiasta se gli si prospetta l’ipotesi che una centrale venga costruita nell’orto di casa sua. Ma del resto l’Italia ha un territorio limitato e molto densamente popolato e la maggior parte delle regioni sono dichiarate territorio sismico. Siamo geologicamente inadatti ad ospitare impianti nucleari. Ma anche depositi di scorie.
Durante la prima era del nucleare in Italia, Borgo Sabotino fu scelta in quanto vicina al mare e situata sulle sponde di un canale (le centrali necessitano di ingenti quantità d’acqua per il raffreddamento), perché l’area era poco abitata e in quanto zona non sismica. Ad oggi la situazione è ben diversa: gli insediamenti umani nella zona sono molto aumentati e Borgo Sabotino è stata inserita di recente nella mappa delle aree soggette a fenomeni sismici.
Ciò indurrebbe a concludere che allora la cittadina latina è salva, ma non è così. Prima di tutto il CIPE, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, non ha a disposizione un documento aggiornato da sostituire all’indagine e mappatura che furono realizzate negli anni Settanta, ossia nel momento in cui si decisero le localizzazioni delle prime quattro centrali. In secondo luogo, le articolate vicende legate allo smantellamento della centrale e, soprattutto, allo stoccaggio dei materiali radioattivi di scarto lasciano pensare che a Borgo Sabotino si stia cercando di realizzare tacitamente ciò che non è riuscito dichiaratamente a Scanzano Jonico.
Legambiente Lazio da sempre si batte per la difesa e la riqualifica dell’area occupata dall’impianto e tiene d’occhio i movimenti politico-economici in atto, senza però poter far molto di più che richiamare l’attenzione sul problema. Un ottimo dossier prodotto dall’associazione riassume la storia della centrale dalla sua nascita ad oggi e mette in luce come molte azioni siano state fatte non in trasparenza e in condizioni di conflitto di interessi. Inoltre la popolazione è oramai da tempo esclusa da qualunque consultazione.
Proprio in quell’anno, infatti, il Governo decise che - a causa dell’urgenza di mettersi a riparo da rischi terroristici in relazione alle centrali nucleari - la messa in sicurezza delle centrali sarebbe stata affidata ad un Commissario, il quale avrebbe potuto agire in via straordinaria. In pratica, come chiarisce il su citato documento di Legambiente Lazio, le opere potevano essere realizzate in deroga alle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), alle concessioni urbanistico-edilizie, a quelle per le deviazioni di corsi d’acqua ad uso industriale, per il trasporto di merci pericolose e in materia di appalti. Ventidue leggi e decreti (inclusi quelli regionali) vennero sospesi per questo tipo di materia e i pareri delle istituzioni locali del tutto ignorati. Il ruolo di Commissario Straordinario – guarda caso – fu affidato al generale Carlo Jean, già Presidente della Sogin: un conflitto di interessi di nulla!
Fu così che si generò la vicenda di Scanzano e fu così che due anni più tardi a Borgo Sabotino venne attuato un piano di messa in sicurezza della centrale che prevedeva una procedura accelerata, ossia ancora una volta in deroga alle leggi ordinarie. Non esistendo ancora un deposito nazionale, ovviamente era necessario realizzarne sul luogo uno temporaneo, in cui depositare tutti i materiali, fanghi e rifiuti radioattivi conseguenti allo smantellamento. Nel 2006 venne così autorizzata la costruzione, presso la centrale in questione, delle infrastrutture per l’estrazione e il condizionamento dei fanghi radioattivi, di altri edifici di supporto alle operazioni, nonché di un deposito temporaneo per i rifiuti.
Le dimensioni del deposito in costruzione, secondo quanto valutato da Legambiente Lazio, appaiono eccessive per il contenimento esclusivo dei materiali provenienti dalla dismissione della centrale di Borgo Sabotino. In più, nel frattempo il problema dell’individuazione del sito definitivo per lo stoccaggio delle scorie e dei materiali di scarto appare non risolto (nonostante l’urgenza dichiarata negli scorsi anni, con cui sono state giustificate le azioni straordinarie che hanno ignorato le leggi vigenti). Per giunta, alcune scorie che anni or sono vennero inviate all’estero per subire processi di condizionamento, presto dovranno rientrare nel territorio nazionale.
Torniamo dunque al quesito di partenza: se, a detta di Scajola, c’è un grande entusiasmo della popolazione all’idea del ritorno al nucleare, come mai si deve ricorrere a procedimenti speciali, segreti di Stato e colpi di mano?
Coloro invece che sono eventualmente davvero favorevoli al rifiorire delle centrali in Italia, sono realmente a conoscenza di tutti i retroscena e delle conseguenza? E alla luce di ciò, accetterebbero una centrale e un deposito di scorie e rifiuti vicino alla loro abitazione?
Con i soldi di qualcun altro, son tutti bravi ad offrir cena.
Per approfondimenti:
“Nucleare, strada obbligata?”, servizio di Giovanni Valentini e Fabio Tonacci – La Repubblica Radio TV
“Goletta verde a Borgo Sabotino (LT) – Dossier No Nucleare”, a cura di Legambiente Lazio
Fermiamo Mr. Burns
1987: con un referendum abrogativo gli italiani dicono no al nucleare.2007: nonostante la decisione del... Continua... |
io dico che non riusciranno a farle neanche se rimanesse questo governo per 20 anni ...
il guaio è che comunque un mucchio di soldi ns. saranno "regalati" alle ditte di "amici" per progetti e ...magari dovremo anche pagargli i danni per i mancati guadagni...credo che sia già accaduto con il ponte sullo stretto di messina!
non si rendono conto che i cambiamenti sono sempre più rapidi e un risveglio improvviso dallo stato di narcosi mediatica potrebbe essere costellato di morti violente di politici, amministratori e pennivendoli vari fatti a pezzi da folle inferocite ...l'unico mio dispiacere sarebbe per le inevitabili vittime innocenti tra le folle ...ma chi semina vento raccoglie tempesta e quì nonostante tutte le avvisaglie di un tracollo di questo sistema iniquo, oppressivo e sconsiderato - ultimo esempio la crisi economica generata dalla speculazione del mondo finanziario - chi ci governa - e non solo in italia - non è capace di cambiare veramente rotta perchè sono collusi o deboli e non capiscono che l'unica vera forza può venire da una crescita di consapevolezza e partecipazione di "tutti"!!
unica speranza è che la trasformazione delle coscienze individuali sia più veloce e la loro unione riesca a dirigere "la rivoluzione" di questo sistema verso un modello sostenibile per il pianeta ed equo per "tutti" i suoi abitanti ... il link che segue vi permetterà di vedere brani di un film (la mente è più forte dei geni) utile per coltivare la speranza:
http://www.liberamenteservo.it/modules.php?name=News&file=article&sid=3074
buon lavoro ...su voi stessi !