In un primo tempo saranno realizzati quattro reattori dislocati tra due o tre centrali. Si tratterà di impianti a tecnologia EPR (che sta per Reattore Pressurizzato Europeo), detti anche “di terza generazione”, e ciascuno avrà una potenza di 1650 MW.
I siti non sono ancora stati definiti, in quanto le valutazioni sono complesse e giungere ad un accordo non è semplice. Il luogo ideale, infatti, è al riparo da rischi di attività sismica, è lontano dai centri abitati ma vicino a sorgenti d’acqua (necessaria in gran quantità per il raffreddamento) e vi deve essere una rete elettrica in grado di sopportare carichi notevoli.
A queste limitazioni di base, si aggiunga il fatto che il progetto potrebbe incontrare l’opposizione e la resistenza da parte delle comunità locali. Ma per limitare tale problema il Governo italiano ha già provveduto a bocciare lo scorso 6 luglio una proposta dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) nella quale si chiedeva che i Comuni e le Regioni potessero esprimere un parere determinante nella scelta dei siti per le nuove centrali.
I primi quattro reattori, stando a questa tabella di marcia, entreranno in funzione nel 2020. Da quel momento in poi ne saranno consegnati altrettanti, uno ogni 18 mesi.
Cosa ne pensano gli Italiani? L’Enel ha fatto condurre un sondaggio in merito. Ciò che ne è emerso è che i favorevoli sono il 40% (di cui il 12% “molto favorevole”): la percentuale è dunque cresciuta di 2 punti rispetto al 2006, ma resta comunque una netta minoranza, rispetto al restante 60% di contrari. Inoltre, la domanda successiva relativa alla collocazione delle centrali ha evidenziato che solo il 17% accetterebbe un impianto nei pressi del luogo in cui vive. E visto che in Italia non è possibile porli in siti lontani da ogni centro abitato (vista la densità di popolazione ed edificazione del nostro territorio), è evidente che va considerata una percentuale effettiva di favorevoli ben inferiore al 40%.
Nonostante ciò, il nucleare in Italia procede.
Mentre si assiste a questa potente rinascita dell’energia da tale fonte in Europa, qualcuno è ancora costretto a fare i conti con ciò che resta del più grande incidente nucleare della storia.
Un rapporto ufficiale redatto da alcune agenzie dell'ONU presenta un bilancio di 65 morti accertati con sicurezza e altri 4000 presunti (che non sarà possibile associare direttamente al disastro) per tumori e leucemie, su un arco di 80 anni.
Alcune associazioni antinucleariste internazionali, fra le quali Greenpeace, stimano che invece fino a 6 milioni di decessi su scala mondiale (nel corso di 70 anni) vadano riferiti al disastro di Chernobyl, contando tutti i tipi di tumori riconducibili ad esso secondo uno specifico modello adottato nell'analisi.
Nei giorni immediatamente successivi all’incidente, quando gli incendi furono placati, fu immediatamente costruito un primo sarcofago in cemento, in modo da schermare il reattore esploso e seppellire tutti i resti di combustibile e materiale radioattivo in esso presenti. La copertura (realizzata per altro in fretta e furia) ha però subito l’erosione del tempo, si è in parte sgretolata, cosicché si rilevano ora perdite di radiazioni nell’atmosfera e infiltrazioni nel suolo.
In realtà la gara d’appalto vera e propria ebbe luogo nel 2007 e ad aggiudicarsi la vittoria fu il consorzio NOVARKA, costituito dalle francesi Vinci Construction e Bouygues Construction, accompagnate da alcuni partner locali.
Il progetto proposto consiste nella realizzazione di una struttura contenitiva in acciaio, rappresentata da un arco alto 105m, lungo 150m e pesante 18mila tonnellate. La cupola sarà assemblata a lato del reattore esploso, eretta su due sostegni in cemento. A costruzione completata, essa sarà fatta scivolare su dei binari, fino a raggiungere ed inglobare il vecchio sarcofago danneggiato.
I lavori partiranno con la realizzazione delle fondamenta dell’arco e la costruzione degli edifici ausiliari necessari per le operazioni. Le strutture in metallo di cui la cupola si compone saranno prefabbricate e trasportate sul luogo al momento dell’assemblaggio. Al termine di tali operazioni, il sarcofago sarà collocato nella sua posizione finale.
La durata dei lavori di costruzione è stimata dal consorzio in 35 mesi, mentre il tempo di vita della struttura sarà di 100 anni. Ciò significa che dopo un secolo si dovrà provvedere a rimpiazzarlo con una nuova copertura.
Il costo della realizzazione della sola cupola è di 432 milioni di euro, messi a disposizione da un fondo internazionale gestito dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo.
L’amministratore della zona di esclusione di Chernobyl (area dall’accesso vietato), Andryi Selsky, dichiara infatti che l’intento è non solo di isolare l’impianto per evitare fuoriuscita di radiazioni, bensì anche quello di “decostruire ciò che è all’interno del reattore esploso ed estrarre le masse di combustibile usato, in modo da poterle in seguito stoccare come scorie radioattive”. Questo processo però, secondo l’opinione dello stesso Selsky, “potrebbe rivelarsi estremamente delicato”; inoltre non è chiaro se si riuscirà a non mettere in pericolo la vita di altri operatori (come avvenne durante gli interventi immediatamente successivi all’incidente).
Ad ogni modo il cantiere sta per essere aperto e per i prossimi 35 mesi ci sarà da lavorare per porre riparo in qualche modo ad un incedente di enorme portata, sulle cui responsabilità e cause non si è ancora giunti ad una definizione precisa.
Di Chernobyl si parla ormai molto poco, occorrerebbe invece forse rammentarlo ora che il nucleare è tornato in auge. Senza dubbio la tecnologia, gli impianti e i metodi di sicurezza sono migliorati negli ultimi trent’anni, così come le conoscenze aumentate, ma ciò non significa che gli incidenti (e gli attacchi terroristici) siano un’ipotesi del tutto peregrina. E’ un rischio che siamo disposti ad accettare?
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