Si è da poco conclusa la famosa Feria de Abril, la festa popolare più famosa e più sentita dagli abitanti della capitale Andalusa. Un lungo festeggiamento durante il quale per sei notti continue si mangia, si beve, si balla e si chiacchiera fino alle luci dell’alba senza nemmeno accorgersi del tempo che passa.
Anzi, sembra proprio che il tempo non sia mai passato, perché questo pittoresco e folcloristico avvenimento si svolge in un luogo circoscritto della città, contrassegnato da strade che portano gli “onorabili” nomi di defunti toreri spagnoli.
Le Sevillanas - donne che indossano i tipici abiti andalusi - passeggiano per queste strade dove, all’interno delle “casette”, delle quali vengono ricostruite le facciate esterne, migliaia di persone si riuniscono a festeggiare, bevendo, cantando e mangiando in allegria.
E mentre il recinto feriale pullula di anime gioiose, l’altra parte della città guarda solitaria e deserta qualche ritardatario, vestito appositamente a festa, che si appresta a raggiungere il prima possibile la feria.
Si abbandonano così le macchine per ritornare ai vecchi mezzi di trasporto di un tempo: le carrozze!
È come se una macchina del tempo ci trasportasse indietro negli anni facendoci vivere di persona le atmosfere di un mondo ormai conosciuto solo tramite libri o serie televisive.
Un mondo surreale che questi spagnoli ogni anno ricreano appositamente.
Risate, allegria, musica, tradizione e gioia di vivere, almeno per sei giorni all’anno, non permettono neanche alla febbre suina di attanagliare i cuori dei sevigliani e di tutti coloro che, da ogni parte della Spagna, accorrono a questa festa.
Eppure dietro cotanta allegria si nascondono orride manifestazioni ed espressioni dell’animo umano che non si possono omettere.
Una di queste nel parco giochi del recinto feriale, dove un intrattenimento adibito al divertimento dei più piccoli, si serviva barbaramente di cavallini costretti a girare - per ore e ore - in uno spazio circolare di pochi metri con le teste bloccate dall’alto da briglie di acciaio al ritmo di frustate.
E mentre i bimbi si divertivano a montare sui dorsi dei cavalli questi docili animali straziati dalla fatica, ogni tanto, si fermavano per riprendere fiato.
Come può un divertimento basarsi sulla sofferenza e sullo sfruttamento di altri esseri viventi che, come noi, hanno diritto a non subire maltrattamenti?
Dovrebbero essere invece i più grandi a far capire loro che non è questo il modo migliore per divertirsi; al contrario, accarezzarli dolcemente con le mani paffute e dolci può essere il vero divertimento per gli animali e per i bimbi stessi.
Gli animali non sono oggetti, ma creature degne di rispetto!
I sensi di repulsione non finiscono qui. Sempre durante la feria, a Siviglia si tengono le più importanti corride dell’anno.
Ogni giorno uno “spettacolo”, ogni giorno un “torero valoroso” diverso, ogni giorno un toro ucciso inutilmente.
Sebbene i tempi siano cambiati e la Spagna si appresti a vivere il periodo post Franco cavalcando l’onda favorevole della crescita economica, politica e sociale, un segno chiaro di arretratezza continua a sussistere.
Un tempo la corrida aveva i suoi perché, più o meno accettabili. Oggi non più.
Non si può continuare a far sopravvivere un’esibizione plateale di morte, di sangue, di violenza e di furia assassina in nome della tradizione.
Se almeno la lotta tra l’animale uomo e l’animale toro fosse reale si potrebbe in parte tollerare, ma non credo si possa accettare o considerare leale un combattimento che, sin dal principio, si pone favorevole nei confronti del torero.
Il toro, infatti, trascorre il giorno precedente alla corrida completamente al buio, per cui nel momento in cui entrerà nell’arena sarà stordito dalla luce e dalle grida del pubblico.
Attraverso questi accorgimenti alla fine il torero può, in modo “nobile”, uccidere con la spada il suo avversario e tagliarli le orecchie e la coda.
Non servono tante parole per commentare queste esibizioni che, ancora oggi, animano “las plazas de toros” di molte città spagnole.
Un pensiero va ai tanti turisti che ho visto assaltare le gradinate dell’arena di Siviglia. Sono loro i veri complici di cotanta crudeltà.
L’indifferenza, il disinteresse e l’astensione della gente potrebbero aiutare il popolo spagnolo a raggiungere una vera evoluzione chiudendo i conti con il passato e con alcune tradizioni di sangue e di morte. Ma così purtroppo non è.
21 Maggio 2009 - Scrivi un commento