L’indole di questo animale, dunque, non si può dire che gli abbia reso un grande servizio dato poi che, come noto, lo sfruttamento, già di per sé fonte di stress e sofferenza, spesso sfocia nel maltrattamento vero e proprio, assumendo forme anche molto brutali. Tutto ciò accadeva un tempo e accade tutt’oggi, benché le tipologie di utilizzo del cavallo siano naturalmente mutate con l’evolversi della società e delle funzioni per le quali questo animale si poteva man mano meglio adattare. Se come mezzo di locomozione per merci e persone è ormai utilizzato solo in contesti agricoli e comunque in maniera sporadica, d’altro canto è incrementato il business legato all’aspetto di intrattenimento e svago che vede protagonista il cavallo nelle corse, nei palii, e nell’attività dell’equitazione in generale, come sport sia agonistico che amatoriale.
Lo spostamento da un ambito meramente utilitaristico in cui l’animale veniva considerato solo in funzione del suo essere forza lavoro verso un contesto in cui diviene compagno di svago e di divertimenti, quindi apprezzato per le sue qualità caratteriali e affettive a prescindere da un tornaconto immediato, ha gettato le premesse per una rivalutazione di questo animale e il riconoscimento di diritti prima del tutto negati.
Il rapporto affettivo che si instaura con il proprio cavallo, la cura e la dedizione impiegata nell’accudirlo, l’intesa raggiunta nell’amicizia uomo - animale hanno fatto sì che sempre più persone cominciassero a considerarlo, al pari del cane e del gatto, un animale d’affezione e volessero vederlo riconosciuto ufficialmente come tale.
Gli animali d’affezione sono, come noto, gli animali da compagnia, cioè quelli che per una serie di circostanze sono entrati nelle nostre case o comunque nel contesto famigliare, divenendone parte; identificati con un nome, plasmati, adattati alla vita domestica, hanno imparato ad abituarsi al contesto casalingo e ad amare un padrone, a divenirne dipendenti e a volte anche succubi, perdendo poi, come nel caso soprattutto dei cani, ogni capacità di riadattarsi ad un contesto selvatico. Animali ‘umanizzati’ dunque.
Ma in base a quali criteri? E perché quella specie e non le altre? La motivazione è tutt’altro che razionale, o meglio si può dire che non c’è, risiedendo tutta la questione, molto banalmente, in una maggior conoscenza che abbiamo di un animale rispetto ad un altro (in seguito al suo ingresso in ambito domestico) e quindi una maggior consapevolezza del suo “essere”: un essere “vivente” e “senziente” ossia che vive e che sente.
Per esempio il cane e il gatto, animali da tempo definiti “da affezione”, vengono considerati portatori di diritti, quale quello di non essere malmenati, affamati, torturati o uccisi, perchè la loro stretta vicinanza con l’uomo fin da tempi lontani ce li ha resi familiari permettendoci di osservarne da vicino le espressioni, le reazioni, gli stati d’animo e comprendere quindi la loro sorprendente somiglianza con l’essere umano: quanto temano il dolore, quanto amino giocare, essere liberi, socializzare. Di qui l’orrore che ci suscita il vederli vittime di soprusi, e la volontà di tutelarli. Ma gli altri animali? Anche loro hanno un sistema nervoso che li rende capaci di soffrire e gioire, hanno emozioni, paure, desideri. Possibile che l’uomo abbia bisogno di adottare un maialino o una mucca, accarezzarli e guardarli negli occhi da vicino per comprendere quanto, anche loro, siano terrorizzati dalla morte atroce che ogni giorno gli facciamo fare per metterceli nel piatto?
Il cavallo tuttavia, sebbene non sarà mai sotto il nostro tavolo mentre mangiamo o sul divano a farsi coccolare forse ha delle buone speranze, pare, per entrare nella rosa dei pochissimi privilegiati che si chiamano appunto ‘animali d’ affezione’. La strada non è certo facile, tuttavia è un dato di fatto che il cavallo - anche sull’onda di recenti fatti di cronaca che hanno riportato di numerosi incidenti durante i palii estivi accendendo un vivo dibattito sul benessere degli animali utilizzati - è sempre più spesso oggetto di discussione in relazione al suo stato di sfruttamento nella nostra società. Il dibattito si è focalizzato su due questioni in particolare: l’utilizzo del cavallo nei palii (dal rinomatissimo palio di Siena a quello di Asti o di Ferrara, oltre a molti altri minori) e nelle tipiche carrozze turistiche presenti nelle città d’arte (Roma, Firenze e Palermo).
A tal proposito il Sottosegretario alla Salute Francesca Martini ha firmato il 20 luglio scorso un’ordinanza "sulla disciplina di manifestazioni popolari pubbliche o private nelle quali vengono impiegati equidi, al di fuori degli impianti e dei percorsi ufficialmente autorizzati". Tutto nasce «sulla scia di sangue di questi anni, in cui abbiamo assistito a decessi di fantini, l'ultimo è di questi giorni a Sedilo (Oristano), ma anche a cavalli abbattuti o con danni permanenti, per non parlare dei rischi per l'incolumità degli spettatori», ha sottolineato la Martini; l’ordinanza prevede che tutte le iniziative popolari in cui vengono impiegati cavalli debbano essere autorizzate da una relazione tecnica del comitato organizzatore e previo parere favorevole di una commissione comunale o provinciale, affiancata da un veterinario dell'Asl territoriale competente. In particolare, per ottenere il via libera, saranno controllati il fondo delle piste o dei campi dove si svolge la manifestazione, il percorso, che dovrà essere protetto da paratie, e il tracciato, che dovrà garantire la sicurezza dei fantini e dei cavalli.
Ma a sollevare maggiori polemiche è stato senz’altro il divieto di utilizzo del frustino, poi corretto un divieto di uso «improprio o eccessivo tale da provocare sofferenza all'animale». L’ordinanza ribadisce infine il divieto, già in vigore da anni, di utilizzo di sostanze dopanti per i cavalli, e introduce quello di non far gareggiare animali sotto i quattro anni di età; limitazioni anche per la categoria dei fantini che non dovranno essere stati condannati per maltrattamento o uccisione di animali, né essere ubriachi durante la corsa o risultare positivi all’antidoping. Un’ordinanza questa che va a colmare un grave vuoto normativo e che ha avuto la piena approvazione di tutte le associazioni animaliste.
Sia a Roma che a Firenze le associazioni animaliste (vedi www.oipaitalia.com
– campagna ‘botticelle’) si sono mobilitate per chiedere il bando all’utilizzo di animali per le carrozze turistiche e fin da ora condizioni più dignitose per questi animali costretti a lavorare anche d’estate sotto il sole cocente, trainando carichi fino a 800 kg, a volte persino al trotto.
Quindi sono diversi i fronti sui quali i cavalli vengono strenuamente difesi da chi ritiene che meriterebbero maggior rispetto.
Per la richiesta di riconoscimento di status di animale d’affezione in Italia già da tempo sono in corso petizioni e iniziative di cui l’ultima promossa dalla F.I.S.E. (Federazione Italiana Sport Equestri). L'obiettivo va ben oltre la richiesta di restrizioni nell’utilizzo di questo animale per corse, palii e circhi puntando prima di tutto sul divieto di macellazione dei cavalli, quindi di commercializzazione della loro carne e dei pellami.
Sempre nella stessa direzione il disegno di legge presentato in parlamento dalla LAV sotto l'egida dell'Ass. Parlamentare "Amici del Cavallo" guidata dal Sen. Antonio Tomassini, il cui obiettivo è diffondere la cultura del rispetto di questi animali che passa inevitabilmente, e prima di tutto, attraverso il rifiuto di cibarsi delle loro carni!
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