La Danimarca organizza e finanzia i propri sistemi di sicurezza sociale, il servizio sanitario ed il sistema educativo secondo il principio che tutti i cittadini debbano poter beneficiare dell’aiuto dello stato indipendentemente dalla loro condizione.
La Danimarca, però, è anche il Paese dove ogni anno si consuma una delle più efferate, crudeli, raccapriccianti ed inumane mattanze di delfini balena. Nelle Isole Far Oer, che però va detto, sostanzialmente si autogovernano, la popolazione tutta partecipa, come fosse una grande festa, ad un barbaro rito di iniziazione per i giovani del luogo i quali, per dimostrare di essere diventati adulti, si accaniscono contro centinaia e centinaia di delfini balena indotti a spiaggiarsi per poi essere orrendamente colpiti con roncole, fiocine e punte contundenti di ogni genere. Il mare si trasforma in una grande cloaca a cielo aperto color rosso vivo, mentre si vedono i corpi degli animali ammassati sulla battigia orrendamente mutilati e squarciati e sulla spiaggia i popolani che strepitano e strillano per l’entusiasmo.
Le bestie vengono poi arpionate, tirate fuori dall’acqua e lasciate agonizzare. Una parte, di una mattanza che annualmente conta 2000 capi abbattuti, verrà destinata al consumo, ma la maggior parte marcisce ed è ributtata in mare.
Questo ha poco a che vedere con la dimostrazione di essere adulti, ma ha molto a che vedere con la dimostrazione di quanto l’individuo possa essere barbaro.
Il caso delle Isole Far Oer, credo, non è così conosciuto come la feroce caccia alle balene condotta dal Giappone, il massacro delle foche in Canada, la Corrida in Spagna, eppure non ha nulla di diverso da quelle pratiche. Lo stesso rituale, dell’uomo che con supponenza ed arroganza si contrappone alla bestia nella convinzione di una superiorità che lo renderebbe arbitro e padrone di quelle vite.
La faccenda ha sollevato un’alta ondata di indignazione, anche perché le immagini parlano da sole ed ogni parola è superflua, ma c’è tuttavia una sacca di resistenza che, a parziale giustificazione della mattanza, ritiene che gli abitanti delle isole prendano particolari precauzioni per ridurre le sofferenze dei cetacei, seguendo un regolamento in cui si vieta l’uso di arpioni e fiocine ed in cui si illustra chiaramente la procedura per uccidere gli animali.
Sembra di rivedere certe scene, quando i tonni venivano spinti nella cosiddetta “camera della morte” dalle barche per essere colpiti con il raffio ed issati sul ponte. Ma almeno allora vi era una razionalità tutta racchiusa nel motto dei pescatori, che pescando ed uccidendo cantavano: “ […]questa morte che vi diamo, ci serve per il pane che mangiamo […] ”.
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Oltre alla caccia alle balene condotta dal Giappone, al massacro delle foche in Canada, alla Corrida in Spagna, sarebbe il caso di denunciare apertamente la prigionia e le torture inflitte agli animali rinchiusi negli allevamenti intensivi e poi massacrati nei macelli.
Anche allevamenti intensivi e macelli testimoniano quotidianamente la supponenza e arroganza dell'uomo, che si contrappone all'altro animale (non bestia, altro animale!) nella convinzione di una superiorità che lo renderebbe arbitro e padrone di quelle vite.