Bestiario bellico: l’utilizzo degli animali in operazioni di guerra

L’impiego degli animali in operazioni belliche è una pratica che data molto indietro nel tempo. Da Annibale ad oggi all’uomo non è bastato farsi la guerra da sé, perché qualcuno sarebbe pur dovuto morire al posto suo. Questa è una panoramica sugli animali in mimetica.

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di Romina Arena

cane guerra mine esplosivi
Scovare mine antiuomo e anticarro è prerogativa dei cosiddetti Mine Detection Dog, cani esperti ad annusare esplosivi
Da quando Annibale scese con i suoi elefanti per creare meraviglia e spargere il panico tra le truppe romane o questi ultimi mandarono maiali coperti di pece e dati alle fiamme contro i cartaginesi, gli animali hanno sempre avuto un ruolo cruciale nelle strategie militari. Cani, gatti, scimmie, uccelli, delfini, topi, api, cammelli, otarie, pipistrelli, galli: un esercito-fattoria arruolato per compiere vere e proprie missioni di guerra o a ripararne gli errori, nelle migliori delle ipotesi.

La rilevazione delle mine antiuomo e anticarro è il caso più noto dell’impiego di animali, segnatamente i cani, in operazioni militari, ma il bestiario bellico di cui gli eserciti si dotano è molto più ampio e pianta radici ben profonde nella storia militare.

Scovare mine antiuomo e anticarro è prerogativa dei cosiddetti Mine Detection Dog, cani esperti ad annusare esplosivi, ma da anni la frontiera di questo settore si è spinta oltre, dotandosi di altre due specie: i topi e le api.

Nel 1997, i ricercatori del progetto Apopo, finanziato con i fondi della cooperazione allo sviluppo belga, hanno scoperto l’infallibile fiuto dei criceti gambiani, la razza più grossa di topo esistente che arriva fino al kilo di peso, ed ha pensato di utilizzarli per le delicate attività di sminamento del territorio africano. Da allora i ricercatori belgi hanno effettuato esperimenti e training sul campo per mettere alla prova l'abilità dei topi, insegnando loro ad associare l'odore delle banane e delle noccioline, i loro cibi preferiti, a quello dell'esplosivo.

Gli animali perlustrano le aree sospette e raschiano il terreno per segnalare la presenza di ordigni. Ogni volta che individuano una mina, vengono ricompensati dall'addestratore con cibo e carezze. Nel 2004 hanno superato i primi test sul campo: in Mozambico, lungo una ferrovia minata nel corso della guerra civile, ognuno dei tre piccoli componenti della squadra-pilota ha scovato venti mine. A seguito della buona riuscita dell’esperimento le autorità mozambicane hanno ingaggiato le bestiole dell'Apopo per effettuare delle operazioni di bonifica su larga scala.

topi antimine olfatto
L’utilizzo dei topi ha dei vantaggi per via dell’olfatto molto sensibile e del peso degli animali. Sono, infatti, molto leggeri e riescono a calpestare il terreno minato senza innescare esplosioni
Anche l’esercito colombiano ha arruolato topi anti-mine: nel 2007 il Ministero della Difesa ha investito nell’operazione circa 52.000 dollari. L’utilizzo dei topi ha dei vantaggi per via dell’olfatto molto sensibile e del peso degli animali. Sono, infatti, molto leggeri e riescono a calpestare il terreno minato senza innescare esplosioni, riducendo il rischio di saltare in aria, come può invece capitare ai cani, che sono più pesanti. Una volta scoperto l'esplosivo, i topi si mettono in posizione eretta sulle zampette posteriori oppure piantano il muso sul terreno, permettendo l'intervento delle squadre di disattivazione.

La possibilità di utilizzare le api per la rilevazione delle mine è stata, invece, scoperta nel 2004. Quell’anno Jerry Bromenshenk, dell'Università del Montana, ha scoperto di poter addestrare questi insetti utilizzando gli stessi principi dell' ammaestramento di cani e topi anti-mine. Le api, indotte ad associare l’odore dell’esplosivo al polline, sciamano nelle aree in cui percepiscono la presenza di TnT, il trinitrotoluene presente negli ordigni, avendo dalla loro parte, come per i topi, il fattore leggerezza, che impedirebbe di innescare il meccanismo di detonazione. Seguendo i loro spostamenti è quindi possibile tracciare una mappa delle zone contaminate.

Allo stesso risultato, nel 2007, è approdato un gruppo di ricerca guidato dal Professor Nikola Kezic dell’Università di Zagabria, in Croazia, dove la guerra dei Balcani tra il 1991 e il 1995, ha lasciato in eredità un Paese disseminato di mine.

Questo per quanto riguarda le mine terrestri, perché per quelle gettate in mare la questione è diversa e la storia prende tutta un’altra piega. Una piega che parte da molto lontano perché quando si parla di operazioni in mare non si fa riferimento solo all’intercettazione di ordigni, ma a vere e proprie operazioni di guerra.

La Marina militare Usa, ad esempio, già da tempo ha arruolato delfini ed otarie. I primi sono stati utilizzati già a partire dalla prima guerra del Golfo, nel 1991, mentre le otarie sono state utilizzate per la prima volta durante le operazioni della guerra in Iraq.

delfini guerra esplosivi
Ai delfini, durante la prima guerra del Golfo, i militari montarono sul muso di questi cetacei ordigni esplosivi, mandandoli a schiantarsi contro il nemico
Ai delfini, però, non è andata bene come potrebbe andare bene ai topi gambiani o alle api: durante la prima guerra del Golfo, infatti, i militari montarono sul muso di questi cetacei ordigni esplosivi, mandandoli a schiantarsi contro il nemico. La pratica trovò la forte opposizione delle associazioni animaliste che insorsero contro la Us Navy, costringendola a fare un passo indietro.

Non era la prima volta, in verità, che gli Stati Uniti ricorressero ai war-dolph, come vengono chiamati i delfini kamikaze, perché il loro utilizzo era già noto durante la guerra del Vietnam. In quegli anni, in cui dominava la contrapposizione USA-URSS, esistevano veri e propri programmi top secret per l’addestramento di animali per operazioni militari ad alto rischio.

Anche l'Unione Sovietica, infatti, durante la Guerra fredda ha dotato le Forze Speciali di una delle divisioni di cetacei (delfini e beluga bianchi) più famosa e disponeva di ben cinque centri di ricerca il più importante dei quali, creato nel 1966, era presso la base di Bukhta Kazachya, vicino Sevastopol. Tra i diversi incarichi, i delfini erano addestrati per servizi di guardia. Due sezioni di delfini, che operavano su turni di dodici ore, erano impiegati per controllare l'accesso alle basi più importanti.

otarie guerra esplosivi
Accanto ai delfini, a svolgere azioni subacquee sono state impiegate anche le otarie. In grado di raggiungere i 300 metri di profondità e di camminare sul fondale marino
Se il delfino scopriva un intruso era addestrato a premere col muso un pulsante di allarme. I ventisette esemplari rimasti nella base militare russa, nel 2000 sono stati venduti all'Iran e trasferiti nel Golfo Persico per sorvegliare le acque dello stretto di Hormuz, zona strategica nella quale anche gli Usa impiegarono cinque delfini anti-mine subacquee durante la guerra del Golfo. Questi animali sarebbero capaci di distinguere il rumore dei sottomarini, di individuare missili dispersi sui fondali, di attaccare cariche esplosive sulla chiglia delle navi e ingaggiare combattimenti corpo a corpo con sommozzatori nemici grazie ad arpioni piazzati sulla schiena.

Accanto ai delfini, a svolgere azioni subacquee sono state impiegate anche le otarie. In grado di raggiungere i 300 metri di profondità e di camminare sul fondale marino, per quanto non vengano scagliate come missili umani contro obiettivi nemici, allo stesso modo, secondo la Lav, le otarie subiscono un trattamento poco consono alle loro esigenze. Ricordiamo il caso dei leoni marini sbarcati all’isola d’Elba nell’ottobre del 2009, per seguire un particolare programma di addestramento. I Tg riportavano la notizia come un evento sensazionale capace di catalizzare l’interesse ed il divertimento di molti, ma non sottolineò il disappunto delle associazioni animaliste. Secondo Michela Kuan, biologa della Lav: “Le otarie subiscono un addestramento severo, lontano dalle loro esigenze comportamentali e fisiche. Soprattutto, non sono in grado di capire lo scopo di ciò che fanno né di valutarne i rischi che, in caso di ricerca di esplosivi, sono elevati”.

cani esercito guerra
Come se non bastassero gli uomini a fare le guerre, c’è anche bisogno di qualcuno che faccia il lavoro sporco: i polli a morire asfissiati dai gas venefici, i cani a farsi esplodere sotto i tank nemici...
L’incarico è di scovare gli ordigni ed agganciarli con un apposito uncino per favorirne il recupero, ma nulla garantisce che questo tipo di attività sia senza rischi per l’animale. Inoltre, la sua libertà di movimento è fortemente limitata. In mare aperto, infatti, per impedirne la fuga o la deviazione verso qualcosa che ne attiri l’attenzione, l’animale viene equipaggiato con un particolare zainetto, contenente un interruttore a tempo ed una bombola di gas che si attiva dopo un determinato periodo di tempo facendo gonfiare un palloncino che lo riporterà in superficie.

Come se non bastassero gli uomini a fare le guerre, c’è anche bisogno di qualcuno che faccia il lavoro sporco: i polli a morire asfissiati dai gas venefici, i cani a farsi esplodere sotto i tank nemici, i gatti a saltare per aria in mezzo ai campi minati, i pipistrelli incendiari. Un crudele sfruttamento in mimetica, un inutile sacrificio in nome dell’economia perché esistono già altri mezzi per l’individuazione delle mine e per rintracciare la presenza di sostanze chimiche e batteriologiche nell’aria, ma un animale da soffocare e fare esplodere costa infinitamente meno della tecnologia.

28 Febbraio 2010 - Scrivi un commento
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