Non solo ecopass: a Milano arriva il bikesharing

Se ne parla da tempo, finalmente è al via: un progetto per la mobilità sostenibile già attivo in varie città europee. Ma resta il problema della mancanza di piste ciclabili. E intanto a Brescia e a Roma…

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di Miriam Giudici


Bikesharing a Barcellona
Bike sharing anche a Milano: il progetto per le bici in condivisione, già una realtà in tante città europee, stava diventando quasi una leggenda metropolitana, dopo mesi di annunci e smentite e un primo bando di concorso andato deserto. Ma ora si è quasi… in sella: in piazza Duomo sono comparse le prime rastrelliere per le biciclette pubbliche di Milano, costruite dalla società appaltatrice Clear Channel, che già gestisce il servizio di bikesharing a Barcellona.

Queste prime stazioni sono solo un assaggio: a settembre dovrebbero esserne operative 103, dislocate entro la cerchia dei bastioni, con 1.200 biciclette. Che, se la prima fase di sperimentazione andrà bene, aumenteranno.

L’assegnazione dell’appalto e la comparsa delle prime rastrelliere sono ottimi segni, masul bikesharing milanese pesano ancora alcune incognite. Non tanto per lo scarso senso civico italico che rischia di far sì che, delle biciclette prelevate, ben poche vengano restituite (già tanti anni fa un tentativo della giunta Tognoli era fallito proprio per questo motivo); ma soprattutto per la constatazione che Milano, comunque, non è ancora una città a misura di bicicletta: per la cronica mancanza di piste ciclabili, per lo stato pietoso in cui spesso si trovano quelle che ci sono già, per la difficoltà di integrare il trasporto in bicicletta con i mezzi pubblici.


Bikesharing a Washington
I responsabili di Clear Channel, però, sono fiduciosi: forti dei loro successi in Europa (Barcellona, Saragozza, Oslo) e negli Usa (Washington e San Francisco), pensano che il bikesharing possa davvero cambiare le abitudini dei milanesi. Perché il servizio sembra anche innescare un fenomeno di moda ed emulazione: è stato dimostrato che, per ogni bici pubblica messa in circolazione, sulle strade ne compaiono fino a quattro private, di cittadini che un tempo avevano rinunciato alla bicicletta e poi la rispolverano – sapendo anche di fare “massa critica”, obbligando gli automobilisti al rispetto.

Ma come funziona il bike sharing? In generale, sia con Clear Channel che con JC Decaux (che gestisce con grande successo il servizio a Parigi e Lione), si tratta di sottoscrivere un abbonamento di durata variabile (quello annuale si aggira sui 30 euro); viene poi consegnata una card che permette di sbloccare una bicicletta chiusa in una qualsiasi delle rastrelliere predisposte. A questo punto, si può pedalare gratuitamente per mezz’ora, per poi lasciare la bicicletta in un’altra stazione, con la possibilità ovviamente di prelevarne un’altra e ripetere l’esperienza. Chi ritarderà nel riconsegnare la bicicletta pagherà delle quote extra (a Milano si pensa a 0,50 cent per la prima mezz’ora, 1 euro per la prima ora, 2 euro per le ore successive).

Le biciclette sono pensate appositamente per la circolazione cittadina e sono ben riconoscibili nella forma e nel colore, in modo da scoraggiare eventuali furti.


Bikesharing a Roma
All’estero l’idea ha funzionato, diffondendo abitudini virtuose fra i cittadini, rendendo le città davvero vivibili, e riscuotendo anche la soddisfazione dei turisti. Ma in Italia? Non c’è solo Milano.

Roma ha inaugurato a metà giugno i primi sei mesi di sperimentazione del servizio: si tratta per ora solo di 200 biciclette, dislocate in 19 stazioni in pieno centro – perlopiù in zone già a traffico limitato. Sugli stessi numeri si attesta un’altra città che ha creduto nel bike sharing, Brescia, con il progetto Bicimia, il cui abbonamento prevede l’integrazione anche con l’uso di parcheggi a pagamento dove lasciare l’auto prima di entrare nel centro storico.

Speriamo davvero che dopo le prime, faticose, pedalate, i progetti italiani possano iniziare a filare via agili nel traffico congestionato delle nostre città.

20 Luglio 2008 - Scrivi un commento
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