Donne alla ricerca della felicità

Carriera o famiglia? Aggressività o dolcezza? La controversa società di oggi obbliga le donne ad una dolorosa scelta che, il più delle volte, comporta il sacrificio della femminilità sull’altare delle logiche del mercato. Quest’ultimo, nuovo potente padrone, ha reso la donna moderna “libera ed emancipata” ancora una volta schiava, stavolta del sistema. Spezzare le catene, tuttavia, è ancora possibile. La decrescita felice ci spiega come riuscirci…

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di Annalisa Melis

donna
"Tante volte penso che se fossi nata uomo certi conflitti interni che mi rendono frustrata e ansiosa non li avrei"
Sarebbe stato meglio nascere maschio o femmina? Uguale, spesso mi rispondo.

Oggi, nell’Occidente industrializzato, le disparità tra uomo e donna non sono poi così tante ed io, comunque, ho la fortuna di godere di una serie di diritti che purtroppo le mie ave non avevano e le donne di altri Paesi nel mondo non hanno tuttora.

Soprattutto abitando in una grande città, anche se fossi un uomo vivrei il malessere di sentirmi la rotella di un grande ingranaggio: la società iper-produttiva e iper-consumistica che vuole consumatori al posto di persone e che cerca di stritolare al suo passaggio tutto ciò che incontra, compresi il senso critico ed il buonsenso dei cittadini.

Poi mi fermo a considerare le vite di mia nonna o di mia madre paragonate alla mia: se loro invidiano la mia (pseudo) libertà, io invidio loro per i rapporti sociali e familiari che avevano.

Tante volte penso che se fossi nata uomo certi conflitti interni che mi rendono frustrata e ansiosa non li avrei.

Cedere a quella parte di me che vuole tranquillità, benessere ed essere mite senza dominare, o a quella che necessita di esprimere la propria personalità ed avere un posto nel mondo (e che per farlo ha bisogno di imporsi con forza)?

Tentare di fare carriera nel lavoro con lo slancio aggressivo che ciò comporta o relegare la vita professionale in secondo piano per dare spazio a famiglia e casa?

Non mi va di fare una scelta simile, ma pare che non ci siano vie di mezzo: non è possibile lavorare poco ed essere realizzati e ben pagati, né lavorare tanto ed avere comunque tempo libero per il resto. Inoltre, nei più svariati campi dell’esistenza spesso o ti imponi o vieni sottomesso.

In un mondo che vede il successo solo come raggiungimento di un’alta posizione sociale e lavorativa attraverso la competizione e l’egoismo (caratteristiche maschili!è testosterone!), come coniugare la spinta all’indipendenza e all’autorealizzazione propri di ogni persona intelligente e libera, con quella tendenza alla dolcezza, alla maternità, ai rapporti basati su dialogo e collaborazione che mi porto dentro come eredità del secolare ruolo femminile nella società?

donne a lavoro
Come coniugare il desiderio di indipendenza con l'istinto materno e la femminilità?
L’istinto, quasi biologico, di avere una famiglia e di occuparsi delle persone care mal si addice all’icona della donna di successo e si sposa malissimo anche con la figura di una modesta, e un po' “sfigata”, lavoratrice urbana…

Cosa fa, infatti, una donna “cittadina” oggi? Esacerba il suo lato maschile.

Gareggia, compete, entra in guerra con la schiera di concorrenti che aspettano un lavoro e, una volta ottenuto, si fa in quattro per tenerselo, magari accettando di fare straordinari massacranti, sopportando umiliazioni o schiacciando cinicamente gli avversari nella scalata sociale.

La donna cittadina non ha tempo per sé, vive in mezzo al cemento ed è costretta ad acquistare qualsiasi bene e a demandare ad altri qualsiasi servizio sociale (compresa la cura dei bimbi di pochi mesi!) perché non sa più come e quando farlo (ma più lavora o ha successo e più ha soldi per delegare, che bello!).

Ogni lei, nella nevrosi della disumanizzazione degli abitanti di una grande città, ha paura del prossimo e non si fida di nessuno… Cosa c'è di femminile in tutto questo?

Ah no, scusate, dimenticavo il venerdì ed il sabato sera.

Le ragazze, il fine settimana, possono uscire con i propri amici (se sono riuscite in questo caos a mantenerne qualcuno) per “liberarsi dallo stress” fumando, bevendo, spendendo soldi in locali alla moda e vestendosi in modo provocante per dimostrare così la propria femminilità!

E consumare, consumare... anche il sesso.

Un’adulta, invece, nel tempo libero può accompagnare i figli ai vari corsi di piscina, danza, inglese, karate, calcio, pallavolo oppure fare shopping, andare dalla parrucchiera, dall’estetista… tutta qui la femminilità.

Ancora una volta consumare, consumare, consumare.

Per un’anziana, poi, non c'è proprio verso. In pensione, prende una miseria; ha tempo, ma non serve più a questa società e se non ha dei parenti particolarmente caritatevoli, ciò che l'aspetta è la solitudine e spesso la povertà.

manifesto femminismo
Cosa fa una donna “cittadina” oggi? Esacerba il suo lato maschile
Mentre io vivo questa situazione come fonte di enormi conflitti interiori, qualcun’altra invece è felice della propria vita.

Tuttavia, il risultato di una società dove la donna ha guadagnato tanti diritti ma ha perso la possibilità (e a volte anche la volontà) di esprimere il proprio essere femminile, è un mondo solo maschile, duro, incompleto e che, anche per questo motivo, non può produrre individui sani. Basta accendere la televisione per rendersi conto della deriva culturale e sociale dell’ "Occidente": dalla degenerazione degli adolescenti, alla donna-oggetto proposta, fino alla gestione pazza e criminale della Terra e dei suoi abitanti da parte dell’elite maschile al potere.

Quando ho letto il libro di Maurizio Pallante, La decrescita felice, ho potuto con commozione trovare i miei stessi dubbi e pensieri nel capitolo in cui parla di donne e famiglie urbane.

Cosa c'entra la decrescita? C’entra parecchio! “Decrescere” vuol dire rallentare, consumare di meno, vivere di più, dedicarsi a ciò che si ama, ritrovare la convivialità nei rapporti con gli altri.

Non possiamo più permetterci di continuare nella corsa sfrenata ad una crescita che non abbiamo idea di dove voglia arrivare. Le risorse non sono illimitate: dobbiamo capirlo e farne un uso più sobrio. Il bello, però, è che così facendo recupereremmo di nuovo degli spazi per noi! Spazi per fare e per pensare.

Tutto ciò non vuol dire riproporre schemi del passato, ma recuperare ciò che di buono abbiamo voluto abbandonare in nome di una innovazione totale.

Tra le vittime del progresso vi è, ad esempio, la famiglia allargata.

Questa è morta con le industrie ed il capitalismo che, avendo bisogno di sempre più braccia a buon mercato per produrre, hanno sfruttato la voglia delle donne di uscire dal controllo di un padre o marito “padrone” per dar loro un posto nel grande mondo del lavoro.

Eccole così risucchiate nel girone infernale dei lunghi orari lavorativi, catapultate in città brulicanti di sconosciuti e strappate via al lavoro nei campi e alla loro vita domestica fatta in una grande casa condivisa con la famiglia allargata.

famiglia allargata
Tra le vittime della società della crescita sfrenata vi è la famiglia allargata
Eppure questo modello familiare aveva una sua funzionalità ed economia.

Gli anziani si occupavano di varie cose tra cui la cura dei bambini mentre i genitori adulti erano occupati in altre attività. In passato quelli che oggi vengono chiamati “vecchi” erano considerati, data la lunga esperienza di vita, saggi consiglieri e la preziosa memoria della famiglia. Adesso li rinchiudiamo in ospizi o li abbandoniamo alla povertà solitaria.

I bambini, dopo la scuola, vivevano nel loro nucleo familiare e non venivano parcheggiati per la gran parte della giornata in asili o affidati a baby-sitter.

Perché adesso dobbiamo lavorare, lavorare e ancora lavorare per pagare l'ospizio, l'infermiere, l'asilo, la baby-sitter? Che senso ha?

Prima ci si prendeva cura uno dell'altro, a turno, in un ciclo del tutto naturale.

C'e' chi giustamente controbatte che una famiglia allargata comportava una gestione patriarcale dell'esistenza, con tutte le restrizioni che ne derivano soprattutto alle donne. Queste, oggi, possono avere una cultura e un loro stipendio per non dover più dipendere dagli uomini della famiglia: ciò è senza dubbio un traguardo importantissimo.

Sì, è vero, Non c'è più il padre-padrone, ma pensateci bene. C'è la dipendenza totale da un padrone diverso: il mercato. È questo a decidere quanto vali, quanto puoi guadagnare, comprare e lavorare per pagare cose che prima facevi da sola o tramite la tua famiglia allargata o ancora attraverso la cerchia femminile di solidarietà e mutuo aiuto che esisteva.

Ma davvero questa è libertà? Non avere nessuno che ti aiuta o ti consiglia nelle faccende domestiche e nell'allevamento dei figli? Essere costretta ad abbandonare i bambini in un asilo nido a pagamento con sconosciuti quando hanno appena sei mesi? Rubare solo minuscoli ritagli di tempo per dedicarli a ciò che realmente ami? Dover fare un lavoro spiacevole e competitivo per campare? Davvero la gestione allargata di una casa, di un giardino, della famiglia, era così male?

La chiusura degli individui in singole casette isolate da tutto il resto non può essere considerato un miglioramento rispetto al passato.

Si può provare a pensare a modi alternativi e meno soffocanti di vivere con gli altri per aiutarsi; se tutti lavoriamo un po' di meno possiamo avere tempo per autoprodurre molte cose che ci servono e farle con gioia insieme e per i nostri simili!

Non avremmo più bisogno di vendere tutto il nostro tempo ad aziende e multinazionali e quindi basterebbero meno soldi.

donne
La vera libertà le donne l'avranno solo quando riusciranno ad esprimere la propria femminilità senza per questo dover assomigliare agli uomini
Il tessuto sociale, tanto prezioso da sempre per tutti e soprattutto per le donne e i bambini, e' stato completamente smantellato ed in cambio abbiamo avuto un contentino di finta indipendenza (dipendiamo dal mercato!) e di beni materiali per la maggior parte inutili e inquinanti.

E c’è un’altra cosa terribile che è stata fatta alle donne: convincerle che per avere posto nella società debbano dimostrare di essere brave quanto gli uomini e così diventare simili a loro, senza dare nessun riconoscimento alle loro specificità intrinseche. L’alternativa è quella di rinunciare all’ autorealizzazione o all’ indipendenza.

La vera libertà le donne l'avranno solo quando riusciranno ad esprimere la propria femminilità senza per questo dover assomigliare agli uomini; quando avranno modo di dedicarsi ai loro figli, alle persone care, ai loro interessi e attività senza per questo dipendere ed essere ricattate da nessuno; quando potranno esprimere se stesse nella loro vera natura, sostenute da una comunità solidale di donne e uomini che comprende l'importanza del compito sublime che madre natura ha dato loro e delle bellissime qualità connesse con l’essere donna.

Sono convinta che sia l’unione di individui diversi a fare la forza, e non l’omologazione di essi.

Allora perché non iniziamo noi, singoli individui sperduti, a costruirci il nostro tessuto sociale, la nostra famiglia allargata (riveduta e corretta!)? Con parenti, amici, vicini di casa? Spezziamo questa solitudine e proviamo a fare qualcosa per gli altri e ad accettare ciò che ci daranno in dono.

Costituiamo dei Gas, mettiamo a disposizione il nostro tempo libero per prenderci cura di nonni, bambini, orti, cibo, fonti energetiche e qualsiasi altra cosa sappiamo ancora fare o impareremo a fare!

Avremmo tutti meno bisogno di acquistare molte cose e potremmo lavorare sempre di meno ed ecco così che ritroveremmo il tempo per vivere che ci e' stato sottratto… e forse anche una nuova dignità!

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12 Agosto 2009 - Scrivi un commento
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16 lettori hanno commentato questo articolo:
2/6/09 07:12, stregatta ha scritto:
cara annalisa, la tua proposta di organizzazione sociale del lavoro è molto condivisibile. del resto sono anni che le donne cercano di spiegare al mondo che "il mercato regolato dal denaro è solo mezzo mercato" (http://www.libreriadelledonne.it/news/articoli/sottosopra96.htm#ionoiloro)..
tuttavia personalmente non condivido il tuo modo di articolare il discorso. impostare la questione del femminile all'interno di sterili binomi (carriera/famiglia, dolcezza/aggressività) e ridurre la femmnilità a qualcosa di dato, di biologico, che ha a che fare con la cura, la tranquillità e la maternità (e l'egoismo maschile al testosterone!) mi sembra eccessivamente ingenuo. lo trovo preoccupante tanto più se detto da una donna, e una donna del 2009. se veramente sei per la valorizzazione delle diversità, devi anche capire che non tutte le diversità sono preesistenti alle relazioni, scritte da qualche parte nel codice genetico, determinate "per natura". per cambiare il sistema culturale dovremmo spostare l'attenzione proprio sulle relazioni e sul loro potenziale creativo, piuttosto che continuare a ragionare per identità. la "femmina" che cura e il "maschio" che lotta sono manufatti costruiti storicamente. e non credo che decrescere significhi riadottarli come modelli. meglio sarebbe aprire gli occhi ed essere abbastnza responsabili da vedere i cambiamenti in atto. fuori dagli stereotipi che descrivi c'è una varietà di forme inascoltate. e non credo che per criticare i nuovi stereotipi sia sufficiente, né necessario, tornare ai vecchi.
1/6/09 11:27, annalisa ha scritto:
Ringrazio tutti i commenti.
E' molto bello e arricchente avere le vostre riflessioni su un tema che evidentemente mi sta molto a cuore.
Tuttavia, non gradisco che mi vengano messe in bocca parole che non ho detto, perchè non penso.
Invito qualcuno a rileggere attentamente l'articolo senza dare interpretazioni arbitrarie.
Alcune qualità possono essere patrimonio di entrambi i sessi; tuttavia, alcune sono più spiccatamente femminili o maschili statisticamente come molti test dimostrano, dai primi GIORNI di vita dei neonati, quindi senza influenze culturali.Esiste una letteratura a riguardo, chissà perchè antipatica sia a maschilisti che femministi. Che c'è di male nell'accettare le differenze?per me sono una ricchezza.
Sarebbe auspicabile che gli individui potessero avere la libertà di scegliere rispetto alle loro inclinazioni di cosa occuparsi e che vita fare; al momento chi sceglie di occuparsi di mansioni tradizionalmente femminili si vede svalutato e in condizioni economiche disastrose. Perchè?

Penso sappiamo tutti che c'è chi non sa che farsene del miracolo della maternità, sono scelte personali che rispetto e non penso in alcun modo di aver detto che non siano giuste; ma chi invece SA cosa farsene e vorrebbe esercitare questo diritto a volte non può o è costretto a farlo in cattive condizioni. Va protetto e supportatoinvece.
La decrescita felice è un paradigma alternativo di vita che mette il rispetto per le persone, per gli esseri viventi (e non) e la gioia di vivere in primo piano. Ecco perchè ritengo sia una delle soluzioni più valide a situazioni conflittuali che ci attanagliano nella società pseudo-egualitaria in cui viviamo.
n.b. stessa sorte di molte donne hanno, in parte anche maggiore, tutti quegli individui che per un qualsiasi motivo non rispecchiano i valori o i parametri che la cultura dominante impone.
1/6/09 10:41, Schiena ha scritto:
Pazzesco leggere queste cose..."le qualità femminili" e quelle "maschili" come dato biologico!!! A prescindere da una diversa conformazione anatomica, la femminilità e la mascolinità sono un risultato della cultura in cui viviamo, dal momento che il bambino, nei primi anni di vita, non ha inclinazioni particolari verso questo o quel comportamento a meno che qualcuno non glielo inculchi nel cervello.
La cosa più triste è quando sono le donne stesse a scrivere queste cose. Una donna ambiziosa non è un uomo, è una donna ambiziosa, così come un uomo dolce e premuroso è una persona con quelle caratteristiche, non una "femminuccia" col suo bagaglio di disprezzo.
Ah, un'altra cosa: capita che ci siano donne che non sanno cosa farsene del "miracolo della maternità"!! pensate che folli, a loro pare di essere decisamente felici così come sono, e non per arrivismo, o per mancanza di opportunità o qualsiasi altra "incapacità". Chissà cosa spaventa tanto in una persona serena e felice della propria esistenza, che spinge le altre persone - quelle che solitamente si sentono così altruiste solo perchè decidono di avere dei bambini, senza nemmeno chiedersi se sono in grado, se hanno le qualità morali e intellettuali per crescere individui sani e felici (e poi spiegatemi cosa c'è di altruista nel procreare, dato che a me sembra il massimo dell'egoismo) - a inveire o dileggiare chi non ha e nemmeno si sogna di avere figli? Io credo sia esattamente quello che sembra, cioè invidia e bisogno di affermare la propria scelta - che evidentemente non è così salda, altrimenti non avrebbe bisogno di questo atteggiamento di sopraffazione verso chi la pensa diversamente. In ogni caso, tornando alla decrescita, questa non c'entra nulla con il ritorno delle donne all'Angelo del focolare, anzi proprio l'opposto: basterebbero persone che reciprocamente si prendono carico delle responsabilità di una eventuale vita in comune, critiche verso se stesse e aperte al dialogo costruttivo con gli altri, alla solidarietà. Donne e uomini svincolati da ruoli costrittivi e assurdi... ma purtroppo molti, per paura di perdersi, continuano a girare nella loro gabbia di false sicurezze ignari di quanta libertà assaporerebbero al di fuori delle loro prigioni mentali. peccato.
30/5/09 18:19, flora ha scritto:
Non mi sembrava intenzione di Annalisa sollevare un dibattito su maschilismo e ruoli di uomo e donna; mi sembrava si volesse portare l'attenzione su come nella società attuale alcune qualità maschili abbiano preso piega tanto da convincere le donne stesse che fare una vita uguale a quella di un uomo sia la massima aspirazione ed equivalga all'emancipazione.
Equità morale e sociale, pari diritti, non significa omologazione. Chi sostiene che uomo e donna siano uguali è più maschilista degli altri. La loro diversità è una realtà biologica e non un'opinione.
Per il momento nessun uomo, anche il più volenteroso e collaborativo (e per fortuna ce ne sono tanti come è giusto che sia), può portare avanti una gravidanza, partorire o allattare. Questo significa che in una società equa chi lo fa per tutti e due dovrebbe avere qualche diritto in più, non per gentile concessione ma per necessità.
TEMPO quindi..perchè la giornata non dura 48ore ma 24 ed essere tutto non è possibile.
28/5/09 15:51, Virginia ha scritto:
Ho l'impressione che Ted Marciano abbia una visione molto limitata delle donne e maschilista della società.
Nessuno si senta offeso...
27/5/09 07:16, lolle ha scritto:
Ted Marciano,

una donna che vuole realizzarsi professionalmente ed avere anche una vita sociale al di fuori delle mura domestiche, il che non significa fare la “velina” (come evidentemente tu credi che sia), può essere al contempo una buona madre, una buona massaia, una buona moglie e una buona figlia.

Purtroppo, la nostra retrograda e maschilista società, non riesce ancora ad accettare che tra uomo e donna ci sia - o meglio dovrebbe esserci - equità morale e sociale. Ribadisco, alla famiglia, ai figli, ai genitori anziani e alla casa ci si deve pensare in due, non è compito esclusivo di donna!

Se gli uomini partecipassero anche alla vita domestica (in egual misura della donna), non esisterebbero alcune conflittualità tra uomini e donne, e vivremmo in una società migliore, sana ed equa. Ma questa è fantascienza!!
26/5/09 04:16, Ted Marciano ha scritto:
Per ottenere cio' cui aspira occorre grande sacrificio.
La nostra famiglia e' organizzata come le famiglie di una volta.
Viviamo in citta', in un appartamento di medie dimensioni, io, mia moglie e la nostra bambina.
In casa con noi risiede mia madre (fino a poco tempo fa anche il papa', purtroppo prematuramente scomparso).
Si divide lo spazio e le esigenze, nel rispetto reciproco.
Si dividono spese ed impegni, con grande sollievo per cuore e portafoglio.
Mia moglie puo' lavorare solo mezza giornata, dedicando grande spazio alla famiglia per il resto della giornata.
Detta cosi' sembra una passeggiata, ma questo stile di vita, ormai desueto, richiede grande sacrificio e spirito di adattamento.
Si capisce che se poi la donna, invece di fare la mamma vuole fare la diva del palcoscenico e continuare a frequentare a tempo pieno palestre, aperitivi, discoteche e mondanita' assortita, beh...era meglio che ci pensasse un po' prima di fare dei figli, dato che un certo stile di vita, a mio parere, e' assolutamente incompatibile con lo status di mamma.
Che in una situazione come la nostra diventa il fulcro attorno cui gravita tutto il resto, rendendo grande soddisfazione alla condizione di mamma, a scapito di qualche inutile frizzo o lazzo di cui abbiamo, peraltro, abusato negli anni precedenti.
Non si senta offeso nessuno, ma penso di capire che la donna (e non da meno i maschietti), oggi, pensa di poterla fare franca, facendo la mamma, mantenendo il giusto grado di femminilita' e continuando a rincorrere il mito televisivo dell'arrembante donna in carriera, che la vede protagonista delle migliori performance hollywodiane, alla guida di potenti fuoristrada, con tre figli sul sedile posteriore, due su quello anteriore e il piu' piccolo in braccio, mentre corre al lavoro, dialogando telefonicamente con avvocato, giardiniere e compagni con il complesso di Edipo.
Sfruttate questa crisi, donne.
E tornate a fare cio' che vi spetta di diritto.
Il capofamiglia.
23/5/09 11:30, Elena ha scritto:
sono d'accordo con Virginia . Una famiglia si costituisce in due ed in due si fanno i figli ; dei figli si devono occupare madri e padri . Quindi se c'è collaborazione fra padre e madre ,si può lavorare entrambi per quello che serve . Oggi mi sembra un falso problema parlare di decrescita ,in una società ove i figli non si fanno più o si fanno tardi perchè madri e padri di lavoro stabile e sicuro non ne trovano ,passando da un lavoro precario all'altro . Questo richiamo alla famiglia patriarcale poi mi convince molto poco ,l'impressione è che sia un modo per far tornare le donne al lavoro di cura ,come unico destino.Meglio sarebbe potenziare i servizi sociali perchè questi davvero possono dare un sollievo alle famiglie . Invece prima si è mogli e madri ,poi quando i figli sono finalmente adulti ,si deve ridiventare figlie per occuparsi di genitori sempre più anziani ,sempre più difficili da curare e da sostenere . E ,quando questo compito è finito, ci si ritrova vecchie e stanche ,senza più forze nè stimoli . Io pur svolgendo 2 professioni in contemporanea ( una per passione e l'altra per la sussistenza )son riuscita a crescere bene 2 figli nati a 19 mesi di distanza l'un dall'altro ,grazie all'aiuto di un marito presente ed ai nidi,alla scuola materna ed al tempo pieno alle elementari . Ora sono invece molto in crisi a dover seguire 2 genitori anziani ,che ,a suo tempo, non erano disponibili a fare i nonni ,ma ora richiedono un'assistenza continua e,per la prima volta nella mia vita sto trascurando il mio ormai unico lavoro di architetto . Altro che famiglia patriarcale !!!! Vorrei un supporto vero dalla società ,anche perchè certi malati anziani ...ti sfiancano, fisicamente e psicologicamente! Provateci e poi ne riparliamo .
22/5/09 10:21, lolle ha scritto:
Vorrei innanzitutto ricordare ad alcuni commentatori, che alla famiglia ci si deve pensare in due, non è prerogativa della donna! Ancora oggi, ci sono persone convinte che alla cura (e l’educazione) dei figli, del marito, dei genitori e della casa, sia la donna l’unica destinataria.

Se solo gli uomini partecipassero un minino alle attività domestiche e familiari, le donne avrebbero più tempo da dedicare, perché no, anche a se stesse. Questo retaggio culturale della società a misura di uomo (del maschio), è talmente radicato che un cambiamento non ci sarà mai!

Non ci potrà mai essere alcuna “decrescita felice” se l’uomo continuerà a “delegare” la cura di famiglia e casa in via esclusiva alla donna. Perché in questo modo, la donna dovrà ancora una volta fare una scelta: lavorare e avere una propria indipendenza, seguire la famiglia e dipendere da qualcuno.

La formula migliore è lavorare meno, lavorare tutti…uomini e donne. Perché si deve lavorare per vivere e non vivere per lavorare!

In linea di massima, sono d’accordo con quanto scritto da Virginia.

Saluti.
21/5/09 11:54, Virginia ha scritto:
Il mio punto è che la decrescita, la ricerca di tempi e modi "altri" di vita, al di fuori del lavoro, non sono una cosa a cui aspirano o dovrebbero aspirare solo le donne. E non credo che sia giusto considerare la famiglia e i figli come una questione che riguarda solo le donne. Se i lavoro ruba tempo alla famiglia, lo ruba alla madre come al padre. Non auspicherei mai una situazione in cui il tempo eventualmente guadagnato per se stessi e sottratto al lavoro si declinasse per le donne e solo per le donne nella famiglia e solo nella famiglia. Nessuno in questi commenti ha parlato di un eventuale desiderio degli uomini di lavorare meno per dedicarsi a famiglia e figli.
Io sono estremamente favorevole alla decrescita felice e critica nei confronti della società attuale, che, come detto nel mio precedente commento, ha scambiato il fine con il mezzo. Ma il punto a mio avviso è la necessità per tutti gli esseri umani di riconquistare dei ritmi di vita più consoni alla propria natura e alle proprie esigenze. Ognuno poi sarà libero di impiegare quel tempo come vuole. Non necessariamente le donne nella famiglia e non necessariamente gli uomini in qualcosa di altro dalla famiglia. Non sono contraria ad alcunché che sia una libera scelta. Ma non calcherei la mano su ruoli che non esistono più e che forse qualcuno non sente aderenti a sé.
21/5/09 10:28, Peppe ha scritto:
Intanto complimenti per l'articolo. Sono completamente d'accordo con quello che dici..Ma soprattutto sono felice che ancor oggi esistono donne che vorrebbero pensare alla famiglia senza rinunciare alla propria indipendenza
Una indipendenza oggi raggiunta solo in parte, perche’ privata di molti valori... Spesso mi sembra di avere a che fare con un esercito di individui omologati donne-uomo … non fanno altro che correre dietro ad un successo lavorativo, senza pensare alla vera vita che gravita loro attorno: figli ,marito, genitori, amici, ecc. L'unico pensiero non è altro che guadagnare per poi nella maggior parte dei casi spendere in futilità.
Lo dico perche’ ho 32 anni e non ho fatto altro, fino ad un anno fa, che spendere il mio tempo e i miei soldi in cose inutili, come vestiti, vacanze commercializzate (sesso, bere, fumare, discoteche all'ultimo grido..) E se oggi mi trovo quà a commentare un'articolo che un tempo non avrei mai nemmeno letto, e’ perche’ mi sono reso conto della superficialita’ dei valori che ci vengono proposti e ne ho cercato di altri..
Ma tornando al tuo articolo, penso che esista ancora un profondo maschilismo (nonostante l’emancipazione delle donne in molti campi) che sfrutta la forza lavoro delle donne ma proprio come dici tu, le porta spesso a perdere una femminilita’ ricca di valori.
Spero che un giorno non troppo lontano da oggi le donne e anche gli uomini recuperino una normale dimensione di vita, che porti le persone a smettere di correre dietro alle futilità, ai programmi tv stupidi, all’immagine della donna come oggetto..e a ricercare invece dei veri valori, oggi un po’ persi come quelli familiari..ad avere una vita piu’ sobria come quella di un tempo, in cui non vi era il bisogno di 3 televisori, telefonini di ultima generazione, jeans da sballo super griffati.. Attenzione pero’ , quando dico "la vita di un tempo" non intendo dire che si debba tornare indietro come i gamberi, ma recuperare degli stili di vita che funzionavano meglio di ora.
Rallentare la corsa frenetica al successo e ai soldi, alla tecnologia, e prestare molta più attenzione alla famiglia, alla comunita’, alla natura, a se stessi, senza confondere la vita reale con l'immagine data dalla comunicazione commerciale..E’ possibile secondo me farlo sviluppando in azioni concrete le idee della decrescita felice.

21/5/09 08:53, Carmen Metropoli ha scritto:
Molto bello questo articolo! Si avverte la sofferenza della donna.
E' proprio quando capisci che sei giudicato/a in base a quanto guadagni e al ruolo che occupi nel mondo del lavoro (e soffri per la tua difficoltà a trovare un "posto" dignitoso e retribuito congruamente o, all'inverso, perché, anche se ben retribuito, non sei soddisfatto di una vita basata solo sul guadagno), che è giunto il momento di accontentarsi di poco e dedicarsi di più ad attività gratuite che gratificano. Se la donna lavora di meno, può dedicarsi ai figli,alla famiglia e ad altro. Non è necessario rinunciare a una professione. E poi... i decrescenti sono bravi a trovare il tempo che altri non trovano per autoproduzione e "sacrifici" in favore dell'ambiente e della società.
20/5/09 18:25, Alessandro ha scritto:
Cara annalisa,concordo pienamente con la tua analisi e non credo che le critiche portate da Virginia siano corrette perché in effetti nel tuo articolo non parli mai di donne che devono fare questo o quello, ma di possibilità di esprimersi anche come donne. E' tutta la società, uomini e donne, che ci rimette se perdiamo il femminile. Noi uomini siamo le prime vittime di ciò. La collaborazione, l'accoglienza, la tolleranza, la cooperazione sono tutte qualità femminili di cui si sentirebbe un enorme bisogno, ma sono state spazzate via. Oggi la donna o deve essere uguale ad un uomo o è mercificata e umiliata in continue esposizioni di corpi che niente hannno a che vedere con la femminilità. Insomma, grazie Annalisa per questo articolo!
20/5/09 18:20, annalisa ha scritto:
Virginia, che le donne vorrebbero occuparsi SOLO e prevalentemente di famiglia e casa non l'ho detto io, io semai dico ANCHE. E che per farlo, come è natura di una madre (penso sia ovvio) e di molte donne, non sia giusto vedersi le proprie altre inclinazioni e il proprio desiderio di autorelizzazione negati. Quello che volevo dire è che in questa società si dà ben poco spazio e valore a qualità lontane da aggressività e competizione, i quali non sono per me valori femminili. Ma resta il fatto che non dovrebbero esistere ruoli predefiniti per uomini e donne, bensì la libertà di esprimere se stessi, COMPRESE alcune qualità spiccatamente femminili che a mio avviso mancano e che arricchirebbero la comunità. Poi che il lavoro schiacci tutti è assolutamente reale. Qui parlavo in particolare della mia esperienza di donna.
20/5/09 13:55, Virginia Greco ha scritto:
A mio avviso questa analisi trascura il fatto che le ambizioni e i desideri delle donne oggi sono vari e variegati. Chi ha detto che tutte le donne oggi vorrebbero dedicarsi soltanto o prevalentemente alla famiglia e alla casa? Chi ha detto che ancora oggi la realizzazione della donna (e solo della donna) sia nei rapporti umani?
Io credo piuttosto che il fatto che la società abbia confuso il fine con il mezzo, ossia che il lavoro sia passato dall'essere un mezzo per vivere a elemento principale della vita, sia un problema generale, di donne E UOMINI. Schiaccia e soffoca tutti. Perché tutti siamo fatti di varie anime e vorremmo spazio per esse, mentre i ritmi di lavoro e della società-mercato ci impongono di fare scelte castranti.
Facciamo molto attenzione a fare certe dichiarazioni riguardo ai desideri e alla presunta "natura" delle donne, perché oggi essa è forse più sfaccettata di come fosse un tempo e soprattutto perché si rischia di dare alla società maschile e maschilista nuove scuse per relegare, come sempre, le donne ad un ruolo subordinato e "intimo" (ripristinando il gineceo che non si può e non si deve mescolare con gli ambienti maschili), non cogliendo il vero centro della problematica.
Ben vengano le differenze, ma trasversali, senza troppe categorie di genere come di qualunque altro tipo.
E ben venga la decrescita felice, per tutti, perché è, o può essere, un bisogno di tutti.
20/5/09 09:59, Luigi Betrone ha scritto:
Grazie. Sono perfettamente d'accordo. Secondo me il femminismo,insieme alla cultura dello sballo ed al militarismo della P38, sono state fra le cause maggiori della sconfitta dell'utopia libertaria. In particolare il femminismo,innestato su una sacrosanta critica ai ruoli sociali, ha finito col favorire l'omologazione, sancendo la vittoria del modello competitivo,aggressivo,gerarchico,consumistico e disumanizzante. Fregando sia i maschi che le femmine.
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