Sarebbero diverse decine le persone decedute in quanto affette da neoplasie provocate dalla radioattività di quei rifiuti. Le perizie affidate ad esperti chimici ed altro personale specializzato sono ora al vaglio dei magistrati. Scopo dell’inchiesta è accertare le responsabilità legate all’occultamento dei rifiuti e di procedere, al contempo, alla bonifica del territorio contaminato dal materiale radioattivo. Le risultanze sono state comunicate alle autorità sanitarie locali e regionali per i provvedimenti di competenza.
In realtà, basta fare un salto indietro nel tempo per capire che la vicenda non è isolata. Il traffico di rifiuti tossici legati ai mari italiani è ben conosciuto e, nel caso delle coste calabre, sarebbe connesso con la ‘ndrangheta. Le cosiddette “navi dei veleni” erano infatti una ventina di motonavi battenti bandiera italiana, greca, maltese, di Antigua e di Saint Vincent fatte colare a picco tra il 1981 e il 1993, la maggior parte delle quali proprio a largo delle rive calabresi.
Alla fine dell’anno scorso il fenomeno era balzato nuovamente alla cronaca grazie alle confessioni del pentito Francesco Fonti, ex trafficante di stupefacenti della Locride, che aveva parlato di una motonave affondata a largo di Cetraro, a pochi chilometri da Amantea. Si sarebbe trattato di una barca colma di rifiuti tossici affondata per smaltire in maniera illegale e senza eccessivi costi il carico di veleni.
Per quel che riguardava la Jolly Rosso, sin da subito si era ipotizzato che trasportasse rifiuti tossici e che i fusti contenuti nella stiva fossero stati sepolti in parte sotto i fondali e in parte nell’area costiera di Amantea. Le ricerche compiute tuttavia non avevano portato a nessun risultato e il caso era stato provvisoriamente archiviato. Fino alla recente scoperta.
Il caso calabrese è peraltro ben descritto da Carlo Lucarelli nel suo libro Navi a perdere, che racconta la vicenda di Natale De Grazia unico testimone al processo della Jolly Rosso, scomparso in circostanze poco chiare.
Anche se la Calabria risulta al centro di questi traffici, vicende giudiziarie complesse interessano in realtà numerose procure in tutta Italia. Da un’iniziativa di Legambiente è nato quindi il “Comitato per la verità” che intende rompere la congiura del silenzio che si è creata intorno ai traffici nazionali e internazionali di rifiuti e materiali radioattivi, e per interrogare la politica sui misteri che intanto continuano ad avvelenare l’ambiente. Ad esso hanno aderito magistrati, giornalisti, esponenti politici, familiari di vittime, ambientalisti, impegnati nel combattere vicende legate al traffico illeciti di rifiuti, che hanno deciso di sostenere le attività di indagine giudiziaria e giornalistica di contrasto alle ecomafie.
Navi a Perdere
Ci sono navi che affondano, purtroppo capita. E spesso non si riesce più a trovarle, colpa degli abissi... Continua... |