Campi elettromagnetici e salute umana: l'UE invita alla precauzione

L’ampissima diffusione dei telefoni cellulari e dei dispositivi in tecnologia senza filo ha comportato il notevole incremento delle onde elettromagnetiche alle quali siamo costantemente esposti. Quali i rischi per la salute? Non si ha ancora una risposta univoca. Nel frattempo il Parlamento Europeo invita la Commissione Europea e gli Stati membri a varare leggi nel segno del principio di precauzione.

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di Virginia Greco

campi elettromagnetici
L’ampissima diffusione dei telefoni cellulari e dei dispositivi in tecnologia senza filo ha comportato il notevole incremento delle onde elettromagnetiche alle quali siamo costantemente esposti
Popolo di santi, poeti, navigatori e… maniaci del telefono cellulare: l’ultimo Rapporto sul Mercato delle Telecomunicazioni nell’Unione Europea posiziona l’Italia al primo posto per la penetrazione del telefonino tra i cittadini, con una percentuale del 152,9% (come dire un telefono e mezzo a persona).

La diffusione dei cellulari è in generale enorme: la media europea è giunta ormai al 119%. Al di là dei telefoni mobili, le nostre case e gli uffici sono invasi da svariate apparecchiature wire-less, ossia senza filo, come internet tramite wifi, bluetooth e telefoni cordless (cioè portatili ma a base fissa). Se è vero che esse ci hanno semplificato notevolmente la vita, risultando spesso ormai irrinunciabili, bisogna fare i conti con un effetto collaterale non trascurabile: ognuno di questi dispositivi genera onde elettromagnetiche, le quali attraversano il nostro corpo.

Non sono ancora ben noti gli effetti sulla salute umana dell’esposizione costante a campi elettromagnetici dell’entità e frequenza di quelli dovuti all’uso di tecnologia senza filo: sono in corso vari studi, dai quali però non sono state a tutt’oggi tratte conclusione definitive (o quantomeno che mettano d’accordo un buon numero di scienziati e medici). È però senza dubbi lecito prendere in considerazione la pericolosità dell’attuale situazione, visto che l’organismo umano sarebbe di natura predisposto per vivere in un ambiente dalle caratteristiche elettromagnetiche differenti.

Frédérique Ries
L’eurodeputata liberale Frédérique Ries, autrice della relazione sulla diffusione dei campi elettromagnetici
“Siamo costantemente esposti ad un cocktail elettromagnetico ed aspettare i risultati degli studi potrebbe essere troppo tardi. Dobbiamo applicare quindi il principio di precauzione, limitando l’esposizione e i possibili danni.” Così si è pronunciata l’eurodeputata liberale Frédérique Ries, autrice della relazione sulla diffusione dei campi elettromagnetici approvata due settimane fa dal Parlamento Europeo (con 559 voti favorevoli, 22 contrari e 8 astensioni).

Tramite tale rapporto, gli europarlamentari propongono un piano di azione a vari livelli, per cercare di arginare l’esposizione massiccia e per aumentare la consapevolezza dei cittadini.

In particolare, il Parlamento chiede alla Commissione Europea di fissare limiti più stringenti per le emissioni d’onde elettromagnetiche consentite ai vari dispositivi senza fili (nei protocolli GSM, DCS e UMTS). Ad oggi l’unica normativa comunitaria in vigore è una raccomandazione del Consiglio Europeo del 12 luglio 1999: essa detta i valori massimi concessi per l’esposizione a campi elettromagnetici (CEM) a basse e medio basse frequenze (da 0 Hz a 300 GHz).

I fornitori dei servizi telefonici, invece, sono invitati ad organizzarsi per condividere i trasmettitori di segnale, in modo da limitare il proliferare di antenne e impedirne il collocamento in posizioni inadeguate.

ripetitori
Gli Stati membri dell'UE e gli enti locali sono invitati a stabilire un sistema unico di autorizzazione all’installazione di trasmettitori e ripetitori
A tal proposito, gli Stati membri e gli enti locali sono invitati a stabilire un sistema unico di autorizzazione all’installazione di trasmettitori e ripetitori, nonché ad aggiungere ai piani di urbanizzazione uno specifico piano territoriale per lo sviluppo delle antenne. Nel definire la collocazione degli impianti di trasmissione, occorrerebbe garantire – a parere del Parlamento Europeo - che almeno le scuole, gli asili, le case di riposo e gli istituti sanitari siano tenuti a specifica distanza, stabilita da criteri scientifici, da apparecchiature di tal tipo.

Al fine di rendere i cittadini più consapevoli, inoltre, gli Stati membri sono invitati a mettere a disposizione mappe indicanti il grado di esposizione a radiofrequenze, microonde, nonché campi dovuti alle linee di alta tensione. I produttori dei dispositivi che vanno al consumatore, invece, dovrebbero essere obbligati per legge a porre un’etichetta che dichiari se l’apparato emette microonde e quale sia la sua potenza di emissione.

D’altro canto, gli esperti degli Stati membri, in collaborazione con i rappresentanti dei settori industriali coinvolti (operatori telefonici, società elettriche, produttori di elettrodomestici e apparecchiature per le telecomunicazioni) sono sollecitati a redigere, a vantaggio degli utenti, una guida alle opzioni tecnologiche disponibili che permettano di ridurre l’esposizione a CEM di un dato luogo.

Ma la sensibilizzazione deve essere rivolta soprattutto ai più giovani, che sono ora i massimi utilizzatori delle tecnologie senza filo, per svago come per utilità.

cellulari
Il Parlamento europeo suggerisce alla Commissione di lanciare una campagna globale di informazione rivolta ai giovani
Il Parlamento suggerisce, quindi, alla Commissione Europea di impiegare una parte dei finanziamenti comunitari destinati agli studi sui CEM per sostenere una campagna globale di informazione rivolta ai giovani: i temi da trattare sono i rischi per la salute legati all’uso di elettrodomestici e apparati wireless, nonché buone prassi da far proprie al fine di ridurre l’esposizione ad onde elettromagnetiche.

Le intenzioni appaiono buone. Occorre però vedere quanto tempo passerà prima che queste indicazioni si traducano in direttive europee e poi leggi nazionali. A frenare i cambiamenti legislativi ci sono poi spesso le pressioni degli operatori del settore, che si appellano al fatto che non siano stati pubblicati ancora studi “conclusivi”, che diano cioè dimostrazione dell’effettiva pericolosità dell’uso di tali dispositivi tecnologici.

La più grande ricerca nel campo è stata in realtà lanciata nel 1998 proprio dall’Unione Europea e da essa finanziata con 3.800.000 euro: l’obiettivo era la valutazione di un’eventuale connessione tra l’uso del telefono cellulare e alcuni tipi di tumore, in particolare quelli del cervello, del nervo uditivo e della ghiandola parotide. Avviata nel 2000, l’analisi (chiamato Interphone) non ha ancora fornito delle conclusioni, soprattutto a causa di visioni contrastanti all’interno dell’ambiente scientifico.

“E’ difficile accettare che certi studi siano “congelati” perché gli esperti non sono in grado di giungere ad una conclusione univoca”, polemizza Frédérique Reis, “soprattutto quando è in gioco il denaro pubblico”. E la salute pubblica, aggiungeremo noi.

cellulare
In attesa di normative, ognuno di noi può intraprendere buone pratiche come quella di evitare lunghe telefonate al cellulare
A parere dell’eurodeputata è quindi necessario investire ulteriormente nella ricerca, avviando un programma preciso, che sia in grado di valutare “in maniera definitiva” l’effetto dei campi elettromagnetici a medio-basse frequenze sull’organismo umano.

In attesa delle nuove normative, come anche dei risultati degli studi medici, ciascuno di noi individualmente può cercare di attuare buone pratiche quotidiane: ad esempio sconnettere dalla presa di corrente tutte le apparecchiature elettroniche e gli elettrodomestici quando non utilizzati (anziché lasciarli connessi e in “stand-by”), evitare le lunghe telefonate al cellulare e, nei limiti del possibile, non dotarsi di troppi dispositivi senza fili.

Per concludere, val la pena però sottolineare un merito dell’Italia: secondo quanto riportato in una relazione della Commissione Europea, i limiti base per la potenza applicabile a centrali elettriche e impianti fissi di telecomunicazioni, stabiliti nel nostro Paese, sono dieci volte più bassi di quelli indicati dal Consiglio Europeo nella sopra-citata raccomandazione del 1999.

Amanti della tecnologia ma anche (giustamente) prudenti?

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21 Aprile 2009 - Scrivi un commento
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