Non può lasciare indifferenti la dichiarazione del Comitato per i diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite. Eppure in molti non ne sono a conoscenza… Ma andiamo con ordine.
Riteniamo utile, innanzitutto, tener ben presente la proclamazione del Diritto alla Pace da parte della Dichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU (art. 28), e ricordare che anche nel nostro Paese, la stessa Costituzione italiana (art. 11) ripudia la guerra. Questo per rafforzare il concetto incontrovertibile che, se la guerra stessa è un crimine, i crimini che essa sempre commette nei confronti degli innocenti, anche nel caso questi siano “vittime collaterali”, sono da considerarsi empietà ancor più ingiustificabili.
Purtroppo la lettura, punto per punto, di quanto stiamo per sintetizzare qui di seguito, non fa altro che aumentare lo sconforto, facendoci accorgere che da tempo accade esattamente il contrario di quanto prevedono le fondamentali convenzioni che mirano a tutelare l’infanzia in caso di ostilità.
La Convenzione sui diritti dell’infanzia, approvata il 20 novembre del 1989 e ratificata attualmente da 193 Stati, rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell'infanzia, e costituisce uno strumento giuridico vincolante per gli Stati che la riconoscono.
Tale Convenzione afferma: “…occorre preparare pienamente il fanciullo ad avere una sua vita individuale nella società, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà”.
Lo stesso concetto è approfondito e ribadito all’art. 29: “Gli Stati parti convengono che l'educazione del fanciullo deve avere come finalità: a) favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità; b) sviluppare nel fanciullo il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite; c) sviluppare nel fanciullo il rispetto dei suoi genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del paese nel quale vive, del paese di cui può essere originario e delle civiltà diverse dalla sua; d) preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi e delle persone di origine autoctona; e) sviluppare nel fanciullo il rispetto dell'ambiente naturale.”
E ancora, l’interpretazione estensiva dell’art. 37 afferma: “nessun fanciullo sia sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti…” cosa che la guerra produce di per se, colpendo tra gli altri, anche i bambini.
L’età di 15 anni è stata, tra le altre cose, portata a 18 dal Protocollo opzionale alla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati, adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 25 maggio 2000, che condanna il reclutamento, l’addestramento e l’uso dei minori nelle ostilità, all’interno e al di fuori dei confini nazionali, da parte di gruppi armati, diversi dagli eserciti degli stati, e riconoscendo la responsabilità di coloro che reclutano, addestrano e usano i minori a questo scopo.
27 Gennaio 2009 - Scrivi un commento