L'UE approva il pacchetto clima

20-20-20: la parola d'ordine per affrontare davvero il cambiamento climatico. Ora la palla passa al Parlamento Europeo.

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di Miriam Giudici


Il 23 gennaio 2008 è stato approvato dal collegio dei commissari della Commissione europea un piano di interventi volti a combattere il cambiamento climatico che è ormai una realtà.

Si tratta per ora solamente di obiettivi, perché la proposta dovrà passare al Parlamento Europeo e poi essere approvata dagli Stati membri: lo stesso Commissario dell'UE Barroso ha prospettato dei negoziati molto duri per rendere vincolanti gli impegni nazionali a proposito di emissioni.

Le linee guida fissate dalla Commissione sono certamente ambiziose, e si possono sintetizzare con uno slogan: 20-20-20.

Ovvero: 20 percento dovrà essere la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili; del 20 percento il miglioramento dell'efficienza in campo energetico; del 20 percento il taglio delle emissioni di anidride carbonica. Tutto questo entro il 2020.

Questi sacrifici dovranno essere ripartiti fra i 27 stati membri: all'Italia toccherebbe un taglio del 13 percento delle emissioni di CO2 e un aumento del 17% dei consumi energetici provenienti da fonti rinnovabili.

Se non si può nascondere che sarà lunga e difficile la strada che porterà all'adozione di questi obiettivi, e che i problemi rimarranno molto pesanti se il resto del mondo non si accoderà alla linea europea, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso sottolinea l'ambiziosità degli obiettivi e il futuro ritorno in termini economici del loro raggiungimento: attuare le norme previste costerà meno dello 0,5 percento del Pil europeo, “circa 3 euro a settimana a persona”, dice Barroso. Dieci volte meno di ciò che costerebbe non prendere alcun provvedimento, dato il continuo aumento dei prezzi di petrolio e gas.

Queste considerazioni generali sulla convenienza delle misure adottate vanno naturalmente a scontrarsi con le situazioni particolari di alcuni stati o industrie – queste ultime costrette dal 2013 a “pagare” il loro diritto a inquinare.

Qualche esempio: la Polonia chiede che venga tenuto conto che il suo sistema energetico è basato al 90 percento sul consumo di carbone. Le aziende metallurgiche e siderurgiche sono soggette a un enorme consumo di energia, ma sanzionare le industrie europee significherebbe metterle in grosse difficoltà data la spietata concorrenza delle imprese del resto del mondo, che non adottano analoghi provvedimenti sulla riduzione di emissioni. La Francia, grande produttrice di energia nucleare, ha interesse a fare inserire questo tipo di energia fra le fonti “pulite”.


O ancora, associazioni ambientaliste sono preoccupate per gli incentivi ai biocarburanti che potrebbero d'altra parte determinare un aumento del prezzo del mais.

Inoltre, i Paesi nordici, già fra i più grandi produttori di energia derivante da fonti rinnovabili, protestano perché proprio a loro sono stati assegnati i “target” più alti in termini di miglioramento in questo campo; d'altra parte, gli obiettivi paese per paese sono stati stabiliti in base al Pil pro-capite, e pertanto sono i Paesi più ricchi a doversi accollare gli sforzi maggiori.

Nonostante le discussioni, Barroso è fiducioso che le trattative possano concludersi entro l'anno: “Nessun paese considera i target inaffrontabili e tutti hanno ben chiaro che i costi della mancata azione sarebbero enormemente più alti. Le conseguenze negative del cambiamento climatico potrebbero portare via fino al 20% del nostro Pil”.

23 Gennaio 2008 - Scrivi un commento
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