Il futuro prevedibile sembra appartenere ad un mix di soluzioni, flessibili a seconda delle caratteristiche dei singoli paesi, ma contenente ancora una quota di combustibili fossili: le fonti rinnovabili al momento hanno bisogno di essere affiancate da quelle tradizionali.
LA CHANCE DEL VENTO
Il vento è una delle fonti rinnovabili su cui si sta investendo. Come il sole, il vento non è uguale per tutti. In media, però, nel mondo ne tira abbastanza da soddisfare una domanda di energia doppia rispetto all’attuale. La tecnologia è già buona anche se il suo costo non è ancora competitivo con quello delle fonti fossili. Secondo il Dipartimento americano dell’energia, tre soli Stati, Nord Dakota, Sud Dakota, Texas, avrebbero abbastanza vento da sostenere l’intero fabbisogno federale di energia elettrica. E si dice lo stesso dei possibili impianti offshore in Europa. La Cina ha così tanta energia eolica a disposizione che, se volesse, potrebbe raddoppiare la sua produzione di elettricità.
La potenza generata dal vento sul nostro pianeta ha raggiunt 59322 megawatt, sufficienti a dare energia a quasi 20 milioni di famiglie con un tenore di vita europeo, 50 milioni di persone. Colossi come la General Electrics si sono affrettati ad investire 2 miliardi di dollari; il giro d’affari mondiale ha superato gli 80 miliardi. Nella piccola Danimarca, il 20% dell’energia nazionale viene già dal IL TETTO dell’eolico sta nella sua invasività. Ma è storicamente raro che l’estetica fermi l’economia. Dalle carte del vento si ricava che, a tecnologie invariate, nel 2020 l’energia eolica ottenuta costerà meno di quella proveniente non solo dal carbone, ma anche dal nucleare e dal gas compreso il caso di turbine erette in mezzo al mare, dove andranno a finire probabilmente colossi come quello della Repower. Ai ventoloni, insomma, bisognerà abituarsi. Anche se non saranno onnipresenti. I profeti del vento sono più baldanzosi di quelli del sole, ma l’obiettivo che si prefissano è il 12% dell’energia globale nei prossimi quindici anni. LE CONTRADDIZIONI dell’eolico sono racchiuse in queste cifre: è stato stimato che il consumo mondiale di energia elettrica potrebbe essere fornito dall’energia eolica ma ad un costo marginale di 7 centesimi di dollaro al chilowattora, con una distribuzione geografica concentrata in quattro aree ( 80% in Canada, Usa, America del Sud e Russia), con un’occupazione del territorio superiore ai 2,2 milioni di Kmq e, soprattutto, con la certezza che i chilowattora prodotti non sono controllabili, perché non seguono il profilo della domanda elettrica nell’arco del giorno ma l’imprevedibilità del vento, rendendo quindi inutilizzabile, ai fini commerciali, gran parte della produzione.
Un impianto per l'energia idroelettrica
In un’Europa che nel 2015 dovrebbe consumare 579 miliardi di metri cubi di gas (che equivale all’intera produzione di gas della Russia, il maggior Paese produttore del mondo), l’Italia è il Paese più esposto perché più gas-dipendente degli altri. L’Eni calcola che nel 2010 le importazioni di questo prodotto proverranno per il 40% dalla Russia, per il 35% dall’Algeria e per il 12% dalla Libia. Da questi tre fornitori, in pratica dipende il nostro destino energetico.
A causa dell’elevata dipendenza energetica, visto che importa l’80% dell’energia primaria che consuma, e del conseguente elevato costo dell’energia, dato che quella al netto delle imposte costa agli italiani quasi il 40% in più rispetto alla media europea, l’Italia sta perdendo terreno nel confronto economico con i partners europei, assieme ai quali dovrebbe invece perseguire una più armonica strategia energetica comune.
Oggi, il cittadino spagnolo usufruisce del 10% in più d’energia primaria rispetto al cittadino italiano, l’inglese più del 25% in più, il francese del 40% e il tedesco arriva al 65% in più. Analoghe percentuali valgono anche per la sola energia elettrica: rispetto al cittadino italiano si va dal 10% in più utilizzati dal cittadino spagnolo al 55% in più utilizzati dal tedesco.
Ed ancora, l’Italia è il Paese europeo con la maggiore produzione d’energia elettrica da derivati del petrolio, fonte costosa e inquinante, e con la maggior importazione diretta d’energia elettrica da gas naturale (51 di tWh nel 2003, contro i 2 di tWh che importò il Regno Unito, 1 tWh della Spagna e i 10 e 66 tWh che esportarono rispettivamente la Germania e la Francia); circostanza, questa, che crea anche rischi alla sicurezza dell’approvvigionamento, come i black-out del recente passato hanno evidenziato. La totalità dell’energia elettrica importata in Italia proviene dalle centrali nucleari d’Oltralpe. Mentre, nel 2003, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna produssero, rispettivamente, 420, 157, 85 e 60 di tWh elettrici dagli oltre 100 reattori nucleari in esercizio in quei Paesi.