In Palestina, la violazione dei diritti umani è un pane quotidiano a cui si rischia, commettendo un grave errore, di fare l’abitudine. Ma ce n’è uno tra questi la cui violazione è troppo spesso e colpevolmente sottovalutata credendo che su di essa non si ammassino cadaveri: il diritto all’istruzione, accompagnato dalla violazione della libertà di insegnamento e di pensiero
Come testimonia Suad Amiry, Direttrice del Riwaq Center for Architectural Conservation di Ramallah, nel suo “Se questa è vita. Dalla Palestina in tempo di occupazione”, l’occupazione israeliana ha imposto gravi e disagevoli restrizioni alla mobilità di studenti e docenti, abbassando drasticamente il livello culturale e scientifico delle undici Università palestinesi.
Dopo la chiusura di scuole e Università palestinesi da parte del Governo israeliano durante la Prima Intifada, tra il 1987 e il 1993, gli accordi di Oslo hanno consentito la creazione di un Ministero dell’Istruzione dell’Autorità Nazionale Palestinese, ma le violazioni da parte dell’esercito israeliano sono continuate. Una lettera aperta di alcuni Docenti universitari italiani sensibili alla causa palestinese riporta questi numeri: dall’ottobre 2000 al giugno 2008, 658 studenti sono stati uccisi; 4852 feriti (di cui 3607 minorenni) e 738 imprigionati. Tra i docenti, 37 sono stati uccisi; 55 feriti e 190 detenuti. Nello stesso periodo i danni materiali alle Università sono ammontati a 7.888.133$, mentre per le scuole il danno è stato di 2.298.389$.
Proprio a questi ultimi, l’assedio sulla Striscia rende impossibili le attività di ricerca fondamentali per la crescita culturale e lo sviluppo delle Università. Ai docenti palestinesi è vietato uscire per svolgere ricerche presso Atenei stranieri; ai docenti stranieri è vietato visitare le Università di Gaza. Altrettanto restrittive sono le maglie attraverso le quali dovrebbero passare tutti quegli studenti che fanno domanda per studiare o perfezionare i propri studi all’estero.
La continua chiusura dei valichi di frontiera con Israele e l’Egitto taglia fuori dall’istruzione 319 studenti. Ai residenti di Gaza è proibito persino andare a studiare nella West Bank. Se si guardano i dati relativi agli studenti dell’Università di Birzeit (Ramallah) si scopre che nel 2000 gli studenti provenienti da Gaza erano 350; nel 2005 erano diminuiti a 35, nel 2010 neanche uno. Con ciò Israele divora anche agreement liberamente firmati come l’accordo Movement and Access del 15 novembre 2005 con il quale si sarebbe dovuto garantire l’accesso libero e regolare da e per Gaza. Un documento dello United Nation Office for the Coordination of Humanitarian Affairs pubblicato esattamente un anno dopo la firma dell’accordo già smentiva quei propositi denunciando un aumento del 44% degli “ostacoli fisici” nella West Bank; la chiusura del valico di Rafah con l’Egitto per l’86% dei giorni. Stessa sorte, ma con percentuali minori, per il valico di Karni (53%) e Sufa (40%).
Per di più, denuncia una studentessa palestinese alla Israeli Apartheid week 2010, la campagna internazionale organizzata una volta all'anno nelle Università per informare sulle discriminazioni a cui sono soggetti i Palestinesi che vivono nei Territori Occupati e in Israele: “Il primo ostacolo all'istruzione è il limite di età imposto da alcune Facoltà, fissato ad un minimo di ventuno anni per permettere ai ragazzi israeliani di compiere i tre anni di leva militare obbligatori dopo le scuole secondarie senza restare indietro negli studi rispetto ai colleghi arabi. Questo costringe molti arabi-israeliani ad andare a studiare all'estero. Altri ostacoli si incontrano durante il percorso di studio: test di ingresso nelle Facoltà penalizzati dalla cattiva traduzione dall'arabo; curriculum di studio stabiliti dal Ministro dell'Istruzione israeliano che non comprendono niente di storia, cultura e letteratura araba; testi e lezioni in ebraico; problemi con l'amministrazione universitaria, ad esempio nell'assegnazione degli alloggi, nella cui graduatoria vengono favoriti gli studenti che hanno prestato il servizio militare; nessuna libertà di espressione”.
Nel 1948 Ben Gurion dopo la fondazione dello Stato di Israele che portò all'esodo di circa 750 mila palestinesi definì gli arabi rimasti sul territorio israeliano "un errore militare" e come errore vengono trattati ancora oggi.
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