In occasione dell’inaugurazione di Posti di Vista-Green Block il 14 aprile ha avuto luogo uno spettacolo di danza contemporanea alla Fabbrica del Vapore, spazio d’arte vicino al cimitero Monumentale di Milano.
Intervistiamo Ariella Vidach, la danzatrice, insegnante e coreografa che ha coordinato la rappresentazione avvenuta tramite UNI@ALL. Quest’ultimo è un progetto di arte contemporanea sviluppato per il Fuori Salone, dove aspetti di unicità (UNI) e del vivere collettivo (ALL) sono risorse creative per riflettere sui nuovi scenari sostenibili. Simile alla distribuzione di cibi locali, UNI@ALL vuole ridurre la distanza tra attore e fruitore dell’opera.
Ariella Vidach, come si realizza uno spettacolo atto ad avvicinare interprete e spettatore?
L’idea della performance era quella di far partecipare le persone. Non ipotizzare uno spettacolo che doveva essere visto, ma vissuto. L’argomento è abbastanza simbolico: il pubblico dovrebbe sentirsi al centro dell’attenzione.
Il che ci porta al discorso sull’ambiente. Molte volte si pensa che chi lo sta rovinando sono gli altri. Ci deresponsabilizziamo un po’ troppo. Nello spettacolo il pubblico è dunque protagonista e può decidere in un senso o nell’altro. Per cui la performance è un monito e una forma di indicazione che propone al pubblico di intervenire.
Avete dunque coinvolto gli spettatori?
Durante la prima replica è stato difficile, c’erano poche persone. Ma quando abbiamo spostato l’azione nella zona più affollata c’era gente che aveva veramente voglia di essere presa dentro. Nessuno si è stizzito, nessuno ha fatto commenti negativi. I danzatori hanno fatto in modo che le persone si potessero esprimere in modo naturale all’interno della coreografia.
Col tempo è andata sempre meglio, alla terza replica il pubblico era più caldo e anche i ragazzi avevano cominciato a percepire meglio l’atmosfera. Osavano di più perché non rischiavano di essere respinti.
Secchio di luce. Design sostenibile di Cristiano Mino
Attraverso dei movimenti, ad esempio aggirandoli. Il pubblico si sentiva coinvolto dal punto di vista spaziale; alcune persone venivano prese a braccetto e spostate al centro della scena. La partecipazione del pubblico era comunque prevista, per cui si cercava di portarlo all’interno di questo raggio d’azione. Erano ancora spettatori ma diventavano attori agli occhi di altri. È stata una sorta di esperimento e mi ha dato molti stimoli per continuare a ricercare in questa direzione. Prevedere un’azione senza avere la sicurezza che si manifesterà.
È la prima volta che partecipi a un progetto legato alla sostenibilità?
Al Fuori Salone partecipo da molti anni assieme all’intera Fabbrica del Vapore. Tutti quanti noi facciamo qualcosa che si muove attorno al Salone del Mobile. Ci sono principalmente designer, quindi una coreografa fa più fatica a partecipare, ma il fatto che ci sono molti espositori, è una ragione in più per impegnarsi.
Negli anni passati come avete trasmesso un messaggio di sostenibilità attraverso la danza?
Il primo anno abbiamo trattato un tema analogo e ho fatto una performance con la partecipazione libera. L’ho chiamato Sosta. Mi sembra necessario ogni tanto fermarsi e chiedersi che stiamo facendo, domandarci in che stato ci troviamo e che sta succedendo. La performance aveva queste caratteristiche: una ventina di danzatori fermi ad ascoltare lo spazio e il loro corpo. Si potevano inserire dei visitatori se volevano; era una sorta di meditazione collettiva. Ma non dovevano per forza meditare, chiedevo soltanto di fermare il tempo con un immobilità non rigida. Uno se voleva poteva tirarsi fuori, prendersi un piccolo break.
E l’anno scorso cosa avete fatto?
L’anno scorso non si sapeva se ci sarebbero stati fondi. Quindi ho fatto un assolo all’aperto. Dietro di me era proiettato un video che reagiva interattivamente alla mia danza: quando mi muovevo le immagini si fermavano e quando io mi fermavo invece andavano avanti. L’idea era di non muoversi tutto il tempo. A volte anche fermarsi porta molto lontano.
Era sempre un invito alla riflessione. Ho l’impressione che l’uomo sia molto confuso nella sua storia. Non c’è né la consapevolezza né il tempo di riflettere sui danni che stiamo provocando.
La Felicità Sostenibile
Ii modello economico, sociale e politico dominante sta crollando sotto i colpi della crisi finanziaria... Continua... |
Fà quindi bene chi la descrive danzando,in contrasto di chi,per interessi disonesti,la intossica con le sue emissioni in atmosfera,i suoi sversamenti nocivi nelle acque e nel terreno e le sue malefatte.
Dio ha fatto un mondo meraviglioso e pochi uomini lo disprezzano e lo avvelenano solo per sporchi vantaggi personali.