Una terra: la Sicilia occidentale. Palermo, zenith di ispirazioni e frustrazioni e il suo territorio attorno, madre dura e dolce assieme, spesso assente.
Un mezzo: la fotografia. Scatti colti nel seme del reale e fatti crescere come visioni oniriche.
I tre, assieme, sono combinati nella mostra fotografica itinerante Terra Aria dove Francesco fissa lo sguardo sulla vendemmia della sua terra, ma poi lancia l'intenzione, tutta, ben oltre. Coglie il grappolo ma lo trascende a metafora della vita, come il destino che lega tutto e tutti e la salvezza viene dal distinguersi, anche se solo acino contro il mondo. E il vino diventa buon vino perché sa avvalersene.
L'intervento dell'uomo si coglie come una cicatrice inevitabile su una terra che si è fatta da sé e non sopporterebbe a lungo l'intrusione se non fosse per i risultati finali.
L'ambiente attorno l'evento sembra suggerire al fotografo uno strappo vivido tra passato e futuro, dove la vite (o la vita?) sembra attonita, colta di sorpresa, dal distacco subìto e di riflesso ciò che ha generato si trasforma in fermenti colorati, forse confusione, sicuramente in qualcosa di “altro”, quasi lontano.
Il destino si compie nella regolarità delle bottiglie viste come soldatini contenti del loro dovere: in fila, allineati, consapevoli del loro compito e fieri di esserlo, quasi allegri.
Finché un calice trasparente raccoglie e ci coglie stupendoci per il suo equilibrio magnetico. Tanta tenerezza in una mezza luna che sembra gocciare, sotto, un fluido magico, portentoso, memore del suo viaggio fino a lì e destinato a rivivere chissà dove, chissà con chi. Fino alla prossima magia.
22 Marzo 2010 - Scrivi un commento