Io credo bene, abbiamo dato il massimo in un'ora e un quarto. Lo spazio non era teatrale eppure la gente ha seguito. Ci abbiamo messo quattro anni per realizzare questo spettacolo, dal 2002 al 2006, e abbiamo frequentato diversi convegni e riunioni da cui ne uscivamo sempre piuttosto annoiati perché quello che si diceva era più per sfoggiare il proprio sapere che per far capire; un po' la modalità degli intellettuali. Tra il pubblico c'era sempre la stessa gente; ho frequentato 20, 30 incontri di questo tipo a Milano sempre con gli stessi volti.
Volevamo trovare il modo di far arrivare questi contenuti al pubblico. In televisione non ci sono spazi, i giornali al massimo segnalano luogo e orario della rappresentazione. Allora abbiamo pensato di scrivere uno spettacolo teatrale. Noi veniamo dal teatro normale, piuttosto politico, civile, impegnato, così l'abbiamo inventato. Certo non siamo stati i primi farlo. Da Dario Fo e Franca Rame, con cui lavoro da 19 anni, ho imparato che avere il pubblico davanti è una grandissima fortuna perché la maggior parte delle sale teatrali è vuota. Quando hai un pubblico davanti, piccolo o grande che sia, devi rispettarlo e devi avere qualcosa di intelligente da dire.
Ci abbiamo provato e sta funzionando dalla prima volta che abbiamo debuttato, il 4 marzo del 2006 in provincia di Brescia. Proprio allora una signora alla fine dello spettacolo mi disse: “senta io ho un problema con le tubature non è che lei mi può aiutare...?” Ed io: “ guardi signora sono un attore non un idraulico adesso che le ho spiegato delle cose e le è venuto un dubbio approfondisca...”
Come mai come tema dello spettacolo teatrale avete scelto il problema dell'acqua
Noi siamo nati quasi 16 anni fa e abbiamo sempre fatto teatro documento, teatro di impegno civile. Abbiamo debuttato con “Voci dalla Shoa” che racconta la vita di tre sopravvissuti che dopo aver raccontato a voce per tanti anni la loro storia hanno passato a noi il testimone. Poi abbiamo parlato di bambini esclusi, uno spettacolo commissionato dall'Unicef. La cosa che accomunava questi spettacoli era il rispetto del diritto umano e dell'acqua che ne garantisce la vita. Era un interesse quasi privato, condiviso con la mia collega Maria Chiara, con la quale abbiamo cominciato a frequentare convegni per poi far nascere uno spettacolo.
Durante questi quattro anni di rappresentazioni hai denunciato molte multinazionali facendo nomi e cognomi. Non hai mai avuto problemi?
Qualche problemino lo abbiamo avuto, soprattutto con la fondazione Molinelli dell'Emilia Romagna che fa divulgazione scientifica, con la quale avevamo organizzato otto convegni nelle otto province dell'Emilia Romagna. Tutti gli spettacoli saltarono perché lo sponsor della fondazione – Spa che distribuisce l'acqua nell'Emilia Romagna e in parte della Toscana – quando ha saputo che all'interno del convegno c'era il nostro spettacolo, non avrebbe più finanziato l'evento.
Qualche mese prima del debutto dello spettacolo tramite la polizia di stato siamo venuti a sapere che il ministro Alemanno, attuale sindaco di Roma, voleva dare un contributo e un patrocinio allo spettacolo. Naturalmente il contributo non è mai arrivato. La cosa strana è che loro erano a conoscenza di tutto, prima ancora del debutto.
In un sistema mediatico sempre più controllato, andare al teatro e vedere uno spettacolo che oltre a denunciare una serie di problemi fa anche nomi e cognomi mi ha fatto una certa impressione. E' ancora possibile farlo?!
Sì, si può fare. E' venuta anche la Rai a vedere lo spettacolo. Il regista della trasmissione palcoscenico di Raidue, che mette in onda i migliori spettacoli d'Italia, dopo aver visto il nostro è rimasto colpito e ci ha mandato la troupe per filmarlo.
Voi state portando avanti un altro spettacolo QB Quanto Basta. Come nasce? È in qualche modo una seconda parte del proseguo del lavoro di H2Oro?
Sì, in effetti nasce proprio come una continuazione. Oltre all'acqua si parla degli stili di vita e dell'alimentazione, della mobilità e del consumo critico. Ormai c'è tanta gente che affronta il problema dell'acqua – forse noi abbiamo cominciato in tempi non sospetti - di stili di vita e riduzione dei consumi se ne parla, invece, troppo poco.
Se in H2Oro il nemico è l'altro, qualcuno che ti impone e ti nasconde la verità, che ti vende ciò che ti spetterebbe di diritto e che tu puoi decidere immediatamente di combatterlo, in QB i nemici siamo noi stessi.
Per cambiare qualcosa, prima bisogna cambiare se stessi, capire che la direzione è quella sbagliata e cercare di cambiarla, anche se con una fatica immensa. Cominciare a pensare che questa società opulenta sta andando verso una direzione che non è sostenibile e che non è estendibile al resto della popolazione mondiale, che prima o poi queste risorse non basteranno. Bisogna cambiare adesso perché saremo tutti costretti a farlo. Devi scegliere di cambiare, bisogna rinunciare consapevolmente perchè si vive meglio consumando meno.
Non bisogna farlo per gli altri, ma per se stessi. Lo spettacolo QB prima si chiamava Sobrietà Felice perché si ispirava agli ideali della decrescita, ma non spiegava alla gente il significato positivo di questo termine di per se negativo. Sobrietà sembra un valore, decrescita, invece, un disvalore. Non è così lo so ne ho parlato a lungo con Maurizio Pallante.
Secondo te le persone dopo aver visto QB quando tornano a casa si mettono subito in moto?
In realtà non è così perché i nostri consumi incidono profondamente sull'andamento dell'umanità. Abbiamo la possibilità con il nostro portafoglio, pieno o vuoto che sia, di incidere sul livello di vita dell'intera popolazione mondiale.
Noi garantiamo ai produttori del sud del mondo uno stipendio equo semplicemente cambiando negozio. È una soddisfazione che una persona sola non potrebbe mai prendersi! Il consumo critico e le botteghe del commercio equo, invece, così come i gas, riescono ad ottenere questa cosa perché facendo rete ci si mette tutti insieme e ognuno nel suo piccolo è il fautore di questa grande rivoluzione.
Mi dicevi che i teatri in cui andate sono spesso pieni. In che tipo di luoghi fate le rappresentazioni?
In genere teatri, scuole, auditorium, sale consiliari, capannoni, tendoni; solo una volta siamo stati in una stagione teatrale. Negli ultimi anni abbiamo fatto 120 spettacoli all'anno. Per gli agenti teatrali siamo un fatto incomprensibile, a volte ci chiamano per chiederci come abbiamo fatto a fare 268 repliche quando le più grosse compagnie italiane di uno spettacolo ne fanno al max 40, 50 o 60 e gli va bene. Noi non abbiamo avuto un passaggio in televisione e non abbiamo articoli sui giornali.
Quindi secondo te le persone dopo QB si mettono in moto? Come mai le persone vengono a vedere questo spettacolo? Sanno già di cosa si tratta?
Noi abbiamo parlato con Gesualdi per usare la sua di rete che già esiste da un po'. I motivi per cui vengono a vederci sono diversi, spesso le persone sono coinvolte dalle associazioni che organizzano l'evento, altre volte invece perchè ne hanno sentito parlare.
Una volta ad esempio, una coppia di genitori era venuta a vedere lo spettacolo perché da sei mesi la propria figlia era diventata vegetariana, dopo aver visto il nostro spettacolo con la scuola.
I genitori dopo averci cercato e visto hanno capito la scelta della figlia. Questa cosa è successa tante volte anche su altri argomenti, quindi io credo che la semplicità della comunicazione porta la gente a pensare e a capire.
Farsi capire è fondamentale, io l'ho imparato in questi anni con Dario Fo; lui anche se parla una lingua inventata si fa capire.
Vuoi dire qualcosa ai lettori di Terranauta? Un messaggio in particolare?
Vorrei dire loro che sono fortunati perché vi hanno scoperti e non è sempre facile venire in contatto con realtà come la vostra. Queste realtà che funzionano, fuori dai meccanismi commerciali ed economici, che non hanno molta facilità a farsi conoscere, vanno sostenute come ti dicevo prima, così come ogni persona che ha visto lo spettacolo ne parla a qualcun altro.
Credo che sia la stessa cosa che succede anche a voi, quindi fatevi conoscere il più possibile finché dura, perché in base a ciò che dicono, presto metteranno le manette anche a internet. Con il teatro noi riusciamo ad andare avanti senza grossi problemi però già pubblicare i nostri materiali su internet rischia di essere una cosa antigovernativa e i siti rischiano di essere oscurati se pubblicano le nostre cose...
Speriamo non tocchi a noi!
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