L'anno scorso raccontando il rapporto 2009 stilato dal German Watch avevamo posto l'attenzione sulla mancanza di nazioni veramente performanti in questo ambito e quest'anno non possiamo fare a meno che fare la stessa considerazione visto che i 10 maggiori produttori di CO2 - responsabili da soli del 60% delle emissioni - non danno segni di una reale controtendenza. Confermata l'abitudine dell'agenzia non-governativa di non assegnare i primi 3 posti - in quanto non ci sono nazioni meritevoli di quelle posizioni - constatiamo che la quarta posizione è assegnata al Brasile di Lula che, se da un lato quest'anno ha messo in campo le prime apprezzabili azioni di contenimento della deforestazione, dall'altro sta puntando tutto sui più che controversi biocarburanti.
L'indice segna buone prestazioni anche dai soliti noti Svezia(5°), Germania(7°), Regno Unito (9° l'anno scorso, 6° quest'anno) e Francia (8°) a cui si aggiungono sorprendentemente quest'anno Norvegia e Messico a seguito di un grosso sforzo nelle politiche ecologiche messe in atto nel corso dell'anno.
Un’osservazione speciale la merita il Regno Unito, unica nazione al mondo, almeno finora, ad aver regolamentato per legge gli interventi di contrasto al cambiamento climatico e ad essersi posta un obiettivo veramente efficace quanto ambizioso: la riduzione delle emissioni di CO2 dell'80% entro il 2050.
Ma l'Italia quest'anno, come dicevamo, ci ha messo del suo per meritarsi questa valutazione. Nel corso del 2009, ricorda Legambiente, sono stati approvati 3 grandi progetti di centrali a carbone, inoltra la priorità d'investimento ha continuato a privilegiare per il 70% le strade e le autostrade oltre alla ormai cronica incertezza sugli incentivi per le fonti rinnovabili e gli interventi di riqualificazione degli edifici. In una parola, impegno climatico zero.
"Se l'Italia intende finalmente recuperare la distanza che la separa dai Paesi più industrializzati” - dice Zanchini, responsabile energia e clima di Legambiente – “deve finalmente cambiare pagina rispetto a quanto fatto in questi anni in materia di clima. Basta con i rinvii rispetto all'attuazione del protocollo di Kyoto, smettiamola con le scuse sui costi del Piano europeo al 2020. I cittadini e le aziende italiane hanno tutto l'interesse a riconvertire la propria economia al nuovo scenario della green economy''.
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