Climate change performance 2009, nessuno sul podio del vincitore…

Secondo il German Watch, nessuna nazione al mondo merita di stare nei primi tre posti della classifica relativa alle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici. L'Italia è al quarantaquattresimo posto. Tre gradini sotto la Corea.

CONDIVIDI: Condividi su Facebook Condividi su Ok Notizie Condividi su Fai Informazione Condividi su del.icio.us Condividi su Twitter Condividi su Digg Condividi su Technorati Condividi su Google

di Andrea Boretti


Il 2012 si avvicina, e con esso si allontana sempre più la speranza di centrare gli obiettivi del protocollo di Kyoto. A ratificarlo è il Climate change performance index del German Watch che classifica annualmente i 57 paesi maggiori produttori di CO2, ovvero quelle nazioni che insieme producono il 90% delle emissioni inquinanti.

Quest’anno, per la prima volta dalla sua istituzione, il podio dell’indice rimane vuoto e questo perché - secondo il German Watch - nessuna nazione è ancora riuscita a imboccare la strada giusta per mantenere l’aumento della temperatura terrestre sotto i 2 gradi entro il 2050 rispetto ai livelli registrati nel 1990 (è aumentata di 0,74 ± 0,18 °C durante gli ultimi 100 anni).

Non hanno quindi da gioire Svezia, Germania e Francia, piazzatesi rispettivamente al quarto, quinto e sesto posto, ma sicuramente hanno davvero da piangere gli ormai storici fanalini di coda: Stati Uniti, Canada e Arabia Saudita. Se infatti le prime della classe fanno tanto, ma non abbastanza, il dramma di chi sta in fondo alla classifica è che non solo non fa, ma sembra non avere intenzione di fare niente pur avendone tutte le possibilità e soprattutto le necessità.

Il giudizio sulla politica climatica messa in atto dalle singole nazioni è, infatti, uno dei 3 parametri utilizzati nella compilazione della classifica, ed è così che la Repubblica Koreana con una politica sempre più attenta all’inquinamento passa dal cinquantaquattresimo posto dell’anno scorso al quarantunesino di quest’anno, tre posti sopra l’Italia.

Sì, l’Italia si trova nella parte medio bassa della classifica, una zona alla quale siamo ormai abituati; il quarantaquattresimo posto di quest’anno equivale infatti al quarantunesimo dell’anno scorso, se teniamo conto del podio vuoto che ha fatto scivolare ogni nazione in basso di 3 posizioni. “Teniamo!”, potrebbe dire qualche inguaribile ottimista, “coliamo sempre più a picco” si potrebbe invece affermare considerando l’andamento degli ultimi tre anni in cui abbiamo perso ben tredici posizioni.

Era inevitabile. Lo stato italiano non ha mai messo mano alla costruzione di una politica ambientale organica capace di incidere a qualunque livello sulle emissioni di CO2 prodotte nel nostro paese e questo si riscontra in maniera evidente nelle valutazioni del German Watch in cui il giudizio sulla politica climatica è il più basso insieme a quello di Stati Uniti e del Canada; persino stati africani come Marocco (20° in classifica generale) e Algeria (26°), o mediorientali come l’Iran (39°), hanno politiche climatiche più efficaci, ma prima di tutto hanno una politica climatica!

Le cose, però, potrebbero andare peggio, e forse riusciremo a fare in modo che sia così. La staticità della nostra posizione in classifica è dovuta, infatti, alle poche misure ambientali adottate in questi anni. Tra queste il conto energia per il fotovoltaico (grazie al quale il cittadino che decide di installare pannelli solari viene rimborsato del suo investimento) e gli incentivi del 55% per l’efficienza energetica degli immobili.


Climate change performance index 2008
Ma le dichiarazioni di questi giorni del ministro dell’economia Giulio Tremonti ci dicono che anche queste isolate disposizioni saranno a rischio a partire dal prossimo anno.

Non fosse sufficiente, ci ha pensato il Primo Ministro Berlusconi a polemizzare e minacciare veti (solo politici, dato che il diritto di veto non è pertinenza del Primo Ministro italiano) sull’approvazione del pacchetto clima europeo “20-20-20”, aiutandoci a capire ancora più chiaramente l’orizzonte culturale in cui l’Italia si muove rispetto al clima.

Indipendentemente da come si risolverà la questione, pare infatti evidente come ancora una volta il nostro Bel Paese si dimostri scarsamente lungimirante, preferendo la protezione di interessi economici particolari - tutti da valutare – rispetto ad un tema centrale per l’ambiente e l’economia, come quello della lotta al riscaldamento climatico.

Di questo passo saranno sufficienti 5 anni a portare l’Italia nei bassissimi fondi del climate change performance index.

Invertiremo la rotta?

10 Dicembre 2008 - Scrivi un commento
Ti � piaciuto questo articolo? Cosa aspetti, iscriviti alla nostra newsletter!

E-mail
Arianna Editrice
Macro Credit
Mappa Mondo Nuovo
PAROLE CHIAVE
LIBRI CONSIGLIATI
La Prossima era Glaciale

65 milioni di anni fa, i dinosauri vennero spazzati via dalla faccia della terra da qualcosa di terrificante...
Continua...
Il Mondo Secondo Monsanto

Monsanto è leader mondiale nella produzione degli organismi geneticamete modificati (ogm) ed è una delle...
Continua...
Vivere i Cambiamenti Climatici

I cambiamenti climatici in atto su tutto il pianeta rimarranno ancora a lungo. da dove vengono? qual è la...
Continua...
Breve Storia Del Clima

In che modo il riscaldamento globale potrebbe influenzare la nostra vita? è questa la causa dell'alternarsi...
Continua...
Notizie da un Pianeta Rovente

L'effetto serra è un conto aperto che l'umanità ha col proprio futuro. ne vediamo le conseguenze nei forti...
Continua...
Manuale di Sopravvivenza alla Fine del Petrolio

Un'approfondita riflessione e un manuale ricco di suggerimenti e proposte concrete per modificare il nostro...
Continua...
ULTIMI ARTICOLI PUBBLICATI
TERRANAUTA TV
E se succedesse alla tua casa?
Altri video su TERRANAUTA TV...
ARTICOLI CORRELATI
ULTIMI COMMENTI
gian_paolo ha commentato l'articolo Nucleare e salute, un'altra ragione per dire no
carlo ha commentato l'articolo Quel che resta del Polo
linda maggiori ha commentato l'articolo Latte materno, diossine e Pcb
Simone ha commentato l'articolo Prahlad Jani, l'asceta che si autoalimenta da 74 anni
grazia ha commentato l'articolo Orti urbani: sostenibilità e socialità