Questa volta a lanciare l'allarme è il prestigioso Worldwatch Institute – un'organizzazione fondata nel '74 da Lester Brown e diventata, in breve, una delle fonti più autorevoli per quanto riguarda la ricerca ambientale negli Stati Uniti – nel suo rapporto annuale “State of the World 2010”, chiamato per l'occasione “Dal consumismo alla sostenibilità”.
La ricerca sostiene che lo stile di vita cosiddetto occidentale, osannato da media e istituzioni come indice di progresso e benessere, utilizzato persino come scusa per muovere guerra – nel '91 George Bush padre disse “lo stile di vita americano non è in discussione” per giustificare all'opinione pubblica l'intervento militare in Irak – non solo non è sostenibile, ma va radicalmente cambiato se vogliamo sperare in un futuro per il pianeta. Continuando di questo passo, entro pochi anni resterebbero risorse solo per 1,4 miliardi di persone (a fronte di una popolazione mondiale che sfiora i 7 miliardi).
Solo negli ultimi cinque anni i consumi sono cresciuti del 28 per cento. I responsabili? Per buona parte i paesi più sviluppati. Si legge infatti che il 7 per cento più ricco della popolazione mondiale, una fetta relativamente piccola composta da 500 milioni di persone, è responsabile della metà delle emissioni nocive del pianeta. Un americano medio consuma quanto due europei, qualche decina di asiatici, diverse centinaia di africani.
Poi ci sono tutti gli altri, i poveri, quelli che del consumo delle risorse non possono che subirne le conseguenze. I 3 miliardi di persone provenienti dalla fascia più povera producono solo il 6 per cento delle emissioni nocive. Eppure sono proprio loro che fanno, e faranno, le spese maggiori del nostro sovraconsumo. Il continente africano è quello che soffre maggiormente dei cambiamenti climatici: un innalzamento della temperatura di pochi gradi può decretare la desertificazione – e dunque la totale inabitabilità – di interi paesi.
Ma lo “State of the World 2010” non contiene solo previsioni catastrofiche. Come recita il sottotitolo, il rapporto contiene anche una serie di consigli e buoni esempi per compiere la necessaria transizione “dal consumismo alla sostenibilità”.
Per l'Italia vengono citati, fra gli esempi da seguire, i Piedibus, sistema organizzato in cui un gruppo di genitori volontari accompagna i bambini a scuola a piedi, e le mense delle scuole romane, che sempre più prediligono menù biologici e a basso chilometraggio. In generale sono riportate un gran numero di buone pratiche sperimentate in varie parti del mondo che, se venissero adottate in massa potrebbero risolvere molti dei problemi sopra citati. In altre parole, le soluzioni non mancano. Avremo la forza di adottarle?
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