Nel 36% dei comuni non viene ancora realizzata una manutenzione ordinaria delle sponde. Nonostante sia così pesante l’urbanizzazione delle zone a rischio appena il 7% delle amministrazioni comunali ha provveduto a delocalizzare abitazioni e solo nel 3% dei casi sono stati avviati interventi di delocalizzazione dei fabbricati industriali. Nel 15% dei comuni mancano ancora i piani urbanistici che prevedono vincoli all’edificazione delle aree a rischio idrogeologico: i dati sulla pesante urbanizzazione delle zone a rischio nel paese dimostrano come sia urgente dare maggiore efficacia a questi strumenti normativi.
Dati confortanti arrivano invece per le attività svolte nell’organizzazione del sistema locale di protezione civile: l’82% delle amministrazioni comunali possiede un piano d’emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione, e nel 54% dei casi i piani sono stati aggiornati negli ultimi due anni.
Ecosistema rischio 2009 è stato presentato questa mattina a Roma nel corso di una conferenza stampa che ha visto la partecipazione del capodipartimento della Protezione Civile Guido Bertolaso, del presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza e del responsabile nazionale Protezione Civile di Legambiente Simone Andreotti.
“Le frane che hanno colpito in maniera drammatica Ischia e Messina sono l’ultima tragica testimonianza di quanto sia urgente invertire la tendenza nella gestione del territorio” – spiega Vittorio Cogliati Dezza -. “La continua e intensa urbanizzazione lungo i corsi d’acqua e in prossimità di versanti fragili e instabili, fa sì che il nostro Paese sia fortemente esposto ai rischi del dissesto idrogeologico. Il ritardo con cui troppe amministrazioni locali avviano interventi mirati ad attività di prevenzione e pianificazione, la lentezza con cui vengono avviati, là dove possibile, interventi di delocalizzazione di abitazioni e fabbricati industriali dalle aree più esposte a pericolo, la quasi totale assenza di progetti finalizzati alla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e delle zone dissestate risultano sconcertanti.
“I mutamenti climatici provocano sempre più spesso precipitazioni intense concentrate in periodi brevi, costringendoci a considerare con sempre maggiore attenzione il delicato assetto idrogeologico di molte aree del nostro Paese” - spiega Simone Andreotti -. “Non solo i grandi fiumi, ma anche i torrenti e le fiumare sono spesso minacciati da intubazioni insensate, discariche abusive, ponti sottostimati con costruzioni edificate sin dentro gli alvei. Ed è proprio da qui che bisogna partire per migliorare concretamente la sicurezza del nostro Paese.
I dati del nostro dossier dimostrano come sia urgente iniziare ad abbattere le costruzioni abusive e puntare decisamente sulla delocalizzazione delle strutture a rischio, sugli interventi di messa in sicurezza puntuali e di qualità. Se negli ultimi anni si è registrato un notevole passo in avanti compiuto dalle amministrazioni locali rispetto all’organizzazione del sistema locale di protezione civile, è indispensabile che da subito le stesse si attivino nella programmazione di una migliore gestione del territorio”.
Entrambe al nord le “maglie rosa” assegnate ai comuni più meritori: Palazzolo sull’Oglio (BS) e Canischio (TO) che verranno premiati con la bandiera “Fiume sicuro” come riconoscimento del buon lavoro svolto. “Maglie nere”, invece, assegnate ad Acquaro (VV), San Ferdinando (RC), Oppido Marina (RC) in Calabria; Altavilla Silentina (SA), Polla (SA), Quarto (NA) in Campania; e Vejano (VT) nel Lazio.
Tra i capoluoghi di provincia solo Cagliari e Perugia raggiungono la sufficienza. Nonostante in queste città sia notevole l’urbanizzazione delle aree a rischio infatti, sono stati realizzati interventi di manutenzione delle sponde dei fiumi e delle opere di difesa idraulica; sono stati redatti e aggiornati i piani di emergenza e sono state effettuate attività informative rivolte ai cittadini ed esercitazioni. Il fanalino di coda è invece Palermo che, pur avendo strutture in aree a rischio, non ha avviato nessuna politica di gestione del territorio.
10 Dicembre 2009 - Scrivi un commento
Ci sono aziende che operano nel settore della sicurezza, prevenzione delle frane e da due anni non hanno lavoro, questa è la realtà, mentre di frane (lavoro) c'è ne sono abbastanza o aspettate che ne vengano ancor di più per decidervi di con i soldi dei contribuenti mettere in sicurezza i cittadini dai massi !! Su questa faccenda non si fa abbastanza luce, che l'ANAS paga le aziende a un anno, cosa vergognosa essendo in Italia e che non si stanziano i soldi per la sicurezza, poi i danni arrivano e di maggior entità, così si spende di più per sistemare il territorio. Bisogna sempre aspettare di arrivare all'estremo e irreparabile delle cose !