Basta con la Campania della paura, bisogna cambiare rotta, utilizzare fondi in modo radicalmente diverso dal passato. Tutti ormai dicono che la riduzione del rischio idrogeologico e la manutenzione del territorio sono le prime grandi opere pubbliche di cui ha bisogno il Sud e la Campania in particolare, per favorire anche la qualità ambientale e l’occupazione. Sarebbe auspicabile passare dalle parole ai fatti”. Michele Buonomo, presidente regionale di Legambiente commenta così la frana che ha colpito l’isola di Ischia.
“Non sappiamo ancora quali sono le cause della terribile tragedia di Ischia, ma quel che è certo è che questo Paese deve smettere di parlare di prevenzione e cura del territorio solo in occasione di disastri e lutti”. Ha aggiunto Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente.
“E’ chiaro che abbiamo a che fare anche con gli effetti dei cambiamenti climatici in atto. Ma le piogge sempre più concentrate hanno conseguenze ancora più disastrose in quei territori dove già sussistono condizioni di rischio idrogeologico elevato, problemi di abusivismo, incuria del territorio e della sua vegetazione”. Ischia è famosa per le sue bellezze e per le proprietà terapeutiche delle sue acque ma anche per l’abusivismo edilizio imperante e impunito e per i violenti incendi estivi che contribuiscono all’instabilità del terreno.
“Non bastano le lacrime” - ha concluso Cogliati Dezza -. “Bisogna affrontare subito le questioni strutturali e politiche che possano metterci al riparo dal ripetersi di eventi di questo tipo. La gestione accurata e sistematica del territorio deve essere una priorità politica tanto del governo centrale quanto degli enti locali”.
Un territorio, quello campano, segnato drammaticamente dalla mancanza di una seria politica di prevenzione e manutenzione. Una regione dai piedi d’argilla, secondo i dati di Legambiente, con l’86% dei comuni classificati a rischio idrogeologico in tutte le cinque province, con Salerno in vetta con il 99% delle amministrazioni a rischio. L’81% delle amministrazioni hanno abitazioni nelle aree golenali, negli alvei dei fiumi e nelle aree a rischio frana, il 25% delle municipalità monitorate presenta addirittura interi quartieri in zone a rischio, mentre il 44% ha edificato in tali aree strutture e fabbricati industriali. Ancora, nel 23% dei casi presi in esame da Legambiente sono presenti - in zone esposte a pericolo - strutture sensibili come scuole e ospedali e strutture ricettive turistiche come alberghi e campeggi.
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