Nel nostro Paese, in particolare, è di scena un balletto di proposte di emendamenti al decreto legge finanziario 2010, il quale palesa un’insufficiente lungimiranza e soprattutto una limitata considerazione per le problematiche ecologico-ambientali.
A inizio novembre la Commissione Ambiente e Territorio del Senato ha bocciato un emendamento all’art.2 della Finanziaria che prevedeva la proroga fino a tutto il 2012 della detrazione del 55% per gli interventi di riqualifica energetica sugli edifici. La legge attualmente in vigore prevede, infatti, che essi siano applicabili fino al 31 dicembre 2010, ma dati gli ottimi risultati che tale incentivazione ha prodotto, appare evidente come un’estensione quanto meno al biennio successivo sarebbe raccomandabile.
Immediatamente dopo la non approvazione dell’emendamento, Luigi Casero, Sottosegretario all’Economia e alle Finanze, ha dichiarato in Aula che il Governo crede nell’utilità del bonus del 55%, pertanto intende prolungarlo oltre la scadenza tramite interventi legislativi: “Si sta ora lavorando per trovare una copertura finanziaria”.
Si troverà? O tra qualche settimana se ne saranno tutti già dimenticati?
Gli emendamenti proposti prevedono in primo luogo che la produzione di energia da fonti rinnovabili sia limitata lì dove la rete non sia in grado di sostenerla.
Secondo alcune direttive europee (2001/77/CE e successive) i gestori delle reti elettriche nazionali (in Italia si tratta di Terna) devono garantire priorità di dispacciamento all’energia prodotta tramite impiego di fonti rinnovabili e cogenerazione. Essi sono inoltre tenuti ad effettuare opportuni interventi sulla rete lì dove essa non sia in grado di accogliere energia prodotta secondo tali processi.
La modifica alla legge finanziaria permetterebbe invece a Terna di ignorare la seconda prescrizione della Comunità Europea e di decidere (autonomamente) di impedire l’accesso alla rete nelle zone in cui essa non sia adeguata a sostenere energia da fonte rinnovabile. La conseguenza diretta è che Terna può scegliere di non spendere alcunché in interventi di ammodernamento e semplicemente porre un limite allo sviluppo della produzione di energia non proveniente da combustibili fossili.
In secondo luogo, gli emendamenti includerebbero la riduzione del prezzo dei Certificati Verdi (che le imprese che emettono gas serra sono obbligati ad acquistare) da circa 85,00euro per MWh a circa 40,00euro per MWh. Come dire: compromettere il clima adesso costa meno.
Se queste normative entrassero in vigore, il settore delle energie rinnovabili subirebbe un brusco arresto, con ingenti conseguenze negative sui piani ambientale e occupazionale allo stesso tempo.
Quanto miopi sono dunque le scelte politiche di chi ci governa?
In seguito all’annuncio della non estensione della detrazione del 55%, per esempio, Rossella Giavarini, Presidente di Finco (Federazione Industrie, Prodotti Impianti e Servizi per le Costruzioni), ha indirizzato una lettera ai Ministri Tremonti, Scajola e Prestigiacomo, sottolineando quanto sia “indispensabile che la misura del bonus del 55% venga prorogata per il triennio 2011-2013, se non addirittura resa stabile”.
Oltre a questa presa di posizione, la lettera contiene una proposta di Finco come ulteriore incentivo all’accrescimento dell’efficienza energetica degli edifici: si tratta di un sistema di “Eco-Prestiti”.
Secondo quanto illustrato da Giavarini, ogni richiedente potrebbe accedere ad un prestito agevolato a tasso 0 per 10 anni, fino ad un massimo di 30000 euro. Il beneficiario dovrebbe dimostrare la realizzazione di almeno due interventi di riqualifica energetica, compresi sostanzialmente nella rosa di quelli previsti dallo stesso bonus del 55%: incremento efficienza delle coperture e delle pavimentazioni, dei muri perimetrali, degli infissi esterni (porte, finestre, schermature solari); installazione di apparecchiature e sistemi per il riscaldamento dei locali e dell’acqua e per la produzione di energia elettrica che utilizzino fonti rinnovabili.
Giavarini sostiene vivamente questo genere di azioni di promozione e sostegno, sia perché permettono di raggiungere gli obiettivi sottoscritti in fatto di riduzione di emissioni di gas serra, sia in quanto le ricadute nell’ambito delle attività industriali (anche piccole e medie imprese) e occupazionali sarebbero cospicue. Si tratta di fatto di un settore attualmente vivo e dalle ampie prospettive di crescita. Strozzarlo con politiche anti-incentivanti sarebbe deleterio e persino assurdo.
Cosa possiamo aspettarci a questo punto dal nostro Parlamento? Ancora una volta i fondi per l’ambiente e le energie rinnovabili risulteranno introvabili?
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