Quando alla fine del mese di aprile i media lanciarono i primi allarmi aventi per oggetto una futura pandemia di febbre suina, si distingueva molto chiaramente la mano di Big Pharma protendersi a sostenere un’operazione dai contorni indefiniti, foriera di lucrosi profitti per le grandi multinazionali farmaceutiche, il cui fatturato è ormai superiore perfino a quello dell’industria degli armamenti.
Sostanzialmente una manovra simile a quella messa in atto con la Sars e l’influenza aviaria, volta ad instillare la “giusta” dose di paura fra le popolazioni, sufficiente per creare il fertile humus necessario a rendere giustificabile l’investimento di miliardi di euro di denaro pubblico in farmaci antivirali e vaccini tanto dannosi quanto inutili.
Oggi a distanza di circa 6 mesi la febbre suina, ribattezzata nel frattempo influenza A, è arrivata anche in Italia, quasi contemporaneamente alle prime delle 24 milioni di dosi di vaccino ordinate dal nostro governo, che comporteranno un esborso di denaro pubblico nell’ordine del mezzo miliardo di euro.
Tutto non sembra però essere andato come previsto, ad iniziare dai risultati della campagna di “terrore per la pandemia” portata avanti a livello mondiale nei mesi precedenti, vaticinando milioni di contagi e centinaia di migliaia di morti.
Gli italiani sembrano infatti avere molta più paura del vaccino, piuttosto che non dell’influenza A e tanto le autorità quanto i grandi media deputati ad orientare il pensiero delle masse si ritrovano in palese difficoltà nell’affrontare un argomento che li costringe giocoforza a cadere continuamente in contraddizione. Come se non bastasse la pericolosità del vaccino sembra risultare ogni giorno più evidente ed anche le dinamiche con cui si manifesta il virus presentano alcuni punti oscuri di assai difficile interpretazione.
Il Ministero (che non esiste più) della Salute, presieduto da Ferruccio Fazio, ha scelto fin dall’inizio una linea di condotta estremamente pacata, lontana dall’allarmismo che spesso veniva diffuso all’estero ed orientata a presentare l’eventualità della pandemia come un fenomeno facilmente controllabile e tutto sommato di scarsa pericolosità. Tale linea di condotta, fortemente condivisibile, si manifestava però in profonda distonia rispetto alla decisione di spendere una cifra astronomica nell’acquisto di un vaccino di cui non sono comprovate né l’efficacia, né tanto meno la scarsa pericolosità. Lasciando in questo modo intuire la posizione del governo, conscio della natura squisitamente commerciale dell’operazione pandemia, ma al tempo stesso costretto a chinare la testa (ed aprire il portafoglio) di fronte ad una rappresentazione teatrale alla quale sarebbe stato comunque costretto a partecipare.
Nel corso dell’ultima settimana i casi di contagio da virus dell’influenza A in Italia sono aumentati notevolmente, così come anche il numero dei decessi (attualmente a quota 25) e degli ammalati ricoverati in gravi condizioni nei reparti di terapia intensiva e di rianimazione di molti ospedali italiani. I decessi sembrano concentrarsi particolarmente nel napoletano, dove sono morte 10 persone, e la somministrazione del vaccino ormai iniziata sta iniziando a produrre “effetti collaterali” anche di grave entità. Come se non bastasse alcuni fra i pazienti in pericolo di vita non risultano essere persone già affette precedentemente da gravi patologie (presupposto ritenuto finora indispensabile perché il virus porti a gravi conseguenze) bensì soggetti che godevano di un perfetto stato di salute.
A Torino nei giorni scorsi un uomo di 44 anni senza nessuna patologia pregressa è stato ricoverato a causa dell’influenza A in condizioni disperate all’ospedale Molinette, dove viene mantenuto in vita per mezzo della circolazione extracorporea. Sempre a Torino una ragazza di 25 anni in ottimo stato di salute, dopo avere contratto il virus è stata ricoverata in fin di vita nel riparto rianimazione dell’ospedale Maria Vittoria. In entrambi casi i primari hanno parlato di situazioni apparentemente “inspiegabili”, così come inspiegabile è parsa la scomparsa di Emiliana D’Auria, la bimba napoletana di 11 anni deceduta all’ospedale Santobono a causa dell’influenza A, senza che presentasse alcuna patologia pregressa.
Il ministro Fazio, oggi in visita a Napoli, ha continuato a rassicurare la popolazione, affermando che la situazione è sotto controllo ed il virus meno pericoloso di quanto si potesse prevedere. Invitando, come già ha fatto nei giorni scorsi, a non affollare i pronto soccorso, bensì a consultare il medico di famiglia, consigliando la vaccinazione per i soggetti a rischio. I giornali si muovono sulla stessa falsariga, nell’evidente intento di non provocare allarmismo, pur mantenendo alta l’attenzione sull’argomento al fine di giustificare la campagna di vaccinazione.
Gli italiani non danno la sensazione di essere in preda al panico, ma iniziano a prendere coscienza del fatto che autorità e media sembrano davvero non sapere che pesci prendere, limitandosi ad un’informazione generalista che non entra nel merito del problema ed è incapace di offrire risposte concrete alle domande che ogni cittadino, soprattutto se compreso fra i soggetti a rischio, non può mancare di porsi.
Di fronte a tante domande che probabilmente resteranno a lungo senza risposta non resta che affidarsi al vecchio buon senso, tenendosi alla larga soprattutto dal vaccino, che allo stato attuale delle cose sembra essere potenzialmente ben più pericoloso del virus che promette di combattere.
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