Se altri microrganismi hanno avuto bisogno di almeno sei mesi per diffondersi in tutto il mondo, la nuova influenza si è propagata in poche settimane. Le immagini del contagio rimbalzano su tutti i telegiornali, aumenta la paura, si diffonde ancor più velocemente il panico, gli spettri delle pandemia precedenti sono sempre evocati. Virus letali: in quanti film catastrofisti sono i protagonisti indiscussi?
Si confondono, come sempre, trattando temi che riguardano la salute e quindi la vita delle persone, affermazioni ed opinioni con dati scientifici e risultati di ricerche cliniche.
Sono ancora molte le domande aperte su questo nuovo virus influenzale, sulla sua origine (perché è iniziato in Messico?), sulla sua evoluzione (ci sono microrganismi associati che circolano contemporaneamente? quali sono i gruppi di età più colpiti?), sulla nostra capacità di affrontarlo (cosa c'è di insolito in questa epidemia?) e soprattutto di chiederci, onestamente, quanto hanno influito sulla sua comparsa elementi incontrollabili e quanto condizioni create dall’uomo.
Maiali che vivono e vengono macellati in allevamenti intensivi sono soggetti ad una serie di malattie che rendono indispensabile l'uso massivo di farmaci ed antibiotici, con grave danno del loro (e di conseguenza del nostro) sistema immunitario. “Siamo quel che mangiamo”, ma siamo anche quel che mangia quello che mangiamo noi.
A queste domande giornali e televisioni non cercano risposte: l'informazione, che è linfa vitale della democrazia, esalta così non il racconto del fatto – cioè la sua origine, il suo sviluppo, l'accadere - ma solo gli aspetti che più di altri colpiscono l'emotività: a grossi caratteri si parla di pandemia.
La definizione di pandemia, in realtà, non comporta un criterio di gravità, anche se il termine evoca subito “la spagnola” con il suo carico di morti. E' usato per segnalare un criterio di diffusione: quando la diffusione di un virus è sostenuta e persistente in più continenti. «Pandemico significa globale, ma non ha connotazioni di gravità», ha puntualizzato il portavoce dell'Oms, Gregory Hartl, ma il seme della paura germoglia. Il grande numero di decessi segnalati inizialmente in Messico, è stato ridimensionato anche se la situazione epidemiologica di quel territorio rimane poco nota.
Il virus, è vero, circola rapidamente, ma si presenta con sintomi lievi, come nelle banali sindromi virali, con facile guarigione spontanea. Eppure ogni giorno apprendiamo che qualche nuovo caso è segnalato in qualche città o paese a noi vicino. Se questa accuratezza di diagnosi eziologica (cioè l'identificazione precisa dei virus in tutte le patologie di lieve entità) fosse estesa a tutte le malattie, la medicina moderna farebbe enormi progressi.
L'indice di mortalità della “nuova influenza” è veramente basso: meno dell'1 per mille. Molto inferiore al tasso di decessi per l'influenza stagionale, che varia tra il 5 e il 15 per cento. Durante le epidemie influenzali, quando normalmente non ci si preoccupa di eseguire diagnosi di laboratorio per identificare il virus, la morte per influenza di un anziano o di una persona con patologia cronica (una cardiopatia, una bronchite cronica, ad esempio) viene attribuita in genere alle complicanze di queste patologie, e non all'influenza stagionale. Cosa che non succede quando si formula la diagnosi di nuova influenza: in questo caso, la responsabilità del decesso è generalmente riferito al virus.
Eppure, nonostante questo artificio statistico, la malattia non risulta particolarmente aggressiva. Al contrario dell'influenza aviaria, che avrebbe dimostrato un tasso di mortalità di circa il 40 per cento, ma che, generalmente, non si trasmette da uomo a uomo.
In realtà è verosimile che il numero dei casi reali della nuova influenza sia fortemente sottostimato, dal momento che i sintomi sono così aspecifici e a volte anche molto lievi. Ciò rende ancora più difficile valutare la reale proporzione delle complicazioni e dei decessi.
Questo legame limitato, debole, insieme a una piccola variazione genetica in un enzima dell'H1N1, spiega perché il virus non si diffonde con la stessa efficacia dell'influenza stagionale. I ricercatori hanno poi scoperto una seconda mutazione che ostacola l'abilità dell'H1N1 di trasmettersi rapidamente. In pratica, il nuovo ceppo del virus non presenta la versione del gene PB2 cruciale per una rapida diffusione nell'uomo.
Tanti governi – compreso il nostro - hanno annunciato la disponibilità di scorte di antivirali ai quali il virus è risultato suscettibile (Oseltemivir, Tamiflu e Zanamivir, Relenza) veicolando un messaggio indiretto di protezione certa. Ma la suscettibilità riscontrata in vitro è cosa diversa dall’efficacia clinica, non brillante neppure verso l’influenza stagionale, che andrà verificata sul campo. Basterebbe una singola mutazione per portare a un'inefficiente interazione del microrganismo con l'oseltamivir (Tamiflu), il farmaco usato per curare i pazienti,e potrebbero così emergere facilmente ceppi resistenti al Tamiflu.
Inoltre l' uso esteso e indiscriminato degli antivirali potrebbe favorire l'insorgere di resistenze, come già riscontrato. L'uso degli antivirali è stato esteso recentemente anche ai bambini sotto l’anno di età e nelle donne gravide in base a una valutazione teorica di maggior beneficio rispetto al rischio. Ma questo andrebbe verificato, anche alla luce delle numerose e gravi reazioni avverse segnalate in bambini giapponesi dopo la somministrazione del farmaco. In un report del BPCA ( Best Pharmaceuticals for Children Act ) sono state riportati eventi neurologici e psichiatrici, come delirio, allucinazioni, confusione, comportamento anormale, convulsioni ed encefalite.
In 12 pazienti pediatrici l’esito è stato fatale. E' vero che in molti di questi casi, una relazione tra impiego di Tamiflu e morte era difficile da valutare a causa dell’assunzione di altri farmaci, della presenza di altre patologie e/o per la mancanza di approfondite informazioni nella segnalazione, ma è certo che non è prudente per tutti i bambini assumere questo farmaco (che va somministrato entro 48 ore dalla comparsa dei primi sintomi) senza ulteriori dati di sicurezza, per una patologia che si risolve in genere spontaneamente.
Ma siamo proprio sicuri che sarà efficace?
L’assoluta novità del virus e il possibile utilizzo di nuove tecnologie, fanno sì che la reale efficacia e sicurezza del vaccino si potranno conoscere solo dopo l’introduzione su larga scala. Fino ad allora è tutto un tirare ad indovinare. Eppure i vaccini godono ancora di questo privilegio: sono considerati uno strumento salvifico, a prescindere, prima della dimostrazione clinica.
Conviene allora ricordare che, per il vaccino contro l'influenza stagionale, importanti studi scientifici hanno affermato che “L’efficacia del vaccino nei bambini, così come negli anziani, è risultata incerta, quando non addirittura assente”. Non c’è ragione di vaccinare i bambini sani. Innanzitutto, perché non sappiamo se e quanto funzioni la vaccinazione per l'influenza nel bambino, come è stato confermato da uno studio pubblicato sugli Archives Of Pediatrics And Adolescent sugli esiti della vaccinazione nei bambini con meno di 5 anni. E non bisogna scambiare per influenza le numerose patologie virali che possono interessare i bambini durante l'autunno e l'inverno. C'è molta confusione a proposito: i classici sintomi del raffreddore, mal di gola e febbre che mettono a letto grandi e piccoli non sono sempre riconducibili al virus dell'influenza ma, nella maggior parte dei casi, ad altri virus e patogeni. Si parla in questi casi, di sindrome simil influenzale. Si stima che siano positivi al virus dell'influenza solo tre adulti su dieci e un bambino su dieci che presentano i sintomi simili all'influenza. E sulle forme simil-influenzali l'efficacia della vaccinazione è ovviamente zero.
Un'epidemia influenzale si verificò nel 1977 in un campo militare del New Jersey causando 500 malati e la morte di un giovane soldato. Anche allora si sostenne che l'epidemia che si stava verificando era dovuta a un virus molto simile a quello della famigerata 'spagnola'. La paura di un ritorno di quel flagello sfociò nell'annuncio del presidente Ford che il Governo federale americano avrebbe stanziato 135 milioni di dollari per la messa a punto di un vaccino con il quale l'intera popolazione statunitense avrebbe potuto essere protetta. Ma l'alta frequenza di reazioni avverse gravi alla vaccinazione, come la sindrome di Guillain Barré , causò la sospensione del programma vaccinale, per il timore dell'industria farmaceutica di pagare ingenti risarcimenti per i danni provocati ai soggetti sottoposti alla vaccinazione.
L'ultima considerazione che leggiamo in questi giorni è legata alla diminuzione della produttività se in tante, troppe persone saranno messe a letto dalla nuova influenza. Io credo di svolgere un lavoro utile (non mi considero indispensabile), che svolgo con passione. Ma non per questo rinuncerò al diritto, se febbre e tosse avranno il sopravvento, di stare cinque giorni a letto, in attesa della guarigione. Per cercare di non ammalarmi terrò presenti quegli interventi di provata efficacia nel prevenire la diffusione di tutte le infezioni respiratorie, che, ahimè, non sono farmacologici, e, forse per questo, non vengono mai ricordati.
Le misure igieniche che vanno caldamente consigliate sono:
- lavarsi spesso e accuratamente le mani con acqua e sapone;
- coprire la bocca e il naso quando si tossisce o si starnutisce (e dopo lavarsi le mani);
- evitare di toccarsi occhi, naso e bocca, facili vie di entrata del virus;
- chi sta male deve rimanere in casa, e non andare a scuola o al lavoro;
- evitare luoghi affollati dove ci sono casi di malattia.
L’uso della mascherina è risultato efficace negli ambienti di assistenza sanitaria, mentre per altre circostanze l’efficacia non è stata stabilita.
Articolo di Eugenio Serravalle tratto da Edizioni Salus
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