Legambiente

Febbre suina: abolire gli allevamenti intensivi per abolire le epidemie animali

Per fermare la febbre suina che si sta diffondendo rapidamente nel mondo, per scongiurare il pericolo di nuove ondate di Sars o di altre epidemie di origine animale basterebbe modificare i sistemi di allevamento intensivi, ormai riconosciuti come causa scatenante delle pandemie ma ancora praticati senza limiti in tutto il pianeta.

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Maiali
L'allevemano intensivo produce inevitabilmente scompensi per la salute animale e quindi anche per quella umana
“L’allevamento intensivo industriale prevede la produzione di carni e derivati animali attraverso un vero e proprio sistema di detenzione in edifici di cemento di migliaia di animali della stessa specie, della stessa razza, della stessa età e dello stesso sesso, in ambienti minimi, illuminati artificialmente, assolutamente inadeguati anche per le esigenze primarie delle specie allevate ha dichiarato Francesco Ferrante, responsabile agricoltura di Legambiente -.La somministrazione forzata di cibo sottoforma di mangime, più spesso chimico che naturale, e la spaventosa concentrazione di nitrati difficilmente smaltibili in modo consono, contribuiscono allo sviluppo di virus sempre più forti e pericolosi prima per gli animali e poi, con le successive modifiche, per gli uomini”.

Già negli anni ’90, la comunità europea aveva tentato di porre dei rimedi a questo stato di cose con alcune direttive importanti, mirate alla mitigazione degli impatti sanitari e ambientali di questo modello di allevamento. “Ma la direttiva nitrati del 1991, come la successiva direttiva sul benessere animale o la messa la bando della gabbie per le galline ovaiole - ha sottolineato Ferrante - non hanno mai trovato applicazione effettiva negli Stati membri e in Italia addirittura non si riesce a imporre la necessaria regolamentazione sui nitrati che continuano a inquinare terreni e falde acquifere se non i prodotti alimentari veri e propri”.

Non è bastata nemmeno l’esperienza dell’influenza aviaria, che tra il 2005 e il 2006 col virus H5N1 sterminò 300milioni di volatili e uccise molte persone, soprattutto nei paesi più poveri, a farci tornare ad un modello di produzione alimentare più sostenibile e equilibrato. Ancora oggi, vediamo in alcuni paesi del Veneto allevamenti che contano per 28mila polli per chilometro quadrato, o 10mila maiali stipati in 7mila metri.

“Eppure – ha continuato Ferrante - ogni operatore del settore sa che questo metodo di allevamento oltre a produrre una cattiva qualità di derivati animali, impone una selezione delle razze sempre più dipendenti dagli interventi dell'uomo, dal consumo di antibiotici, da una gestione sempre più articolata e innaturale dei reflui e dei nitrati, causa della produzione di virus e malattie”.

Il tentativo spasmodico di aumentare i profitti continuando a comprimere i costi di produzione è responsabile della pericolosa pratica di immissione nelle diete alimentari degli animali di sottoprodotti industriali come le farine animali, di prodotti geneticamente modificati (che costano meno anche per facilitarne la diffusione e il consumo), di oli esausti. Pratica questa che non ci ha risparmiato le emergenze alimentari per i polli alla diossina, i casi di mucca pazza, il commercio più o meno illegale di vitelloni dopati o di uova all'antibiotico.

“Evidentemente - conclude Ferrante - il modello agricolo della chimica negli allevamenti intensivi senza regole è arrivato al capolinea. E’ urgente un radicale ripensamento del settore che metta al centro la qualità e l’equilibrio con la natura, in modo da poter avere prodotti buoni e sicuri per la salute. Ciò, inevitabilmente, determinerà anche il cambiamento di alcune nostre consolidate abitudini alimentari. Ma non ci sono scorciatoie. E’ urgente intervenire, e lo confermano anche numerosi medici e studiosi del settore”.

28 Aprile 2009 - Scrivi un commento
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5 lettori hanno commentato questo articolo:
4/5/09 06:53, V. ha scritto:
segnalo un altro film che andrebbe assolutamenbte visto: "our daily bread" ("il nostro pane quotidiano"), un film di sole immagini che mostra la produzione di carne, verdure,latte etc. in capannoni dove gli animali e le piante vengono torturati sprecando ingenti quantita´di energia e avvelenando con sostanze varie tutta la filiera alimentare.
le immagini parlano molto piu´delle parole
30/4/09 13:10, Lorenzo ha scritto:
Gli interventi di Mattia e di V. dimostrano che la sensibilità al problema esiste e incontrarci qui, in questo spazio messo a disposizione di Terranauta, significa prendere coscienza del fatto che la questionesi gioca sula campo della comunicazione. Non è un mistero che la situazione (in fatto di grandi mass-media) è tragica.Meno male che c'è il WEB
30/4/09 11:52, V. ha scritto:
ciao lorenzo, le campagne di sensibilizzazione vanno avanti da anni, ma evidentemente molta gente da questo orecchio e´sorda. per cui le campagne vanno intensificate.
segnalo un film molto utile a questo scopo, si intitola "we feed the world" e mostra tutti i lati della produzione industriale di alimenti (non solo carne ma anche pesce, monocolture etc.)che la pubblicita´non ci fara´vedere mai.
chi ne ha la possibilita´lo faccia vedere a piu´persone possibile!
anche secondo me non e´indispensabile diventare vegetariani, basta cambiare i metodi e la quantita´di carne prodotta, ritornando a considerarla quello che´stata per millenni: non il cibo quotidiano ma un lusso da concedersi in occasione di feste ed eventi speciali.
e considerando gli animali come esseri viventi con i loro diritti e non come fonte di profitto. secondo me´ogni carnivoro dovrebbe almeno una volta nella vita assistere ad una macellazione, cosi´da rendersi conto di cosa c´e´dietro alla bistecca e al salame.
saluti
30/4/09 02:21, Lorenzo ha scritto:
Con rispetto e sommessamente...e se invece si proponesse la drastica diminuzione del consumo di carne? Non dico di diventare vegetariani (io l'ho fatto ma non sto qui ad autoglorificarmi),ma una buona campagna di sensibilizzazione fra i cittadini indurrebbe gli allevatori a prendere atto di un mutamento del clima.Se diminuisce la domanda di carne, diminuisce il senso (ammessso che ne abbia) dell'allevamento intensivo il quale, ricordiamolo, è lo specchio della nostra ingordigia, fabbrica di carne dove l'animale perde qualsiasi dignità di essere vivente.
29/4/09 12:48, Mattia ha scritto:
Togliere i finanziamenti agli allevatori:
http://www.nutritionecology.org/it/news/stop_subsidies.html
e convertirsi al vegetarianesimo.

Più salute, meno inquinamento, più risorse, niente più animali ammazzati.

:)
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