Certo, la situazione è in continua evoluzione e viene costantemente tenuta sotto controllo, ma questo è il punto fermo da cui occorrerebbe partire.
In secondo luogo va anche sottolineato che i casi di morte che si sono avuti in Messico (8 su un totale di 99 persone infettate) non sono stati ancora analizzati al meglio nella loro evoluzione patologica.
C'è addirittura chi mette in dubbio la causa virale da febbre suina come la causa determinante della morte di tali soggetti. E non è una persona qualunque colei che fa questa affermazione bensì Tereza Brugal, presidente della Società spagnola di epidemiologia, che in una intervista pubblicata nel sito del quotidiano spagnolo El Mundo dichiara che tali decessi potrebbero anche essere dovuti ad un insieme di altre concause aggravanti come ad esempio il ritardo nella diagnosi e nel trattamento dell'infezione (per l'inadeguatezza del sistema sanitario messicano), un debole sistema immunitario da parte degli infettati e la presenza di altre patologie pregresse (per le cattive condizioni alimentari e igieniche in cui vivono moltissimi messicani; Città del Messico è infatti una delle città più popolose e inquinate del mondo).
A partire da queste premesse che riflessioni si possono fare?
La prima che mi viene in mente è ovvia ed è sempre la stessa per ogni allarme di tipo “alimentare”, ossia la condizione grave in cui gli animali da carne vengono allevati, con mangimi “monotematici”, in spazi angusti, sovratrattati farmacologicamente e magari a contatto con nitrati ecc. È chiaro che in queste situazioni i virus hanno buon gioco nella loro corsa alla riproduzione, alla mutazione e alla colonizzazione degli organismi. Lo stretto contatto con gli allevamenti intensivi, e magari in condizioni di scarsa igiene, pare il mix necessario per la trasmissione del contagio all'uomo (così come pare sia accaduto per il primo caso accertato in Messico).
Tutto, però, è molto controverso.
Ad esempio, l'Organizzazione mondiale per la salute animale sostiene che non vi sono focolai di influenza suina negli allevamenti di maiali messicani e che non è dimostrata alcuna trasmissione tra le due specie, perlomeno non in questa occasione.
Un altro aspetto della questione è che, a fronte di quello che sta accadendo, dovremmo perlomeno riflettere sul fatto che la produzione di animali clonati, e quindi con lo stesso patrimonio genetico, come da più parti si auspica ormai col sostegno dell'industria biotech, ci metterebbe in realtà in una situazione catastrofica di fronte a eventualità di pandemie generalizzate, dato che solo la diversità “individuale” può trovare le strategie per far fronte a questo tipo di situazione biologica.
È la biodiversità che va incentivata. Non l'omologazione.
Eppure, perlomeno fino al 28 aprile scorso, l'OMS ha “ribadito con forza” che non si raccomandano né chiusura delle frontiere né restrizioni ai viaggi internazionali. L'importante, secondo la massima organizzazione mondiale che dovrebbe tutelarci a livello sanitario, è rimanere “calmi e razionali”, che probabilmente, tradotto nella lingua del mercato della salute, significa vaccinarsi o munirsi di antivirali e continuare a spendere e spandere in ogni ambito. Primum non nocere... al salvadanaio del sistema.
Ultimo dato di fatto su cui spendere una parola: un essere umano è costantemente a contatto con batteri e virus di ogni genere. Virus e batteri possono sì avere un potenziale nocivo, ma questo deve fare i conti con il nostro sistema immunitario. E non è una differenza da poco, altrimenti saremmo estinti come specie già da un pezzo. Se un sistema immunitario è equilibrato e in buona forma i rischi di complicazioni gravi dovuti a un'infezione si riducono moltissimo. Salvaguardare quindi con l'alimentazione e lo stile di vita il proprio benessere psicofisico è sempre e comunque un buon investimento. Anche per il Pianeta. Ad esempio, mangiare poca carne oltre che a garantire un migliore stato di salute a chi lo pratica consentirebbe di limitare il numero di allevamenti e conseguentemente di aumentare gli spazi e/o il modo di allevare gli animali destinati all'alimentazione umana. Il che ridurrebbe la loro sofferenza. Se poi si volesse divenire vegetariani... la febbre dell'oro non ci contagerebbe.
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