Per raggiungere risultati significativi in entrambi gli aspetti è però necessario che l'Europa, dopo aver approvato il protocollo di Kyoto, venga affiancata nei suoi propositi dagli USA e dal BRIC - Brasile, Russia, India, Cina - cosa che ad oggi pare più facile a dirsi che a farsi.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, se un anno fa la strada pareva decisamente segnata, oggi il governo di Barack Obama, logorato dalla estenuante lotta per la riforma sanitaria, gode di margini di manovra decisamente più ridotti e rischia quindi di poter fare molto meno di quanto vorrebbe. La situazione del BRIC è, invece, diversa in quanto i paesi emergenti puntano sul fatto che la responsabilità della situazione attuale è solo in minima parte loro perché solo recentemente hanno raggiunto livelli di industrializzazione tali da influenzare il clima. A tal proposito propongono risposte differenziate. Una posizione comprensibile ma decisamente miope.
Stando così le cose la situazione appare quindi meno rosea del previsto. Un elemento però è consolante ed esce da ogni valutazione di carattere politico, economico o quant'altro, la crescente sensibilizzazione verso le tematiche del clima e del riscaldamento globale dell’ opinione pubblica mondiale, la quale, ne siamo sicuri, sarà presente in massa a Copenaghen. In questo senso il carico di responsabilità e di pressione sulle spalle dei governanti della Terra per il raggiungimento di accordi concreti sarà, in quei giorni, decisamente rilevante.
A ribadire come i popoli e i loro comportamenti possano, anche in questo secolo, avere un peso determinante ci pensa in questi giorni anche la ricerca PNAS (Proceeding of the National Academy of Science) condotta dal sociologo Thomas Dietz secondo la quale, conti alla mano, con le sole azioni domestiche messe in atto dai singoli individui sarebbe possibile abbattere di percentuali significative, molto vicine a quelle del protocollo di Kyoto, i consumi di combustibili fossili.
Il protocollo di Kyoto e i potenti hanno, in questo senso, fallito obiettivi ben più modesti. Chiaro, la rivoluzione verde dal basso, se così vogliamo chiamarla, per riuscire ha bisogno di molti ed efficaci incentivi statali - e quì forse sta il punto debole - ma d'altronde la stessa cosa non vale per i ben più ambiziosi protocolli internazionali? E soprattutto, c'è un incentivo più forte di quello fornito da un mondo il cui equilibrio climatico e geotermico degrada giorno dopo giorno? Noi crediamo di no.
In attesa che i potenti il mese prossimo decidano la strada da imboccare - la classica via di mezzo questa volta non è consentita - il WWF in collaborazione con Repubblica lancia un calcolatore della propria impronta ecologica, un modo per essere consapevoli del proprio impatto sull'ambiente e per cominciare a correggere in meglio i propri comportamenti.
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