Sono abbastanza sicuro però che il modello dei GAS abbia compiuto il suo tempo e svolto egregiamente la sua meravigliosa opera di trasformazione culturale.
I GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) hanno a mio parere una caratteristica molto precisa: nascono e si sviluppano come circuito di acquisto alternativo a un mercato principale. Nei GAS si ritrovano persone che vogliono compiere scelte più etiche e consapevoli, sottraendosi alle mille insidie del mercato della crescita.
Fin qui tutto bene, ma i tempi cambiano e anche grazie al prezioso lavoro dei GAS è arrivato il momento di passare alla fase successiva. Bisogna cominciare a contaminare e a trasformare il mercato “normale” quello da cui fino ora si cercava di stare lontani.
Nella logica dei GAS ci sono infatti alcuni aspetti che portano verso scelte che non sono sostenibili e che per la loro scomodità continuano ad escludere da questo circuito moltissime persone. Chiunque appartenga a un GAS ha sperimentato difficoltà in fase di ordine dei prodotti (specie se si tratta di prodotti freschi e deperibili), il peso delle gestione degli ordini stessi, la scomodità di ritirare la merce solo in una dato momento, ecc.
Modifichiamo la formula
Così ho pensato che nel modello GAS si potrebbe fare una variazione passando da Gruppi di Acquisto Solidale a Gruppi di Acquisto Sostenibili di Transizione.
Sostenibili perché a mio parere il concetto di sostenibilità non riguarda solo la “meccanica e il ciclo” delle risorse. La sostenibilità deve e non può che essere anche un fattore sociale e contenere in sé solidarietà, etica, trasparenza, equità. Tutto il processo di acquisto deve essere “sostenibile”, se per avere una zucchina biologica si consumano 6 litri di benzina il processo non sta funzionando.
Inoltre il GAST dovrebbe essere integrato in una più ampia iniziativa di transizione del sistema (ecco la contaminazione del mercato attuale). Il GAST dovrebbe operare perché prodotti sostenibili arrivino nei negozi normali. La logica dal produttore al consumatore ha molti limiti. Funziona bene e risulta veramente sostenibile solo in certi casi particolari.
Parlando con gli agricoltori ci si rende conto che se oltre a coltivare questi devono gestire un canale di vendita, a un certo punto hanno bisogno di una strutturazione (che significa costi). Serve qualcuno che vada al Farm Market, che prepari i prodotti in un certo modo, servono tempo e soldi. Ciò che si pensa di risparmiare evitando il passaggio in negozio in realtà, nel migliore dei casi, si evita solo parzialmente.
I negozi sono nati in epoca preindustriale e hanno un preciso senso logistico. Credo che se ci si limitasse a un solo passaggio intermedio tra produttore e consumatore (cosa che in una logica di filiera corta mi pare possibile) i costi rimarrebbero ragionevoli e aumenterebbe notevolmente l’efficienza del sistema. Così zucchine, pomodori e pere prodotti da fornitori diversi sarebbero reperibili comodamente presso un unico punto vendita. Se poi questo punto vendita fosse in grado di gestire consegne a domicilio ben organizzate, magari con un veicolo elettrico rifornito da un bell’impianto a energia rinnovabili, ci staremmo avvicinando molto a una situazione di grande sostenibilità.
Ma la parola Transizione, nella sigla starebbe anche a indicare un certo tipo di sguardo complessivo di cui il GAST sarebbe portatore. Sappiamo che la resilienza delle nostre comunità dipende dalla ridondanza dei sistemi che sapremo costruire. E quindi il GAST dovrebbe operare per differenziare i sistemi di approvvigionamento alimentare sostenendo parallelamente alla “riforma” del mercato, la nascita di orti, fattorie sociali, la riscoperta delle verdure spontanee, la nascita di foreste edibili permanenti, l’autoproduzione, il reskilling, ecc.
Come fare tutto questo?
Il modello della Transizione fornisce già moltissimi degli strumenti necessari, principi di riferimento e un grande paradigma a cui ispirarsi. Se mancasse qualcosa lo inventiamo, che problema c’è?
Mi piacerebbe moltissimo che qualcuno organizzasse un grande Open Space con tantissimi “gasisti” per far nascere mille idee su questo tema. Credo che emergerebbero cose splendide.
Articolo tratto da Io e la transizione
Schiavi del Supermercato
Qual è lo scenario della grande distribuzione organizzata in Italia? Chi sono i protagonisti del sistema... Continua... |
L'esperienza che ho avuto e che continuo ad avere come membro di un gruppo di acquisto solidale, mi ha fatto rinascere come consumatore e mi ha fatto acquisire una consapevolezza di problematiche che prima non avevo o di cui non credevo potessero interessarmi e toccarmi così da vicino.
Trasformarmi da consumatore passivo in consumatore attivo, in grado di intervenire nel processo di distribuzione non solo del prodotto ma anche delle risorse e degli elementi collegati e connessi (trasporto, ambiente, prezzo, scelta e sostegno economico) mi ha reso molto più determinato e cosciente.
Trovo la costituzione del GAS come una rivoluzione copernicana a cui è impossibile poter dare alternative (fermo restando che, purtroppo, l'alternativa è costituita dall'attuale metodica imperante della GDO) ed a cui sarebbe paradossale e incongruente dover costituire una diversa GDO che utilizzi gli stessi strumenti e le stesse tecniche.
Meglio, quindi, agire capillarmente per una formazione sempre maggiore di nuovi GAS, accentuando tutti quegli elementi che, fino ad ora, sono risultati l'unica alternativa possibile.