La sua preparazione ha richiesto il consumo di energia che proviene in larga parte da fonti non rinnovabili: il computer dell'autrice è rimasto acceso, consumando elettricità (domestica, ma anche dei server), durante tutto il tempo richiesto per condurre ricerche su Internet e per battere l'articolo stesso; il reperimento di fonti cartacee che saranno eliminate (rigorosamente in maniera differenziata) porterà a un piccolo aumento della quantità di rifiuti e del consumo di energia necessaria per smaltirli; anche l'invio per posta elettronica alla redazione implica l'uso di energia sia a casa della sottoscritta, sia nel quartiere generale di Terranauta.
E infine, anche chi sta leggendo in questo momento sta consumando elettricità, la quale è ancora prodotta ricorrendo massicciamente all'uso di combustibili fossili e quindi, in ultima analisi, è responsabile dell'aumento di gas serra nell'atmosfera del nostro pianeta.
Considerazioni come questa non vogliono certo indurre il lettore a spegnere il suo pc, né a gettarlo nello sconforto al pensiero che, volendo ridurre drasticamente le emissioni di CO2, si dovrebbe sospendere praticamente qualsiasi attività umana.
Può però indurre a riflettere sul fatto che i siti web – contenitori di informazione che si percepiscono come totalmente virtuali e privi di conseguenze sulla produzione di rifiuti – non appartengono affatto a un universo parallelo e pulito: ma sono al contrario ben radicati nel mondo reale e nei suoi processi produttivi, tutti concretamente ad alto impatto ambientale. Si stima infatti che l'uso di Internet, nel suo complesso, produca ogni anno l'immissione di 50 tonnellate di anidride carbonica nell'atmosfera.
Dall'ottobre del 2007 un sito web americano, www.co2stats.com, consente di calcolare l'impatto ambientale di un sito internet – che sia di dimensioni colossali o che sia il vostro piccolo blog personale – semplicemente inserendovi gratuitamente un widget dotato di un contatore che somma le visite al sito stesso e ne calcola le conseguenze in termini di emissioni, tenendo conto dell'energia consumata da chi si collega al sito e l'energia che serve a mantenere online il sito stesso. Secondo gli ideatori del progetto, Tim Sullivan e Alex Wissner-Gross, le visite al sito co2stats hanno superato il milione, e sono già più di un migliaio i siti che hanno adottato e messo in mostra il famoso contatore.
Ma il progetto ha ambizioni che vanno ben oltre il semplice conteggio delle visite e dell'energia consumata: co2stats infatti controbilancia le emissioni monitorate acquistando “carbon offsets”, ovvero investendo in energie rinnovabili o in altri progetti relativi alla protezione dell'ambiente. Al momento, co2stats contribuisce al finanziamento di Sustainable Travel International, agenzia americana che promuove il turismo responsabile.
CO2stats raccoglie i proventi necessari grazie alla sponsorizzazione di numerose aziende che hanno interesse a promuovere un'immagine “eco-friendly”. La speranza degli autori è di continuare a riuscire, anche in futuro, a tenere il passo con il numero crescente di widgets adottati da sempre più siti web, acquistando la corrispondente quantità offsets. Sullivan e Wissner-Gross sembrano molto ottimisti in quel senso.
E il colosso del web 2.0 Facebook ha recentemente messo a disposizione degli iscritti un'applicazione, Greenbook, che se aggiunta a un profilo utente funziona esattamente come co2stats, ovvero conteggiando i consumi e finanziando l'acquisto di offsets grazie a sponsorizzazioni esterne.
Piccole idee ecologiche che possono giovarsi della creatività, della viralità e degli sviluppi a volte imprevedibili che interessano, di questi tempi, il web.
24 Febbraio 2008 - Scrivi un commento