Milano è una realtà assai vivace sul piano della creatività imprenditoriale e, tutto sommato, questa è nata come attività di impresa che fornisce un servizio “urbanistico”. Forse ciò è possibile anche per il grande numero di persone che costituiscono un immenso bacino di potenziali fruitori, o forse perché Milano come città è un po’ ostile e ci costringe ogni giorno a reinventarci per sopravvivere.
Comunque, per chi trova stimolanti le difficoltà, Milano è un bel campo pratica. Qui si mangia pane e stress. Vivere a Milano e gestire 130 orti urbani è la giusta contraddizione che rende tutto più originale e fonte di gioia. Se è vero che per godere del cibo devi provare la fame, per godere del sole devi provare la pioggia, per godere della salute devi provare la malattia, per godere della gioia che la terra sa dare devi provare l’oppressione dell’asfalto.
Quindi è proprio vicino alle peggio città che si devono proporre gli orti urbani, che io preferisco chiamare giardini familiari. Per il resto, gestire 130, 260, 10.000 orti urbani o giardini familiari è cosa assolutamente praticabile a condizione che siano ben realizzati gli impianti di supporto e che si determini efficacemente un obiettivo condiviso dagli utilizzatori dei giardini stessi.
Inoltre si deve considerare che Milano è una città nella quale la fruizione del verde pubblico, scarso o male collocato e peggio attrezzato, deve essere reinventata. Sul piano personale, essendo io un architetto, credo di avere una certa predisposizione funzionale per tutto ciò che riguarda l’allestimento degli spazi dove svolgere attività umane, compresa la vita all’aria aperta che si realizza negli orti urbani.
Come è nata l’idea di realizzare degli orti urbani e quando?
L’idea, come sempre, è nata per caso, ma sul substrato delle mie “speculazioni” (pensiero che indaga un problema senza alcun dato sperimentale) urbanistiche sul tema delle aree a standard vincolate dai PRG, ma non trasformate dalle competenti autorità in verde fruibile, e normalmente neppure acquisite, ma semplicemente vincolate. Più in generale, l’idea nasce anche dalla mia propensione a “regolamentare” quelle attività umane positive, ma che se vengono svolte in regime di anarchia normativa risultano negative per il disordine oggettivo e la litigiosità delle relazioni.
Il passo dall’osservazione degli orti abusivi (indescrivibili per accumulo di rifiuti e marginalità sociale) alla creazione di orti-giardini regolamentati è abbastanza breve. Ovviamente doveva capitare un evento casuale e cioè che la mia famiglia disponesse di un’area vincolata e che la sola manutenzione in attesa di un improbabile esproprio fosse fonte di perdite economiche.
Per qualche anno ho raddoppiato il numero degli orti, per fare fronte alle nuove richieste, spontanee. Oggi si nota un incremento di richiesta che corrisponde alla diffusione dei temi legati alla qualità del cibo, del tempo libero, del rapporto con la natura. Non mi sembra che, nonostante la crisi economica, si possa riproporre una lettura da “orti di guerra”, grazie al cielo.
Anche se per qualche famiglia o per qualche pensionato può essere interessante il risparmio sugli acquisti. Bisogna osservare che il costo, legato alla necessità di disporre di un’area, attrezzarla e gestire il servizio, riduce abbastanza il beneficio che deriva dalla produzione. Tuttavia, rispetto alla richiesta di qualità organolettica del cibo, connessa alla possibilità di consumo entro tempi molto brevi dal raccolto, la proposta dell’orto urbano è assolutamente gratificante.
Chi è il destinatario ideale di questi orti?
Non si deve pensare ad alcuna categoria come destinataria ideale. Le stesse categorie rappresentate nella società urbana possono essere utenti dell’orto-giardino. Magari con prevalenza per i nuclei familiari che in orari diversi e per diverse funzioni, possono fruire dell’area. Mattina il nonno, per curare lavori al terreno e innaffiare, pomeriggio la mamma con i bambini dopo la scuola, anche per fare i compiti e la merenda all’aperto, ora del the la nonna, perché il sole è meno fastidioso e si può raccogliere con mani esperte, verso il tramonto il papà che dopo il lavoro può finalmente stropicciarsi la camicia e sporcarsi le scarpe per dare l’acqua alle radici delle piante, difendendosi come meglio può dalle zanzare in arrivo.
Non mancano cultori della vita a contatto della natura, amanti del chiacchiericcio pomeridiano, cultori del barbecue, gruppi di giovani che fingono di zappare o di preparare l’esame universitario e tracannano allegramente qualche birretta seduti sull’erba, fino a tarda ora e vigilando sui recinti e gli accessi.
Quanto costa affittarne uno e che servizio offri?
75 mq costano 360 euro/anno, iva compresa. Si ha diritto all’acqua di falda sia come scorta intiepidita in un fusto da 300 litri per ogni orto che come erogazione al rubinetto, negli orari prefissati in base alle stagioni. Ogni orto ha un recinto che può essere costituito da una siepe, oppure da una staccionata in legno, oppure da un sistema misto legno-rete plastificata. Parcheggio interno in zona separata e senza interferenze con gli orti, possibilità di impiantare un gazebo tessile e gli arredi di base per il barbecue, una cassa in legno abbastanza grande per contenere gli attrezzi principali.
Tutto circondato da una corretta quantità di verde percorribile a piedi e di aree di prato per il gioco libero dei bambini.
Qual è il tuo obiettivo per il futuro?
Devo convincere le amministrazioni comunali ad inserire nei Piani Regolatori delle aree di “verde privato” nelle quali si possano realizzare dei veri e propri consorzi di proprietari di orti-giardini, ben regolamentati e gestiti, in prossimità degli abitati, ma anche di aree di verde pubblico di tipo classico.
Per fare ciò sto preparando un progetto di orto-tipo che superi alcuni limiti di allestimento che ho rilevato in quelli realizzati da me a Milano in via Chiodi. In questi casi sarebbe prezioso il recupero delle cascine, anche in attività, per tutte le necessità di assistenza (vangatura meccanica, concimazione, corsi, ostelli per chi volesse fermarsi vicino all’orto nel week end, servizi igienici, piccola ristorazione agrituristica, festicciole, ecc). In alternativa si dovrebbe pensare a dei piccoli edifici di supporto costruiti al centro di ogni consorzio.
Inimmaginabile. Sul tema conviene visitare il sito dell’Office International du Coin de Terre e des Jardins Familiaux.
Credi che la tua iniziativa sia esportabile in altre città italiane?
In Italia il clima e il territorio sono ovunque favorevoli. Credo che anche nelle realtà meno urbanizzate ci sia un grande numero di persone che non può disporre, nel proprio giardino, di un’area coltivabile e che abitando in condominio vorrebbe trascorrere del tempo all’aperto, senza annoiarsi su una panchina o guardando, inattivo, una partita di bocce.
Qual è la differenza tra la realtà italiana e quella degli altri paesi europei?
Le viste dal satellite sono utilissime per valutare le differenze, dato che la precisione delle riprese è tale da consentire una precisa individuazione delle aree destinate agli orti-giardini, che sono molto frequenti ed estese in Germania, Francia, Belgio, Olanda, Svizzera, Austria, Polonia. Meno frequenti in Italia, Spagna, Grecia.
Le modalità con piccole casette di servizio che sono frequenti all’estero non dovrebbero essere riproposte da noi, dato che difficilmente resistiamo agli abusi edilizi. La tipologia che sto studiando consentirebbe una custodia sufficientemente sicura per i propri attrezzi, ombra e anche un buon riparo in caso di maltempo improvviso, senza dovere costituire una “casetta” in ogni orto.
Nota bene. Italia Nostra ha adottato un protocollo con l’Anci per favorire la costruzione di nuove realtà di orti urbani. Credo che i Comuni, in generale, abbiano trascurato il messaggio.
Per contattare Claudio Cristofani scrivi a info@cristofani.net
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