A Pemba, dopo la discussione relativa al saccheggio delle conchiglie sull'isola di Misali citate in un articolo precedente , abbiamo cercato di spiegare ad una persona del posto che cosa volesse dire il rischio di estinzione provocato dall'uomo.
Abbiamo fatto l'esempio classico, quello delle balene, solo che... Eddie, il nostro interlocutore, non conosceva assolutamente il significato della parola inglese "whale", balena.
E qui la comunicazione ha trovato un intoppo: ci siamo reciprocamente resi conto di come fosse impossibile esprimere e descrivere un animale in mancanza di un termine comune che lo designasse.
Questo è uno degli effetti della diffusione sul nostro pianeta di migliaia di lingue diverse.
Del resto, nel brano biblico citato in apertura, si afferma che il dio delle religioni patriarcali ha creato una dispersione di lingue proprio per impedire agli esseri umani di comunicare tra di loro e, unendo i loro sforzi, arrivare al cielo.
Gli effetti di questa incomunicabilità sono molto più estesi di quanto generalmente si pensi.
In Tanzania, per esempio, viene utilizzata la lingua swahili, una lingua di per sé molto musicale. Ma... l'utilizzo di questa lingua è strettamente codificato. Quando si incontra qualcuno, inizia un vero e proprio balletto di frasi ognuna delle quali prevede una risposta ben precisa. Quando ci si sente dire "mambo"che significa "come va?" non si può fare altro che rispondere "poa" che significa "bene".
Nessuna altra risposta è prevista. Potrei fare molti esempi, ma il concetto è chiaro: la comunicazione viene sostituita da un rituale elaborato che permette a ognuno di rimanersene tranquillamente nascosto in se stesso.
L'esempio più macroscopico di questa modalità e quella dei giapponesi, che hanno ritualizzato e codificato con la massima precisione ogni fase delle relazioni umane, così da poter rimanere completamente mascherati in sé stessi, limitandosi a utilizzare parole e gesti precisi, sempre uguali ed immutabili.
Se la cosa può apparire evidente per quanto riguarda le lingue, non lo è spesso altrettanto per quanto riguarda i dialetti locali.
In realtà, però, un veneto, un siciliano, un romano, un napoletano quando utilizzano il proprio idioma locale fanno ricorso a inflessioni vocali, a gestualità e altre forme di comunicazione non verbale che sono parte della regione di appartenenza, e che hanno qualcosa di ben precise in comune tra loro.
Nel sentire parlare una coppia friulana, ad esempio, mi sono reso conto che hanno le stesse inflessioni e lo stesso tono di voce caratteristico di una mia amica che abita in quella zona, e che invece consideravo come tratti caratteristici della sua personalità.
Questo costituisce indubbiamente un enorme ostacolo alla possibilità reale di comunicare qualcosa che vada al di là delle parole stesse.
Ma allora... mi viene da chiedermi se abbia poi realmente senso questa contemporanea ricerca della difesa degli idiomi locali, degli usi e costumi provinciali, comunali, addirittura di quartiere.. Non si tratta in ultima analisi di un modo per erigere steccati, barriere comunicative verso chi é "diverso"?.
È una di quelle cose che solitamente viene accettata acriticamente come espressione di un rispetto della diversità.
Ma... e se le cose non stessero così?
Tutti questi particolarismi, questi localismi, che anche a livello internazionale stanno portando alla nascita di stati e staterelli sempre più piccoli, non sono forse uno dei più grandi ostacoli alla consapevolezza di essere tutti parte della una sola razza, quella umana, a sua volta parte di una rete vitale molto più vasta e complessa, quella che costituisce il pianeta che abitiamo? Questa Torre di Babele fa sì che sia realmente difficile raggiungere qualcun altro con la propria comunicazione.
Abbiamo uh commissario che parla napoletano, un giardiniere che parla sardo, un autista di pulmino dalla cadenza lombarda... e la mente tende naturalmente ad attribuire a questi personaggi caratteristiche legate anche all'inflessione dialettale che parlano.
Solo che, ovviamente, nella versione originale del cartone, i personaggi utilizzano inflessioni dialettali legate ad una cultura diversa, quella statunitense.
Ed allora, lo stesso commissario di polizia, si ritrova agli occhi degli spettatori ad avere caratteristiche diverse, legate anche in questo caso all'inflessione dialettale che utilizza per parlare.
E quante volte questo accade nella vita di tutti i giorni, nell'attribuire più o meno inconsciamente modelli in base alle lingue e sotto lingue parlate dagli esseri umani?
Se io mi trasferisco in Australia e porto con me il gatto che vive nella mia casa, questo gatto non avrà nessuna difficoltà ad interagire con i gatti australiani. Difficilmente la stessa cosa varrà per me, che per quanto possa conoscere l'inglese non sono compenetrato con le modalità espressive australiane.
Quando tanti anni fa mi sono trasferito da Torino a Roma, ho vissuto la stessa esperienza: una modalità culturale ed espressiva completamente diversa ha richiesto un certo periodo per poter veramente interagire non solo in superficie con i romani rispetto ai torinesi.
E allora, forse, la globalizzazione non è poi soltanto quel mostro costituito dallo sfruttamento da parte delle multinazionali. Tra quattro, cinquecento anni, auspicabilmente, nessuno si ricorderà più cos'è la Coca Cola o la Microsoft, ma magari la nascita di un linguaggio e di un patrimonio di conoscenze comuni tra gli abitanti del pianeta permetterà un'interazione molto più profonda, come del resto già oggi avviene almeno in parte grazie ad Internet.
30 Gennaio 2009 - Scrivi un commento