Cosa nostra entra a pieno titolo nella gestione del ciclo dei rifiuti ed emerge la “multifunzionalità” del clan dei Casalesi, capace di spaziare dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dall’agricoltura al racket degli animali. I clan dell’ecomafia salgono a 239 (36 in più rispetto allo scorso anno) e il loro giro d’affari stimato per il 2007 si attesta sui 18 miliardi e 400 milioni di euro (quasi un quinto del business totale annuo delle mafie) pur contraendosi rispetto all’anno precedente di circa 4,4 miliardi di euro.
Storie e numeri aggiornati sul malaffare ambientale sono riportati in Ecomafia 2008, l’annuale rapporto di Legambiente presentato oggi a Roma da Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, Paolo Russo, presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati, Ermete Realacci, ministro dell’Ambiente del governo ombra del PD, Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente.
Il bilancio dell’anno appena trascorso descritto nel Rapporto Ecomafia di Legambiente è di 83 reati contro l’ambiente al giorno: oltre 3 reati all’ora. Gli illeciti accertati dalle forze dell’ordine nel corso del 2007 sono 30.124, il 27,3% in più rispetto al 2006; le persone denunciate 22.069, con un incremento del 9,7%; i sequestri effettuati 9.074 (più 19% rispetto al 2006).
La Campania occupa stabilmente il primo posto nella classifica dell’illegalità ambientale, seguita dalla Calabria. In queste due regioni si concentra il 30% degli illeciti registrati in tutta Italia. Al terzo posto si trova la Puglia, seguita dal Lazio e dalla Sicilia. La prima regione del Nord come numero di infrazioni è la Liguria. Alla dimensione globale dell’ecomafia è dedicata un’ampia sezione del Rapporto: dall’Italia escono rifiuti verso Hong Kong, la Tunisia, il Pakistan, il Senegal, la Cina, ed entrano rifiuti dalla Croazia, dalla Serbia, dall’Albania.
“Le ecomafie gestiscono nel nostro Paese una vero e proprio sistema eco-criminale, estremamente flessibile e diversificato, al quale dobbiamo contrapporne uno legale ed eco-sostenibile - commenta Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente -. E dobbiamo saperlo difendere con strumenti adeguati. Per questo, come ogni anno, rilanciamo la proposta di introdurre i delitti contro l’ambiente nel nostro Codice penale, per punire in maniera congrua chi avvelena l’aria che respiriamo, inquina l’acqua, saccheggia il territorio, minaccia la nostra salute, penalizza le imprese pulite. Esistono già proposte di legge ampiamente condivise e un quadro di riferimento comunitario sostanzialmente definito. Servono la volontà politica e il tempo per farlo, due condizioni che ci auguriamo siano soddisfatte in questa legislatura. E’ urgente, inoltre, restituire la commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e reintrodurre il fondo per la demolizione degli ecomostri”.
I reati accertati dalle forze dell’ordine nel 2007 per violazione alla normativa sui rifiuti sono oltre 4800, il 36% dei quali commessi nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. Alla catena montuosa di rifiuti speciali scomparsi nel nulla, si aggiunge una nuova vetta di 1970 metri, con base di 3 ettari.
Per illegalità nel ciclo dei rifiuti è sempre in testa la Campania, dove lo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, spesso di provenienza extraregionale, si è sommato alla catastrofica gestione commissariale di quelli urbani. Un balzo in avanti colloca, invece, il Veneto al secondo posto (era sesto lo scorso anno), confermando lo spostamento verso nord del baricentro di questi traffici, non solo come zona di procacciamento degli scarti industriali smaltiti illegalmente nelle regioni centrali e meridionali d’Italia ma anche come sito finale. La Puglia mantiene saldamente il terzo posto dello scorso anno, e il foggiano si conferma una terra dove si scaricano illegalmente nei terreni agricoli i rifiuti prodotti dal centro nord, scorie sempre più spesso spacciate per compost.
Il fatturato dell’ecomafia indica, però, un’inversione di tendenza: diminuisce il giro d’affari relativo sia alla gestione illecita dei rifiuti, sia all’abusivismo edilizio (meno 1,4 miliardi di euro nel primo caso; circa 136 milioni di euro in meno per il mattone illegale). Una contrazione attribuibile all’efficacia dell’attività di prevenzione e repressione messa in campo dalle forze dell’ordine, in particolare dal comando tutela ambiente dei Carabinieri e dal Corpo forestale. Il 2007 detiene, infatti, il record di inchieste contro i trafficanti di veleni. Grazie all’applicazione dell’articolo 260 del Codice dell’Ambiente, che introduce il delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, sono 96 le indagini condotte fino a marzo 2008. (Ad oggi le inchieste sono 103). L’azione di contrasto sviluppata grazie all’introduzione di questo reato è stata davvero impressionante: dal gennaio 2002 al marzo 2008 sono state 600 le ordinanze di custodia cautelare emesse, 2.196 le persone denunciate, 520 le aziende coinvolte.
Sul fronte del ciclo illegale del cemento, cresce il numero d’infrazioni accertate dalle forze dell’ordine (7.978, il 13% in più rispetto al 2006), quello delle persone denunciate (10.074) e dei sequestri (2.240). Il ciclo rimane segnato da profondi fenomeni d’illegalità, in particolare per quanto riguarda le attività estrattive, spalmate su tutto il territorio nazionale. Per l’abusivismo edilizio, le stime del Cresme parlano per il 2007 di 28.000 case costruite illegalmente contro le 30.000 del 2006 e le 32.000 del 2005. L’impegno a non promulgare più condoni edilizi, insieme a qualche demolizione in più, ha ridotto la pressione del mattone selvaggio.
Tra le diverse tipologie di reato, aumentano in particolare gli incendi boschivi. 225mila ettari di boschi e foreste andati in fumo, 18 persone uccise dalle fiamme, 7 milioni e mezzo di tonnellate di Co2 rilasciate nell’aria sono il bilancio degli oltre 10mila incendi dell’estate scorsa nel nostro Paese, quasi sempre di natura dolosa.
Anche l’agricoltura, in tutte le sue filiere, è diventata da tempo una delle frontiere per lo sviluppo dei traffici illeciti. Secondo le stime della Confederazione Italiana Agricoltura, il giro d’affari delle cosche nel settore agricolo si attesta sui 15 miliardi di euro, con oltre cento reati al giorno, e un agricoltore su 3 subirebbe gli effetti dell’illegalità. Anche se il fenomeno è diffuso in tutto il Paese, sono sempre le regioni del sud quelle più colpite, Campania in primis.
Rimane stabile il mercato del racket degli animali, stimato dalla Lav nel 2007 sui 3 miliardi di euro circa, tra corse clandestine di cavalli, combattimenti tra cani, traffici di fauna esotica e protetta, macellazione clandestina.
3 Giugno 2008 - Scrivi un commento