Parte integrante del Parco Metropolitano delle Colline di Napoli, questa foresta, come altri luoghi della Campania di simile conformazione geologica, è stata sfruttata dalla Camorra prima con attività estrattiva selvaggia e poi, stando alle affermazioni delle Commissioni Parlamentari di Inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti e come appurato dalla Sezione Aerea della Guardia di Finanza nel 2008, per lo sversamento illecito di rifiuti tossici. Insomma si è scavato e quando non si è più potuto scavare si è riempito. Tali rifiuti vengono nascosti generalmente durante la notte con un via vai di camion e con tecniche affinate di anno in anno, la più comune delle quali è seppellirli nel cuore di ingenti accumuli di scarti edili. Il Commissariato all’Emergenza Rifiuti ha ritrovato, ad esempio, ben 20 mila metri cubi di amianto a ridosso della Cava del Poligono (attuale Discarica di Chiaiano).
Quello delle cave e dei rifiuti tossici è sempre stato uno dei più lauti ed importanti giri d’affari della Camorra. I rifiuti riversati in queste aree sono visibili anche ad occhio nudo, soprattutto nelle grotte e nei cunicoli sparsi per questo bosco, che si era aggiudicato l’inclusione nel Catalogo del paesaggio rurale e storico italiano. In esso, tra le colline di materiale di riporto, emergono fusti di oli esausti, copertoni, calcinacci, scarti di legname, batterie d’auto (e relativi acidi riversatisi nel nel terreno), montagne di scarti edili e altri tipi di rifiuti speciali o di difficile identificazione.
Il tutto abbandonato fra la vegetazione oppure nelle molteplici grotte e cunicoli che traforano la foresta. Lo confermano non solo le testimonianze dei cittadini, ma anche i calcoli effettuati dal geologo dell’Università Federico II di Napoli, Franco Ortolani, il quale ha evidenziato, grazie all’uso di foto aeree, ingenti accumuli avvenuti negli ultimi 10 anni.
Il timore dell’Ente Parco è che non si riescano a salvare le cave da ulteriori sversamenti o da un destino da discariche autorizzate (come quella effettuata grazie a dlg 90) se non si interviene subito con i progetti. Il presidente dell’Ente Parco, Agostino Di Lorenzo, afferma che bisogna iniziare subito la riqualificazione ambientale, ed è convinto del fatto che i progetti del Parco possano portare ricchezza al territorio.
Ma cosa ne pensa la gente del posto? Sostanzialmente che urge una bonifica dell’area, prima di qualsiasi altro progetto di riqualificazione. Pasquale Saggese, del Comitato Civico Rosa dei Venti, si chiede infatti se valga davvero la pena investire 35 milioni di denaro pubblico per aprire un parco in una zona in quelle condizioni. Dalle file dello stesso Comitato, invece, Elena Ciotola fa notare che non è possibile far coincidere all’interno dello stesso parco bagnanti e famiglie con la presenza di discariche prima gestite dalla malavita e poi “legalizzate” dallo Stato.
Lo stesso che ha addirittura rimproverato la cittadinanza che avrebbe dovuto tutelare maggiormente il proprio territorio, controllando in prima persona che non si sversassero rifiuti in modo illecito. «Secondo lo Stato» - afferma Elena Ciotola - ‹‹io cittadina napoletana dovevo scendere alle tre o alle quattro del mattino, dovevo fermare i camion della Camorra e dovevo dire “che state facendo?”».
Il lago artificiale balneabile con imbarcazioni da diporto, le strutture di accoglienza, i sentieri naturalistici o i ristoranti in cui servire prodotti locali sono belle idee e, sotto certi aspetti, ottime intenzioni. Ma sarebbe più saggio assicurarsi che, anche nel caso di una riqualificazione, la zona non nasconda sotto la superficie “ripulita” rifiuti e sostanze che possano compromettere gravemente la salute di tutti coloro che, felici di godersi l’ultimo pezzo di verde della città solo facendo passeggiate o prendendo il sole, possano subire gli effetti di una gestione del territorio che per molti, troppi anni è stata lasciata all’abbandono ed allo sfruttamento.
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