In quest’area i fondali sono già sottoposti ad una forte pressione della pesca a strascico mentre l’economia principale è basata su un’intensa pesca dei gamberi. Inoltre, il fiume stesso sversa enormi quantità di nutrienti che provocano una mancanza di ossigeno nei fondali del Golfo creando delle vere e proprie "Dead zones": qui le conseguenze sono mortalità e stress delle popolazioni cosiddette “bentoniche e bentonectoniche”, vale a dire specie che vivono a contatto col fondo (pesci, molluschi e crostacei).
Questa immensa marea nera che si sta propagando in velocità può dunque rappresentare il “colpo di grazia” per la biodiversità e il sistema riproduttivo che sono alla base dell’economia della pesca.
“Al di là dell’adozione di severe norme e regole per evitare simili tragedie, è del tutto evidente che il mondo deve prepararsi a liberarsi dalla dipendenza da combustibili fossili e iniziare una nuova era. Le trivellazioni e lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi sono e saranno sempre più complessi, richiedono e richiederanno grossi sforzi, comportano e comporteranno sempre nuovi pericoli anche ambientali. Invece di prepararsi a raschiare il fondo del barile, occorre creare le condizioni per farne a meno, sfruttando le tecnologie alternative, pulite e rinnovabili, già oggi disponibili sia in campo energetico che per i trasporti” ha aggiunto Mariagrazia Midulla, responsabile Programma Clima.
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