di Andrea Boretti e Salvina Elisa Cutuli
Queste larve bianche con striature rosa sono conosciute da tutti i coltivatori di cotone del mondo e temute nelle piantagioni di cotone Ogm nelle quali non dovrebbero esistere. Adesso, invece, cominciano a mostrare una capacità di sopravvivenza.
Lo“strano” evento si è verificato nei campi del Gujarat, in India. Strano perché, come sostiene la stessa Monsanto, si tratta di un caso unico fin'ora. Non è strano, invece, l'impatto che la notizia ha avuto a livello locale. In India vi sono piantagioni di 10 milioni di ettari, di cui l'83% è coltivato con cotone Ogm. Il paese è il secondo produttore al mondo di cotone. Se la resistenza alla tossina Bt venisse confermata, bisognerebbe rimettere in discussione la stessa tecnologia e più in generale l'utilizzo di tutte le piante Ogm. Non a caso è arrivata immediatamente la voce di coloro che, in India, chiedono una moratoria di dieci anni per l'utilizzo di biotecnologie verdi.
La questione sembra, comunque, non essere molto chiara, e a non veder chiaro sono alcuni scienziati che si sono dimostrati scettici alla notizia, come riporta Science. Questi scienziati sostengono che in laboratorio le larve e i bruchi di Pectinophora gossypiella non hanno mai sviluppato una resistenza alle concentrazioni normali della tossina Bt, e che i rilievi Monsanto scientificamente non sono ben fondati. Riscontrare una sopravvivenza non equivale a dire che si è sviluppato un ceppo di Pectinophora gossypiella geneticamente attrezzato per resistere alla tossina Bt.
Qual è allora la motivazione che ha spinto la Monsanto a rendere noto al mondo questa “anomalia”? Potrebbe trattarsi di un'azione premeditata da parte della multinazionale, che è solita speculare sulla divulgazione di “grandi notizie”, i cui effetti hanno uno scopo propagandistico buono a far salire le quotazioni in borsa. Come ci spiega il Prof. Buiatti dell'Università di Firenze, questo tipo di atteggiamento è tipico della multinazionale - soprattutto quando annuncia che in un dato Paese si sta importando un nuovo ogm - a cui non interessa particolarmente il ricavo dovuto alle coltivazioni di OGM, quanto quello dovuto alle speculazioni finanziare.
Secondo Science la Monsanto sarebbe interessata a convincere gli agricoltori a passare dal Bollgard I al più remunerativo Bollgard II. La multinazionale, infatti, produce due tipi di cotone Bt: il Bollgard di prima generazione, che produce una sola tossina Bt, e il Bollgard di seconda generazione (o Bollgard II), che di tossine ne produce due. L'insetto avrebbe sviluppato resistenza rispetto al Bollgard I, mentre l'altro tipo di cotone funziona perfettamente. La mossa quindi avrebbe un fine ben preciso. Nel Gujarat il 65% del cotone Ogm usa la tecnologia Bollgard II, ma Monsanto vorrebbe giungere al 90% già quest'anno e magari estendere la diffusione del nuovo prodotto in tutto il mondo.
Ma non è tutto, la notizia si va ad innestare su una polemica anti-Ogm che è in corso da anni in India, dove l'argomento è particolarmente sentito in virtù soprattutto dell’enorme fetta di mercato che rappresenta. Alcune organizzazioni indiane hanno denunciato più volte che alla base dell'aumento dei suicidi dei contadini indiani negli ultimi anni ci sarebbe l'impossibilità di molti agricoltori di far fronte ai debiti contratti per acquistare il cotone Monsanto. Alcuni studi comparativi indipendenti condotti nel Karnataka e nel Andhra Pradesh tra il 2002 e il 2007 dimostrerebbero, inoltre, che il cotone Bt è più vulnerabile di quello naturale e che lo sviluppo di resistenze degli insetti a quest'ultimo avrebbe richiesto l'aumento dell'uso dei pesticidi e portato di conseguenza a una produzione del 30% inferiore rispetto alle attese. Insomma il danno e la beffa.
Pare comunque che nel subcontinente qualcosa si muova, nonostante la Monsanto continui, infatti, la sua campagna per i semi Bt, nel parlamento indiano è stata recentemente negata l'autorizzazione alla produzione di melanzana transgenica con la tecnologia Bt. Tra gli argomenti contro l'ortaggio, oltre a quelli fondamentali sopra riportati, è stata addotta anche l'importanza della pianta naturale per la biodiversità locale e la catena alimentare. La domanda è: esiste forse qualche ortaggio o semente che può essere sacrificato per gli interessi di una qualsiasi multinazionale?
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