Tom Rider, questo il suo nome, collabora oggi con le associazioni animaliste per portare il disperato grido di aiuto degli animali al di fuori dal tendone, affinché tutti lo ascoltino. La sua testimonianza vuole essere un appello ai lavoratori dei circhi affinché non chiudano gli occhi dinanzi alla sofferenza degli animali, rendendosene complici, bensì ne denuncino i responsabili. Sono infatti pochissimi coloro che hanno il coraggio di denunciare le verità che si nascondono dietro ai colorati e apparentemente innocenti spettacoli circensi: addestramenti massacranti, reclusione, impossibilità di movimento, stress dovuto alle condizioni di drastico isolamento e alla totale assenza di socializzazione con i propri simili cui sono costretti gli animali, sevizie fisiche e psicologiche, umiliazioni, ecc.
Il Barnum è americano ma i circhi di tutto il mondo si avvalgono degli stessi metodi per piegare gli animali alla volontà dei domatori: l’uso della violenza e punizioni esemplari, fintanto che l’animale non capisce che non ha alcuna possibilità di scampo. D’altra parte, come indurre una tigre ad attraversare un cerchio infuocato quando il fuoco è il nemico più temibile di ogni animale? Come convincere un pachiderma a piroettare su uno sgabello a fare una ‘verticale’ sulle zampe anteriori quando in natura è abituato a tuffarsi in acqua, a socializzare e giocare con i compagni, a percorrere chilometri e a spaziare con lo sguardo sull’orizzonte della savana?
Responsabili del radicamento della ‘cultura’ del circo con animali nel nostro Paese sono le stesse leggi che, a partire dal 1968, ne hanno sancito ufficialmente il valore educativo, culturale e sociale e che, sulla base di questo presupposto, stanziarono finanziamenti pubblici statali, percepiti a tutt’oggi dai circensi, ogni anno. La Legge 337/68 recita infatti: “lo stato riconosce la funzione sociale dei circhi equestri pertanto sostiene il consolidamento e lo sviluppo del settore”. Vi si stabilisce il diritto al contributo pubblico nonché l’obbligo da parte delle amministrazioni comunali di ospitare le attività circensi autorizzate sul proprio territorio in aree opportunamente individuate. Dopo diversi anni, nel 1985, la Legge n.163 ‘Nuova disciplina degli interventi dello stato a favore dello spettacolo’ rimarca questa linea attribuendo al circo una quota percentuale fissa del Fondo Unico per lo Spettacolo*.
Nessuno dei due citati provvedimenti legislativi prende minimamente in considerazione la condizione degli animali, vittime incolpevoli e protagoniste, loro malgrado, delle performance circensi. Non un cenno a regole né a qualsivoglia indicazioni volte e garantire livelli minimi di benessere per gli animali: il consiglio nazionale per lo spettacolo, istituito dalla legge 163, pur essendo composto anche da rappresentanti del circo, non prevede alcuna figura, ad esempio un veterinario, a tutela degli animali utilizzati.
Non si può dire dunque che con tali premesse si possa sperare in un’imminente dismissione degli animali nei circhi in Italia, dal momento che le istituzioni non fanno altro che rafforzare e valorizzare tale forma di spettacolo che, già obsoleta negli anni sessanta e decisamente in crisi, avrebbe, senza l’intervento statale, fatto il suo decorso naturale: il circo con animali non aveva né allora né tanto meno oggi alcuna speranza di sopravvivere con le proprie forze, in quanto il mantenimento degli animali rappresenta un costo elevatissimo per il budget circense e proibitivo nel momento in cui gli incassi scarseggiano. Dunque si può ragionevolmente pensare che senza l’intervento statale il circo si sarebbe evoluto naturalmente, con la graduale eliminazione degli animali, verso una formula di intrattenimento più civile, liberandosi di quella componente anacronistica rappresentata da esibizioni ottenute a un prezzo troppo alto, sia etico che economico.
Il circo è una forma di intrattenimento tenuta in vita a suon di contributi statali, con cifre impressionanti: ogni anno mediamente 7.000.000 euro di denaro pubblico vanno a riempire le tasche dei circensi italiani, alimentando una tipologia di intrattenimento gravemente diseducativa per i bambini, assuefatti così fin dalla più tenera età all’idea di sopraffazione del più debole.Queste ingenti somme di denaro, provenienti tra l’altro anche dalle tasche di cittadini che spesso aborriscono il circo e ne rivendicano piuttosto l’abolizione in quanto contrari allo sfruttamento degli animali, poterebbero essere utilizzate in modo più proficuo ad esempio per campagne nelle scuole mirate a costruire una sensibilità più matura dei bambini nei confronti degli animali, a chiarire i termini di un rapporto uomo/animale che deve essere basato innanzitutto sul rispetto e che ancora oggi può definirsi come minimo contraddittorio. Basti pensare alle attenzioni rivolte ai cani e ai gatti in confronto al modo in cui vengono trattati mucche, agnelli, maiali: ‘carne da macello’, li chiamano, ma sono anch’essi animali, proprio come il Fido che abbiamo a casa o il Rex della televisione.
I bimbi, si sa, sono molto perspicaci e ricettivi e non impiegherebbero molto a comprendere che il circo è un luogo triste per gli animali che ne sono prigionieri e potrebbero in breve tempo dare lezioni di civiltà ai loro genitori, su quanto sia più educativo e divertente andare a vedere un circo che non li sfrutta, come il famosissimo Cinque du Soleil, (che è campione di incassi senza ricevere un euro dallo stato!), guardare dei documentari o ancora visitare delle riserve naturali per ammirare la fauna nel proprio habitat. Dopotutto la venerazione dei bambini per il circo è il risultato di un messaggio errato che viene loro trasmesso dai genitori e dalla scuola; se nessuno gli avesse mai dato degli input fuorvianti, del tipo “guarda come è divertente quella foca che gioca con la palla e l’elefante che fa la piroetta” ... siamo sicuri che i bambini sarebbero così amanti del circo? La risposta è “no”.
Spesso, sul tema dei contributi pubblici, si tira in ballo la sopravvivenza delle famiglie dei circensi che altrimenti si ritroverebbero senza un lavoro, dimenticando che l’arte circense, quella vera, dei clown e degli acrobati, potrebbe continuare rimpiazzando del tutto i numeri con gli animali. L’Italia è davvero indietro se si guarda il panorama europeo e mondiale: degli spettacoli circensi di quasi tutta Europa sono banditi ormai per lo meno gli animali selvatici. In Inghilterra hanno vietato ogni tipo di animale, sebbene solo in alcuni distretti, e lo stesso dicasi per l’India, la Colombia, il Brasile, l’Usa e il Canada. La Bolivia è il primo Paese al mondo che ha proibito l’uso di animali sia selvatici che domestici nei circhi itineranti.La speranza per gli animali e per tutti coloro che soffrono nel vedere un elefante in bilico su uno sgabello arriva dalla proposta di legge dal titolo “Norme per la graduale dismissione dell’uso di animali da parte dei circhi e per il sostegno dello spettacolo circense”. La proposta, sostenuta da entrambe gli schieramenti politici e ancora in corso di esame, è stata presentata dall’On. Gabriella Giammanco (Pdl, membro dell’Intergruppo Parlamentare Animali) nel novembre 2008 e prevede il divieto assoluto di acquisizione di nuovi animali da parte dei circhi e il trasferimento dell’attuale contributo pubblico ai soli circhi che non utilizzano animali. Una legge che dimostra di volersi adeguare ai tempi e alla sensibilità delle nuove generazioni.
*Nota: l’assegnazione complessiva a favore del settore circhi e spettacolo viaggiante per il 2004 si è attestata a 8.138.017 €. Le regioni che hanno ricevuto le quote più alte di contributo, comprese tra 690.000 euro e 2.020.000 euro, rientrano Lombardia, Lazio e Puglia, il Lazio in testa con con 2.485.726 euro. Nel 2008 si è registrato un impressionante aumento dei finanziamenti ai circhi, che hanno attinto anche ad altri fondi (superando dunque addirittura la quota prevista dal FUS)15 Marzo 2010 - Scrivi un commento