La mia percezione riguardo al rumore è stata supportata da un recente monitoraggio realizzato dai volontari di Legambiente. Secondo questo monitoraggio, in ben 13 su 15 luoghi osservati, senza distinzione tra centro e periferia, il rumore è fuorilegge nonostante i nuovi limiti da poco imposti dall'Amministrazione.
Secondo i dati Istat, il 47% delle famiglie intervistate dichiara di avere problemi relativi al rumore nella zona in cui vive. In realtà il problema dell'inquinamento acustico non riguarda solo la capitale, ma anche molte città della penisola. In tutti i centri raggiunti l'anno passato dal treno verde di Legambiente, infatti, si è registrata una rumorosità diurna e notturna oltre la norma con punte di 10 decibel.
Siamo quotidianamente esposti ad alti livelli di inquinamento acustico con danni all'udito e all'apparato cardio-circolatorio sovraccarico; a condire tutto poi un infinito senso di alienazioni dalla propria persona. Sì, perché i fastidiosi rumori a cui siamo sottoposti difficilmente ci permettono uno stato di rilassamento mentale che concili con un rilassamento del corpo.
Nella società in cui viviamo, invece, per il costante rumore a cui siamo sottoposti, il nostro orecchio non è più abituato a distinguere i vari suoni che ci circondano, perché sono tutti sovrastati dallo “strumento” solista che primeggia: l'automobile nelle sue mutevoli variazioni di clacson, sgommate, motore rombante.
Il nostro udito ha perso una certa sensibilità, come d'altronde l'animo dell'uomo che si abbrutisce nei confronti di sé stesso e del mondo in genere. Se provassimo a ritornare indietro forse per alcuni aspetti, la qualità della nostra vita migliorerebbe. Ricordo i volti di questo popolo africano con cui ho vissuto per qualche giorno a stretto contatto, sereni, rilassati, gioiosi nonostante la “drammaticità” della loro condizione.
Qui i volti sono corrucciati, cupi, accigliati, espressioni di un malessere che ci tormenta, ma da cui non riusciamo a liberarci. Ci siamo mai chiesti perché i popoli più poveri hanno un'espressione più felice?
Il dato è stato rivelato grazie al sistema Gps presente nei navigatori satellitari che sono equipaggiati su molte auto. Di queste lunghe ore trascorse alla guida, una buona parte è dovuta a code e rallentamenti. A soffrire di più di questi intoppi della viabilità sono i romani che in media ci perdono 252 ore, poi vengono i milanesi con 237 ore, di seguito i torinesi con 180 ore ed infine i Genoani con 178 ore. Effettivamente quale espressione può manifestare il nostro volto dopo un'esperienza del genere? Secondo voi?
Provare per credere...
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Sottoscrivo anche quanto riportato da Sara nel commento precedente. Sui veicoli di grossa cilindrata poi... c'è ben poco da dire, è evidente. Purtroppo però nessuno fa nulla.
Io nel mio piccolo ho aperto un blog http://bastamoto.wordpress.com)che punta proprio a combattere con la parola l'inciviltà di chi usa la moto in modo incivile.
So che non è l'unico problema del mondo, ma è sicuramente un grosso problema.