800.000 fucili e una passione a mano armata (prima parte)

Fucilate tra la gente, fucilate ovunque ci sia occasione di sparare. Un uomo ucciso perché scambiato per un cinghiale? Un’ “incredibile fatalità”. Riportando le testimonianze di cittadini stanchi e spaventati, Filippo Schillaci denuncia le assurdità di una passione a mano armata.

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di Fillippo Schillaci

caccia
“Licenza di caccia”, tre paroline che trasformano in un’azione perfettamente legale un comportamento altrimenti considerato folle
Un paesaggio di campagna in autunno; una strada si snoda fra campi e boschi resi quasi invisibili dalla fitta nebbia. Sulla strada transita a velocità ridotta una pattuglia dei carabinieri. Sembra tutto tranquillo quando da una macchia di alberi a qualche centinaio di metri dalla strada si odono provenire dei colpi d’arma da fuoco. L’auto si ferma, i carabinieri scendono e si avvicinano al punto da cui provengono gli spari.

Un po’ per la nebbia un po’ per la fitta vegetazione, solo quando sono ormai a poche decine di metri da lui riescono a scorgere un uomo in una tenuta vagamente paramilitare armato di fucile e intensamente impegnato a farne uso. La nebbia è fitta e l’uomo sta letteralmente sparando alla cieca. I carabinieri lo raggiungono, lo disarmano e gli chiedono i documenti, pronti a condurlo con loro in caserma. L’uomo mostra una tessera, i carabinieri la esaminano, poi gliela restituiscono insieme al fucile e vanno via. L’uomo riprende a sparare alla cieca fra la nebbia e la fitta vegetazione.

Possiamo aggiungere un epilogo: il giorno prima ha piovuto e le condizioni nel bosco sono ideali per andare in cerca di funghi. Nonostante la nebbia un’intera famiglia, padre madre e un bambino, ha deciso di farlo. Il sentiero che essi stanno percorrendo passa poco distante dal luogo in cui è appostato l’uomo col fucile; essi sentono gli spari ma stranamente non vi fanno caso. Proprio lì, alla base di un cespuglio, sono nati durante la notte parecchi funghi. I tre si avvicinano, si chinano e cominciano a raccogliere. Nel far ciò smuovono i rami del cespuglio. L’uomo armato coglie quel movimento, vede delle sagome che si muovono nella nebbia dietro al cespuglio. L’uomo punta il fucile e spara.

L’episodio che ho narrato è immaginario ma non lo è la situazione che esso descrive. In modi simili a questo ogni anno muoiono in Italia dalle 40 alle 50 persone. Questi fatti giungono all’opinione pubblica tipicamente solo attraverso brevi resoconti nelle cronache locali dei quotidiani nei quali ricorrono parole come “incidente” e “incredibile fatalità”, e ciò accade solo quando l’esito di questi episodi è mortale o comunque grave. Quando tutto si risolve “soltanto” in momenti di tensione e paura o nell’impossibilità di uscire di casa perché tutto intorno volano i proiettili, il comportamento abituale della stampa è ignorare i fatti come irrilevanti.

fucile
Fucilate tra la gente, fucilate ovunque ci sia occasione di sparare
Ma di cosa si sta parlando? Per capirlo basterà dire cosa c’era scritto sul documento che l’uomo armato ha mostrato ai carabinieri: “Licenza di caccia”, tre paroline magiche che hanno trasformato in un’azione perfettamente legale un comportamento fino a un attimo prima considerato folle: usare un’arma da fuoco sul territorio aperto al libero transito di chiunque, e per di più fra la nebbia e la fitta vegetazione, ovvero in condizioni di pessima visibilità. Un tiratore che decidesse di allenarsi in questo modo andrebbe incontro a pesanti sanzioni ma questo stesso comportamento diventa improvvisamente legale se viene perpetrato a scopo “venatorio”.

Esiste dunque una legge, in Italia e similmente in moltissimi altri Paesi del mondo, che autorizza per quasi 5 mesi all’anno centinaia di migliaia di uomini armati a fare libero uso di armi da fuoco su almeno il 70% del territorio extraurbano, comprese le proprietà private a prescindere dal consenso del proprietario, e lo fa senza imporre al “cacciatore” il rispetto di alcuna norma di sicurezza, a parte il mantenimento di una irrisoria distanza da edifici e strade principali.

Basti dire che, come l’aneddoto di apertura ci mostra, non è previsto alcun obbligo di sospensione dell’attività venatoria nemmeno in caso di nebbia, come invece il più elementare buon senso imporrebbe, né l’obbligo per il cacciatore di indossare calzature antinfortunistica, nonostante numerosi “incidenti” mortali siano avvenuti a causa della perdita di controllo dell’arma in seguito a cadute su terreni scivolosi.

Nessuna norma impone al cacciatore di non portare con sé persone non adeguatamente addestrate ed è anzi abitudine diffusa portare familiari e perfino bambini, i quali in più occasioni sono rimasti a loro volta vittime della “passione” a mano armata del loro congiunto.

Ma i morti sono solo la classica punta dell’iceberg, perché il problema caccia non riguarda solo chi osa avventurarsi nei boschi anche quando le sparatorie hanno inizio, e non è solo in luoghi privi di presenze umane (ammesso che ormai ne esistano) che esse si scatenano bensì anche nelle campagne coltivate (che, non dimentichiamolo, sono luoghi di lavoro) e spesso perfino in zone abitate, letteralmente in mezzo alle case. La sorveglianza è nella maggior parte dei casi nulla, la popolazione è abbandonata a se stessa e spesso vive nei fine settimana ore di autentico incubo. A questo proposito, riporto nel seguito alcune testimonianze risalenti alla scorsa stagione di caccia e giuntemi da varie parti d’Italia.

Così mi scrisse ad esempio una persona che vive a Zagarolo, per di più in una zona in cui il sindaco già dal 2004 ha imposto il divieto di caccia a tutela dell’incolumità pubblica e nella quale tuttavia si continua impunemente a sparare: «sabato ci sono state come al solito numerose fucilate provenienti dal vallone sotto casa mia. Ho chiamato la Polizia Provinciale ma mi hanno detto che di sabato le pattuglie sono poche e mi hanno suggerito di telefonare ai Carabinieri. Siamo alle solite».

caccia
Nessuna norma impone al cacciatore di non portare con sé persone non adeguatamente addestrate
Sottolineo due cose: il sottinteso che telefonare ai Carabinieri sia inutile e il fatto che proprio nei fine settimana, ovvero quando con più violenza si scatenano le sparatorie, la Polizia Provinciale riduca le pattuglie.

E ancora, da Gallicano nel Lazio, dove da anni un’analoga ordinanza giace negli archivi comunali senza che nessuno si preoccupi di darle attuazione: «non ho da raccontare storie particolari ma eventi quotidiani. Ieri presso la mia casa stavo scavando per fare una tettoia quando ad un metro dalla mia recinzione sento sparare verso di me. Comincio a gridare contro questi individui ed essi mi rispondono che mi avevano scambiata per un cinghiale (sì, un cinghiale alto 170 cm con una zappa in mano!).

Quando ho provato a rivolgermi alle forze dell'ordine (carabinieri, vigili...) mi sono sentita rispondere: 'Lo so! Ma con tutti i casi che trattiamo quotidianamente questi fatti vengono messi in secondo piano! Provi a trattare e comunicare con questi cacciatori!' ...Certo, dopo che magari hanno impallinato uno dei miei bambini!».

Da San Fior, nel trevigiano: «abbiamo circa 10 ettati prevalentemente coltivati a vigneto dove quasi ogni giorno i cacciatori esercitano la loro "arte" facendone di tutti i colori. (…) Nell'art.7 della legge sulla caccia si dice che la caccia è vietata sui terreni in attualità di coltivazione, compresi i vigneti naturalmente, ma poi? Non sanno che sparando sugli impianti di irrigazione dei filari si causano danni anche se non v'è più uva sulle viti?»

Da Genova: «I miei genitori ieri hanno tentato di andare per funghi, sono dovuti tornare a casa perché pensavano di essere arrivati in Iraq. Anche io sono stufa di sentire spari da casa mia, abito in collina ma in zona molto abitata.»

Da Torvaianica, dove gli abitanti hanno chiesto anche loro nel 2007 un'ordinanza al proprio sindaco ricevendo la beffa di vedersela emanare a stagione di caccia conclusa e revocare poco prima che iniziasse la successiva: «sabato qui a Campo Ascolano i cacciatori hanno ferito un cane al quale hanno dovuto amputare una zampa...i residenti sono senza parole… volantini affissi ovunque ma aleggia la consapevolezza che contro questi delinquenti non si può fare niente... domenica erano fermi sul viottolo all'altezza del ponticello a 20 m dalle case, un passante li ha redarguiti e loro hanno risposto ' fatte i cazzi tua' ed alla minaccia 'chiamo la forestale' la risposta è stata 'chiama chi te pare'.

caccia
Non è previsto alcun obbligo di sospensione dell’attività venatoria nemmeno in caso di nebbia
La cosa più sconvolgente è che sono due cacciatori che abitano nella mia stessa via, li ho visti rientrare sabato dopo che era successo il fatto al povero cane. Hanno sparato dalle 6 di mattina fino alle 13, vicinissimi, con pioggia di pallini sul mio tetto ovviamente. Il tutto condito con la risposta della forestale che dice ‘non abbiamo pattuglie da mandare in zona' chiami i carabinieri, forse loro vengono e poi la solita risposta : 'signora, guardi che possono sparare'.

Si traggano le dovute conclusioni... siamo ostaggi dei cacciatori, questa è una realtà che mi sta portando agli attacchi di panico, tachicardia ed ansia... scusate lo sfogo».

Fucilate fra la gente, fucilate ovunque ci sia occasione di sparare. Perfino a ridosso degli aereoporti militari, come segnalò nel dicembre 2004 in una interrogazione parlamentare addirittura un senatore di AN.

Le testimonianze che ho riportato non sono recentissime ma questo è un dettaglio irrilevante: ogni anno si ripetono le stesse situazioni, si recita lo stesso incredibile copione. Un comunicato stampa della LAV veneta del 24 settembre 2009 riporta fatti del tutto analoghi risalenti a pochi giorni prima.

Rimane da capire come sia possibile che una simile situazione di illegalità diffusa si perpetui impunemente e, a monte di ciò, come sia possibile un vuoto legislativo e mediatico di questa portata su un fenomeno che, sia pur in lenta diminuzione, coinvolge un gran numero di persone in maniera spesso drammatica e a volte tragica.

PER SAPERNE DI PIU' SULL'ARGOMENTO
A che Serve la Caccia?

 il nuovo libro di carlo consiglio e vincenzino siani esamina nella sua complessità la realtà della...
Continua...
 
28 Settembre 2009 - Scrivi un commento
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13 lettori hanno commentato questo articolo:
30/10/09 12:38, Filippo Schillaci ha scritto:
Per quanto riguarda aziende faunistico venatorie e caccia di selezione, ovviamente non ho negato che esistano bensì che esse assorbano gran parte dell'attività venatoria, come affermato dal cacciatore Ettore con l'intento di dimostrare che essa si svolgerebbe in contesti estranei alla vita civile. In realtà è vero l'esatto contrario, ovvero che gran parte dell'attività venatoria si svolge letteralmente in mezzo a noi, come chi vive fuori dai centri urbani ben sa.
Aggiungo che ciò vale, fra i casi da lui citati, anche per la caccia di selezione, che si svolge appunto sul territorio aperto.

Per quanto riguarda il censimento degli incidenti di caccia, nel caso della stagione 2002/03, i cui conteggi sono di fonte LAC, le percentuali di casi dolosi su quelli colposi (cioè omicidi/suicidi su incidenti propriamente detti) è del 17% per i morti e del 8% per i feriti; come si vede una minima parte.

Negli anni successivi, abbiamo invece curato noi stessi il censimento e, come è chiaramente indicato nelle note esplicative che accompagnano i conteggi, i casi dolosi, pur citati per dovere di cronaca, NON sono stati considerati nel conteggio finale perchè non imputabili all'attività venatoria. Dunque, ad esempio, i 50 morti della stagione 2003/04 sono da attribuirsi tutti a cause connesse all'attività venatoria. Omicidi e suicidi sono considerati casi a sé e, ripeto, NON inseriti nel conteggio finale.

Colgo l'occasione per fare una precisazione su questo punto. Alcuni anni fa mi sono beccato le maledizioni dell'Associazione Vittime della Caccia la quale, pur svolgendo su ogni altro aspetto del problema un ottimo lavoro, commette insistentemente l'errore di mescolare casi colposi (ovvero gli unici che possano essere chiamati incidenti di caccia) e casi dolosi (omicidi e suicidi anche solo debolmente e indirettamente connessi con l'esistenza della caccia). Ci tengo a chiarire che si tratta di due problematiche completamente diverse e il fatto che vi sia una relazione di causa-effetto fra caccia ed episodi dolosi non mi risulta che sia dimostrato. Il cacciatore è in altre parole pericoloso per la collettività per ciò che involontariamente può provocare per effetto di oggettive condizioni operative (uso di armi da fuoco in ambiente incontrollabile) e non per eventuali atti dolosi derivanti da una sua (non dimostrata) aggressività superiore alla media.
Della prima di queste due problematiche, e solo di essa, io mi sono occupato. E credo che sia sufficiente.
Quanto all'accusa finale, mi pare evidente che io null'altro faccio che esporre fatti e trarne deduzioni. Se questo significa essere "tronfi" lascio che sia chi legge a deciderlo.

Filippo Schillaci.
11/10/09 13:23, Ettore ha scritto:
Egr. sig. Schillaci, l esistenza di cacciatori che praticano l'ars venatoria in aziende faunistico-venatorie e di quelli che praticano caccia di selezione è un dato di fatto, non abbisogna di numeri, che comunque cercherò di procurarmi il prima possibile.
Ho visitato la sua pagina sugli incidenti mortali dovuti alla caccia..vogliamo fare un conteggio di tutti i casi di omicidio volontario/suicidio?
Penso che se una persona vuole uccidersi o commettere un omicidio volontario, farlo ricadere in un incidente di caccia mi sembra davvero "fantasioso".
Non commento ulteriormente le "fantasie" di questo articolo, e nemmeno il suo atteggiamento tronfio nei confronti di chi non la pensa come lei!

5/10/09 05:58, Fabio FLX ha scritto:
La questione della caccia può essere vista, attraverso delle domande specifiche, su un piano ipotetico di nataura puramente ideologica.
Ad esempio, stabilire se la grandezza della preda incide sulla coscienza dell'essere umano.
Sapendo che ogni uomo abbatte senza volerlo milioni di essere microscopici al giorno, si capisce che il vero problema non è uccidere un essere vivente ma qualcosa di diverso.
Con frequenza tendiamo ad uccidere le zanzare che ci infastidiscono sebbene non siano un problema mortale per noi esseri umani, così come causiamo vere ecatombe tra le formiche che camminano ai nostri piedi quando basterebbe fare un po' di attenzione in più.
Alla luce di questi esempi, cos'è che giustifica questo comportamento?, e di rimando, cosa giustifica l'accanimento contro il cacciatore che uccide per mangiare?
Io provo un'avversione interiore per ogni forma di caccia, ma devo ammettere che una motivazione ideologica - tale che possa controbattere una persona come Ettore e che non sia figlia dell'ipocrisia - personalmente non l'ho ancora trovata.
4/10/09 17:46, Filippo Schillaci ha scritto:
In attesa della seconda parte dell'articolo rispondo ad alcune obiezioni sollevate sulla prima parte. Noto
preliminarmente con piacere che abbiamo avuto la fortuna di avere fra i lettori del mio articolo dei cacciatori, il
che ci fornisce un concreto esempio del loro atteggiamento e della qualità dei loro argomenti.

Innanzi tutto, il problema evidenziato nell'articolo non è quello del "sovraffollamento" bensì quello degli
inaccettabili e irriformabili livelli di pericolosità connessi all'uso di armi da fuoco in un ambiente dalle
caratteristiche non controllabili quale è quello in cui si svolge l'attività venatoria. Il sovraffollamento (che in
ogni caso non è solo dei cacciatori ma anche della popolazione residente) semplicemente aggrava una situazione già in partenza inaccettabile.

Un calcolo che rapporta il numero di incidenti di caccia ad altri contesti sarà fatto nella seconda parte
dell'articolo. Si scoprirà che esiste uno sconcertante divario, ma non nel senso che crede il cacciatore Ettore.

Quanto a chi parla di "casi sporadici, per fortuna, di comportamenti incivili ed in spregio di ogni regola", ecco una (non) esauriente rassegna stampa risalente agli anni 2002-2004 che ci dà un'idea di quanto questi comportamenti siano "sporadici":
http://www.gondrano.it/desert/lab/caccia/disagio.htm#rs

Il numero di incidenti mortali provocato dai cacciatori è ricavato da un dossier elaborato nel 2002 dall'EURISPES, che non è certamente un covo di animalisti. Per l'esattezza il numero di morti è stato quell'anno di 47. Lo stesso anno la LAC ne aveva conteggiati 43 basandosi su rassegne stampa.
Un censimento degli incidenti riferito agli anni 2002-2006 e basato anch'esso su rassegne stampa (compresi i testi
integrali di tutti gli articoli di cronaca relativi a ciascun episodio censito) è riportato qui:
http://www.gondrano.it/desert/lab/caccia/morticac.htm

Quanto alla natura "esilarante" dell'episodio narrato in apertura, esso è sì immaginario ma basato su fatti reali.
Le cronache registrano addirittura casi di battute di caccia al cinghiale (cui partecipa un gran numero di cacciatori) tenute in presenza di nebbia (con immancabili "incidenti"), e la caccia al cinghiale si svolge prevalentemente in luoghi caratterizzati da fitta vegetazione.
Sparare in direzione di un cespuglio o comunque senza un'adeguarta visibilità è comportamento frequente, come
dimostrano i numerosi "incidenti" mortali riportati dalle cronache e provocati proprio da questo comportamento. Alcuni anni fa un cacciatore di Zafferana Etnea uccise in questo modo il proprio figlio dodicenne. Frequente è anche il cosiddetto "tiro di stoccata" ovvero guardare in una direzione e un microsecondo dopo sparare in tutt'altra direzione (fonte: manuale di tecnica venatoria della Federcaccia).

Infine, l'affermazione secondo cui gran parte dei cacciatori praticherebbero la caccia in non meglio precisate riserve (le aziende faunistico venatorie?) o nell'ambito della caccia di selezione, questa si che mi pare un'affermazione fantasiosa. Posso chiedere a mia volta dati numerici e fonti?

Filippo Schillaci.
1/10/09 05:01, Ettore ha scritto:
Si il problema centrale evidenziato dall'autore dell'articolo è quello del "sovraffolamento"..ma permettimi di dissentire.
Partiamo dal presupposto che su 800.000 cacciatori una buona percentuale va esclusivamente in riserva..quindi una zona adibita esclusivamente alla caccia. Non esiste il rischio di sovraffolamento di cacciatori dal momento che vengono vendute le "quote" in base alla grandezza del territorio.
Altra grande percentuale è costituita da coloro che praticano la c.d. caccia di selezione, quindi in riserve o zone protette quali parchi. In quei luoghi, c è un numero stabilito di cacciatori in relazione agli animali da abbattere.
Come già detto, gli idioti esistono anche tra i cacciatori, ma arrivare a dire "fucilate ovunque ci sia occasione di sparare" mi sembra un attacco infondato sull intera categoria.
30/9/09 08:36, Pino ha scritto:
Attenzione, Ettore, l'articolo di Filippo Schillaci evidenzia che ci sono altri problemi oltre ai danni all'equilibrio degli ecosistemi che la presenza dei cacciatori su un territorio affollato come il nostro può provocare.
Capisco l'obiezione dei cacciatori che il danno provocato dalla caccia non è comparabile con i danni di inquinamento e cementificazione: abbattere uccelli migratori presso uno stagno non è una azione che annovero fra quelle per me comprensibili, ma cancellare lo stagno per costruirci un centro commerciale è molto peggio.
Preciso che scrive uno che stamattina ha trovato una splendida ragnatela fra le piante del balcone di casa e per passare si china a guisa di forche caudine per non distruggere l'opera già due volte nei giorni scorsi danneggiata con relative scuse all'autore.
La mia domanda "Quanti predatori con fucile possono insistere su un territorio come quello italiano?" era un po' retorica e voleva evidenziare come temo ci siano scarse possibilità per trovare piani di abbattimento che possano impegnare 800.000 cacciatori.
Ma se questi 800.000 mostrano una cultura ed una conoscenza dell'ecologia pari alla sua (e dovrebbero, secondo me, dimostrarla in un regolare esame per la licenza) non dovrebbe essere difficile appagarli con una immersione nella natura un po' più contemplativa in attesa di ripristinare foreste primarie ed ecosistemi sufficientemente stabili da sopportare questo ingombrante primate africano!

Un cordiale saluto, Pino
30/9/09 07:10, Ettore ha scritto:
E' proprio questo il nodo cruciale, il terreno fertile per aprire un tavolo d intesa tra cacciatori da una parte ed associazioni animaliste/ambientaliste sig. Pino.
Fare come in molti paesi europei, dove le contrapposte istanze convergono per trovare un equilibrio!!
Studiamo l ambiente, studiamo gli animali e lavoriamo insieme per trovare il giusto equilibrio.
Ricordo che c è un particolare tipo di caccia detta "di selezione", caccia effettuata sugli ungulati (cinghiali, daini, cervi ecc.ecc.), dove questa sinergia esiste. Si studia un determinato territorio, si studia la fauna presente e si propongono piani di abbattimento...perchè come tutti sanno in un dato territorio non ci possono essere piu di tot animali..e ciò a causa della scomparsa degli animali predatori (non facciamo come negli USA quando furono impiantati i conigli spagnoli per ripopolare il territorio, ma mancando predatori questi si sono moltiplicati a dismisura causando problemi a culture ed alla fauna già presente)!Da qui a parlare della trasformazione del territorio, l abbandono dei pascoli e delle coltivazioni e l avanzamento dei boschi il passo è breve...
30/9/09 05:35, Pino ha scritto:
Proprio questa mattina in autobus mi ritrovavo a fare alcune riflessioni sulla caccia, questa volta per immedesimarmi nei panni del prossimo e cercare di capirne la passione.
Immagino che il cacciatore ami la natura e ami stare nei boschi sentendosi parte di essa. Parte dell'ecosistema in cui è immerso occupando una nicchia ecologica ben precisa: quella del predatore.
Beh, se questa è la premessa dovrebbero accettare di stare fino in fondo al gioco. In natura il numero di predatori è limitato dall'entità della popolazione di prede e, quindi, occorrerebbe simulare questa regolazione ecologica.
Quanti predatori con fucile possono insistere su un territorio come quello italiano?
Io la risposta non la so, ma credo che gli addetti ai lavori la possano trovare facilmente.
Dopodichè il cacciatore che rientra nella ipotesi di amante della natura dovrebbe scrupolosamente attenersi a tali vincoli e regolare di conseguenza il numero di prede che andrà ad abbattere.

Cordialmente.

29/9/09 17:03, Ettore ha scritto:
Gent,mo Gianluca Miano,la mia di certo è una provocazione bella e buona...come ritengo sia una provocazione bella e buona questo articolo..l inizio è davvero esilerante.."nebbia e fitta vegetazione..l uomo che spara alla cieca.."Insomma credo che ci voglia un limite a tutto...capisco essere contro la caccia, ma lo si faccia con cognizione di causa..
50 persone che muoiono ogni anno in italia a causa della caccia..vorrei sapere dove sono stati presi questi dati. Non starò a spiegare le motivazioni intrinseche che ci spingono nei boschi la mattina col freddo. Piuttosto mi preme sottolineare le inesattezze che leggo spesso quando si parla dell'ars venatoria. E' vero anche tra i cacciatori ci sono gli idioti, come per ogni categoria di essere umani, ma c è anche chi, ed è la maggior parte, non entra nelle proprietà private, si tiene lontano dalle coltivazioni, ne tantomeno entra nei giardini altrui (trattandosi tralaltro di reato penale).
Mi piace il dibattito costruttivo tra cacciatori ed animalisti/ambientalisti, ma solo se giocato su un piano oggettivo, magari cercando di trovare soluzioni concertate da entrambe le parti..
Mi piace di meno sentire/leggere notizie infondate e del tutto inventate..
29/9/09 13:14, Alessandra ha scritto:
Credo che Gianluca abbia detto tutto ciò che c'era da dire in proposito!
29/9/09 11:45, Gianluca Miano ha scritto:
Gentiliss.mo sig. Ettore, probabilmente lei ha ragione, il confronto non reggerebbe. Ma c'è una differenza sostanziale, tutte queste altre attività non hanno lo scopo di UCCIDERE, scopo primario della caccia. In seconda istanza, prendendo ad esempio l'oggetto automobile, potrebbe un qualsiasi cittadino a bordo di un fuoristrada irrompere nella sua proprietà privata, campo coltivato, pascolo, giardino o bosco, e divertirsi a suo piacimento correndo all'impazzata con il beneplacito della (assurda) legge? No, non potrebbe. E presumo che se lo facesse a lei girerebbero alquanto i santissimi. Ed invece ai cacciatori è concesso!
Per non parlare dell'inquinamento da piombo, dei danni alle cose (migliaia di euro all'anno spesi da Telecom per riparare i danni causati ai cavi telefonici dalle doppiette per esempio), dei danni alle coltivazioni, e si potrebbe andare avanti in un lungo lungo elenco. La caccia è un'attività barbara, che non trova giustificazione alcuna nel 21esimo secolo se non nel deprecabile piacere dell'uccidere di chi la pratica. E non mi si parli di amore per la natura, l'amore, in qualsiasi forma espresso, non ha bisogno di armi, anzi le ripudia!
29/9/09 06:57, GREEN BULLETS Shooting Club ha scritto:
Qaunto riferito per l'ordinanza di Gallicano nel Lazio è vero in parte e comunque la nostra Associazione si è già mossa in tal senso. Vi invitiamo per questo motivo a documentarvi sul nostro blog www.greenbullets.blogspot.com.
Ci teniamo a sottolineare che casi sporadici, per fortuna, di comportamenti incivili ed in spregio di ogni regola, sono da noi condannati in primo luogo come cacciatori.
Saluti
29/9/09 06:31, Ettore ha scritto:
E vabbè..allora vietiamo anche l uso delle automobili, l uso dei coltelli da cucina, l uso delle stufe a gas, l uso dei ponti usate dagli operai...
Facciamo un calcolo per quantificare i morti per tali incidenti e rapportiamolo agli incidenti che accadono ai cacciatori!!
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