Fortunatamente, a breve ci sarà l’autorizzazione all'utilizzo del vaccino.
È di pochi giorni fa, infatti, la notizia della firma da parte del viceministro della sanità Ferruccio Fazio dell’ordinanza che porterà alla vaccinazione, contro la pandemica “influenza A”, del 40% della popolazione italiana. Inizialmente - dal primo di ottobre - saranno i medici e le persone che lavorano nei servizi “essenziali” a subire il benefico elisir, poi toccherà alle categorie “a rischio” - malati cronici e bambini con gravi malattie cardio-respiratorie - infine, ai giovani fino a 27 anni, a partire da Gennaio 2010.
Preso atto dei piani del governo - peraltro in linea con quanto succede in altri stati come Francia e Stati Uniti, che hanno già speso più di un miliardo di euro per il vaccino - la domanda che il cittadino comune si pone e che da giorni gira in internet è questa: cosa contiene il vaccino e quali sono le sue controindicazioni?
I componenti classici dei vaccini sono da sempre virus morti o depotenziati, ma anche sostanze chimiche e antibiotici. La domanda vera è, quindi, quali sostanze? Per la prima volta da quando si parla di vaccino per l’H1N1 pare sia possibile sapere qualcosa della sua composizione.
Nell’ordinanza di vaccinazione del viceministro è contenuta un’informazione passata in sordina, ma decisamente importante: il vaccino che verrà somministrato in Italia conterrà l’immuno-coadiuvante MF59 , e non è una buona notizia.
L’MF59, conosciuto anche come squalene, ha lo scopo di aumentare la risposta immunitaria del nostro corpo a seguito della somministrazione del vaccino. In un certo senso si può quindi dire che rende il vaccino più forte, ma questo non è tutto.
A sostegno di questa affermazione riportiamo una ricerca condotta alla Tulane Medical School sui veterani della Guerra del Golfo vaccinati contro l’antrace con un vaccino contenente l’immuno-coadiuvante MF59:
“ …la maggioranza sostanziale (95%) dei pazienti che svilupparono la Sindrome della Guerra del Golfo (Gulf War Syndome) aveva anticorpi verso lo squalene. Tutti (100%) i pazienti GWS immunizzati per il servizio Tempesta del Deserto/Scudo del Deserto che non furono impiegati, ebbero gli stessi segni e sintomi di quelli che lo furono, ovvero anticorpi allo squalene.
Per contro, nessuno (0%) dei veterani impiegati nel Golfo Persico senza segni e sintomi della GWS avevano anticorpi allo squalene. Né i pazienti con malattie idiopatiche e autoimmuni, né i controlli sulla salute mostravano un siero riconoscibile di anticorpi allo squalene. La maggioranza dei pazienti con i sintomi della GWS avevano invece detto siero.”
Ma se queste sono le conseguenze, per quale motivo la Novartis – che produce il vaccino come anche la Glaxo – si prenderebbe un rischio simile? Non sarebbe sufficiente un vaccino che non contiene l’MF59?
Come abbiamo detto, lo squalene aumenta la risposta immunitaria alla vaccinazione e questo ha come primaria conseguenza il fatto che ogni dose di vaccino necessiti di una quantità inferiore del vaccino stesso, con un conseguente aumento delle dosi a parità di vaccino disponibile.
L’MF59 non è altro, quindi, che la risposta della Novartis alle necessità del mercato.
Il mercato, ovvero milioni di persone, ha paura dell’influenza “più mortale della storia” e chiede a gran voce un vaccino? Bene, la Novartis, ne produce uno in 4 mesi, non lo testa adeguatamente – non ce ne è il tempo e poi è costoso – e a questo aggiunge lo squalene che lo rende più potente e permette di venderne una quantità di dosi che risponde alle richieste.
In Europa sì. In Italia sì.
Secondo il Dr Viera Scheibner, già ricercatore scientifico del governo australiano: “…questo coadiuvante [lo squalene] contribuì alle reazioni a cascata chiamate "Gulf War Syndrome," (sindrome della Guerra del Golfo) documentate nei soldati coinvolti nella Guerra del Golfo.
I sintomi da loro sviluppati includevano: artrite, fibromialgia, adenopatia, irritazioni cutanee fotosensitive, fatica cronica, emicranie croniche, perdita abnorme di peli, lesioni cutanee non guaribili, ulcere da afte, vertigini, debolezza, perdita di memoria, attacchi epilettici, cambi di umore, probelmi neuropsichiatrici, effetti antitiroidei, anemia, alto tasso di sedimentazione degli eritrociti, lupus eritematoso sistemico, sclerosi multipla, fenomeno di Raynaud, sindrome di Sjorgren, diarrea cronica etc.”
Non male come effetti collaterali.
Certo qualcuno potrebbe pensare che questo è allarmismo alla rovescia. Ciò su cui bisogna concentrarsi, però, sono i tempi. Non si confeziona un vaccino in quattro mesi e soprattutto non lo si testa e controlla in sole due settimane. È pericoloso o quanto meno insicuro dichiarare il contrario.
Ad ogni modo, l’influenza A sembra avere un tasso di contagio e mortalità inferiore a quello di una normale influenza: solo in Italia nel 2008-2009 la temutissima australiana ha contagiato più di 2.000.000 di persone, mentre fino ad oggi la “suina” conta nell’intera Europa non più di 50.000 casi.
Quindi, la domanda finale è: perché vaccinarsi? Il gioco vale la candela?
Per governi e case farmaceutiche pare di sì, ma per voi?
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