Dunque, Viviano più che possibilista sugli inceneritori, mentre Mattioli, docente di Fisica matematica alla Sapienza, frena. Nella gestione dei rifiuti "non c'è un sistema migliore degli altri, ma si deve vedere qual è l'approccio migliore per la salute e l'ambiente e lavorare su quello- spiega l'esperto dell'Iss- io studio le sorgenti di emissione (acciaierie, cementifici) e che si chiamino inceneritore o no, sono un oggetto di studio". Sulla diatriba 'si o no' "ho un approccio neutro- spiega il ricercatore- chiaro che è una scelta, diciamo, 'del male minore', e che va operata luogo per luogo". Una scelta che "non deve mai essere una scelta definitiva- sottolinea Viviani- sia perché gli impianti hanno una loro vita, sia perché la tecnologia avanza". Ciò detto, "un impianto a moderna tecnologia, ben posizionato, che abbia già fatto una valutazione d'impatto sanitaria e ambientale, ha un impatto del tutto sostenibile. E comunque il concetto è quello di ridurre al massimo la frazione che non possiamo recuperare e, se possibile, quella frazione utilizzarla per il recupero energetico". Ma ai cittadini spaventati dagli inceneritori, si possono dare garanzie sulla loro salute? "Purtroppo non possiamo darne- spiega Mattioli- perché in proposito c'è una massa di letteratura internazionale, ma anche nazionale, come il documento dell'Ordine dei medici dell'Emilia Romagna o i lavori dell'oncologo genovese Federico Valerio, che dimostrano come di certezze non ve ne siano". Nell'approccio sulla tutela della salute, "abbiamo fenomeni dal punto di vista scientifico noti, e altri meno noti- spiega l'esperto ambientalista- quelli noti sono ad esempio che abbiamo fatto l'ira di Dio sulle microdosi di radiazioni ionizzanti, che innescano un processo chimico, in termini di aggressione al Dna cellulare".
Poi, però, "non possiamo dire alla gente che si possono fare camere di combustione ad elevata temperatura", dove "le molecole dei peggiori inquinanti si spaccano". Perché "sappiamo che quando i fumi si raffreddano le molecole si ricombinano- sottolinea Mattioli- certo con quantità inferiori, ma purtroppo sappiamo che il tumore di origine chimica non ha soglia". Ancora, "sappiamo quello che recentemente abbiamo imparato sul particolato", avverte l'esperto. Il particolato 'non micro' "si può anche, in una certa misura e con filtri appropriati, fermare- dice Mattioli- e scopriamo che così facciamo un danno, perché il microparticolato si associa al macroparticolato e in questo modo, togliendo il macroparticolato, non verrà più bloccato, diventando ancora più libero". Ad ogni modo, avverte infine Mattioli, "non è possibile che in un paese si sia ancora a questo livello di tecnologia rozzissima perché nessuno ci ha investito dei quattrini e nessuno ha motivato le università e i centri di ricerca ad assumere una piena responsabilità".
6 Febbraio 2008 - Scrivi un commento